Giuseppe Scaraffia, Corriere della Sera 29/11/2014, 29 novembre 2014
BALZAC, IL VATE E FRANK UNDERWOOD LE PASSIONI DEI SIGNORI DELL’ANELLO
«Appena mi metto al lavoro, mi infilo il talismano, terrò al dito quest’anello per tutte le ore di lavoro. Lo metto al primo dito della mano sinistra, con cui tengo la carta, in modo che il tuo pensiero mi stringa, sei lì con me e adesso invece di cercare le parole nell’aria, le chiedo a questo delizioso gioiello», si crogiolava Balzac. Incostante quanto lui, Rilke scriveva: «Porto l’anello, quello con brillante giallo scuro, ti ricordi? E la mia mano mi sembra un po’ estranea». All’interno una scritta: «Indissolubile». Più pessimista, Mérimée si era fatto incidere un avvertimento: «Ricordati di diffidare».
Pierre Loti era orgoglioso dell’anello creato da una giovane amante turca, la futura Aziyadé , con alcuni suoi gioielli. Dopo la morte dell’amato Radiguet, Cocteau aveva aggiunto al mignolo la fede di Cartier che aveva disegnato per siglare la loro unione: tre anelli di oro bianco, giallo e rosso, sintesi di mobilità e di staticità, si uniscono senza fondersi.
C’è chi ama gli anelli di grandi dimensioni. Ogni dito delle lunghe, tozze mani dalle unghie laccate di Lorrain portava un vistoso anello. Opali, crisopazi e calcedonie erano imprigionati nell’oro lavoratissimo di anelli di scarso valore. Wilde portò a lungo un gigantesco anello episcopale, un’ametista incastonata nell’argento, poi un imponente anello con lo scarabeo egiziano che sembrava una turchese morta. Ma aveva anche due anelli di smeraldo ai mignoli. I segni cabalistici sulle pietre conferivano alla pietra di sinistra il potere di generare ogni forma di gioia e a quella di destra un analogo potere nel campo della sventura. A chi gli chiedeva perché non rinunciasse a quel pericoloso oggetto replicava: «Per poter essere felici ci vogliono le disgrazie».
Un anello può essere un dono che ci si fa da soli. Come Gabriele d’Annunzio che con Buccellati aveva instaurato un rapporto d’amicizia. Joyce ne aveva molti, malgrado di perdesse spesso. Uno incastonava un’agata, un altro un’ametista ovale. Che li comprasse o glieli regalasse la moglie, erano spesso legati a una data significativa. Anche Max Jacob, malgrado la povertà, amava portare due o tre anelli. Oltre all’anello con i brillanti, de Pisis ne aveva uno con la corniola, dove si poteva leggere: «Le berger d’Arcadie». Sulle mani del disilluso Gary brillavano anelli di topazio e ametista. Un anello antico sembra racchiudere in sé tutto il passato e Giono era molto affezionato al suo anello etrusco. Gli anelli evocano l’eternità, ma non era stato così per il giovane Montherlant, cui il padre aveva regalato un anello con inciso all’interno la massima «L’onore prima di tutto». Quando, dopo averglielo ritirato per una piccola mancanza, glielo ridiede, il futuro scrittore lo buttò in una fogna.
La miseria costrinse i Bulgakov a vendere le fedi nuziali create da un celebre gioielliere. «Non erano gonfi, ma piatti; sull’interno del mio era inciso Michail Bulgakov e la data». Ma non sono solo le cerimonie tra i due sessi a siglarsi con un anello. Flaubert ricevette da Maxime du Camp un anello rinascimentale con un cammeo di un satiro e gliene donò uno con le cifre e il motto dell’amico. Però c’è chi all’antichità e alle frasi preferisce se stesso. L’egocentrico Pound, si era fatto incidere il proprio ritratto nel cammeo di un grande anello.
Gli anelli dotati di uno scomparto segreto eccitano la fantasia degli scrittori. Boris Vian ne aveva uno verde. Breton ne possedeva un altro a forma di cappella, con dentro un minuscolo altare. Il giovane Malraux, diretto in Cambogia per rubare le statue dai tempi nascosti nella giungla, aveva affidato alla moglie un anello che conteneva, gli avevano detto, del cianuro per sfuggire a eventuali torture. Ma nessuno aveva mai provato quella polvere bianca, forse era innocuo bicarbonato.
Nel soffocante clima sovietico, Majakovskij riceveva biglietti in cui anonimi «compagni» lo invitavano a rinunciare al suo anello: «Compagno Majakovskij, penso che quell’anello non le si confaccia». Al che lui replicava che proprio per quel motivo non lo portava al naso, ma al dito.
Ma un anello può anche essere magico. Balzac credeva alla straordinaria potenza del suo Bedouck – un anello portafortuna dono di un orientalista, chiamato così dal nome del fulmineo falcone di un califfo di Bagdad, inciso in caratteri arabi. Nella celebre serie «House Of Cards», il protagonista, Frank Underwood ha un anello, dono del padre, simbolo di potere e insieme amuleto: basta batterlo ritmicamente per due volte sul tavolo. E cosa accadrà lo sapremo nella prossima stagione.