Sergio Romano, Corriere della Sera 29/11/2014, 29 novembre 2014
ROMA E LONDRA NEL 1940 LA TRATTATIVA FALLITA
Sull’esistenza del «carteggio» Churchill-Mussolini non è possibile avere dubbi se, per carteggio, si intende più che un vero e proprio scambio epistolare (ci fu ma certo non intenso) una serie di contatti riservati — anche tramite intermediari — tra Italia e Gran Bretagna tra il 1939 e il 1945. Difficile dubitare ci siano stati perché lo dimostrano — tra le altre cose — numerose testimonianze, oltre al fare spregiudicato di Churchill usato in altre occasioni in quegli anni. Il «carteggio», almeno in originale, è stato fatto sparire dai servizi segreti inglesi, come dimostrano numerosi riscontri. Che gli storici inglesi non abbiano trovato nulla non dovrebbe stupire: hanno spesso negato quello che i loro stessi archivi rivelano (ad esempio lo specifico interesse britannico per l’archivio di Mussolini sul Garda fin dall’autunno 1944); quando non hanno manomesso documenti (ad esempio Deakin, come risulta da un recente saggio del professor Simoncelli), si sono esercitati nell’abituale sussiego (Mack Smith) o hanno pasticciato, attribuendosi anche mezze scoperte già fatte da altri come nel caso di Richard Lamb.
Fabio Andriola
Caro Andriola,
So che lei ha fatto ricerche su questi temi e che le sue osservazioni, quindi, meritano attenzione. Ma lei sa che la caccia al carteggio non ha dato sinora i risultati desiderati e che in molti dei casi da lei elencati esistono ipotesi o, tutt’al più, prove circostanziali. Per quanto mi concerne, sono scettico perché la teoria del carteggio mi sembra cara soprattutto a chi vuole denunciare l’ambiguità britannica e spezzare una lancia per la diplomazia di Mussolini nella fase che precedette l’intervento dell’Italia nella Seconda guerra mondiale.
Se il problema è questo non è necessario fare ulteriori ricerche. In un libro apparso in Italia nel 2001 ( Cinque giorni a Londra, maggio 1940 ), John Lukacs, storico americano di origine ungherese, ha scritto che nel momento più cruciale vi fu fra i due uomini di Stato almeno uno scambio di lettere. L’iniziativa fu di Winston Churchill, Primo ministro dal 10 maggio. Il 16 dello stesso mese, dopo la rottura del fronte francese, il nuovo Premier scrisse a Mussolini per chiedergli di non intervenire nel conflitto: «La prego di credere che non uno spirito di debolezza o di paura mi muove a questo solenne appello, di cui rimarrà traccia negli archivi. Dall’evo più lontano, sopra ogni altro richiamo, giunge il grido, onde gli eredi congiunti della civiltà latina e cristiana non abbiano a schierarsi gli uni contro gli altri in una lotta mortale». Mussolini rispose: «Se fu per onorare la vostra firma che il vostro governo dichiarò guerra alla Germania, comprenderete che lo stesso senso d’onore e di rispetto per gli impegni assunti col Patto italo-germanico guida la politica attuale e futura dell’Italia di fronte a qualsiasi eventualità».
La lettera di Churchill a Mussolini non fu il solo tentativo britannico di evitare l’intervento italiano. Nei giorni seguenti il ministro degli Esteri del Regno Unito, Lord Halifax, ebbe incontri con l’ambasciatore d’Italia a Londra Giuseppe Bastianini e gli disse che la Gran Bretagna, se l’Italia si fosse astenuta dall’intervenire, sarebbe stata pronta a discutere con il governo italiano le richieste territoriali avanzate da Roma negli anni precedenti. Bastianini fece del suo meglio per favorire l’operazione, ma il capo del governo italiano lesse il suo rapporto, lo siglò «per presa lettura» e lo mise agli atti. Era convinto che la Germania avrebbe vinto la guerra e che l’Italia avrebbe partecipato alla divisione delle spoglie soltanto se fosse scesa in campo.