Luigi Accattoli, Corriere della Sera 30/11/2014, 30 novembre 2014
QUELL’INCHINO, UNA INVENZIONE CHE SCONVOLGE PRETESE DI SUPREMAZIA
Quello di ieri davanti al patriarca Bartolomeo è il quarto inchino di Francesco in attesa d’essere benedetto e si tratta di gesti senza precedenti nella storia dei Papi. Negli altri tre casi Bergoglio si era inchinato davanti a delle folle, ieri invece davanti a un interlocutore ecumenico impegnativo. La mossa a sorpresa del Papa – che dice a Bartolomeo «vi chiedo un favore: di benedire me e la Chiesa di Roma» – crea imbarazzo nell’ospite, che non osa tracciare un segno di croce sul Vescovo di Roma al quale riconosce un primato d’onore, e lo bacia sulla testa chinata.
Quel bacio è un’invenzione come l’inchino: né l’uno né l’altro hanno mai avuto corso nei rituali papali e patriarcali. La storia dei rapporti tra Roma e Costantinopoli è ricca di gesti di dominio ma nei tempi recenti ha conosciuto anche gesti fraterni, a partire dall’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora (1964) e dal ritiro delle reciproche scomuniche (1965). Quello di ieri segna addirittura un rovesciamento d’ogni pretesa di supremazia.
«Inchinatevi per la benedizione», dice un invito che viene rivolto al popolo prima che il celebrante tracci su di esso il segno della Croce: non esisteva invece nella liturgia «romana», fino a papa Bergoglio, l’inchino del celebrante in attesa di ricevere la «preghiera di benedizione» del popolo. Francesco compì quel gesto la sera dell’elezione davanti alla folla di Piazza San Pietro e l’ha poi ripetuto nel maggio 2013 in una parrocchia romana. Il terzo inchino davanti a una folla l’ha compiuto il 1° giugno scorso, allo stadio Olimpico di Roma, inginocchiandosi davanti a un’assemblea ecumenica, composta cioè da cattolici e protestanti. «Mi raccomando l’eloquenza dei gesti» aveva detto Bergoglio ai vescovi italiani il 19 maggio di quest’anno. Egli ha un genio dei gesti che ieri ha prodotto il frutto più significativo sul piano dei rapporti con le Chiese non cattoliche.