Luigi Offeddu, Corriere della Sera 29/11/2014, 29 novembre 2014
BERLINO SI METTE ALLA FINESTRA NASCE L’EUROPA A DUE VELOCITÀ
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Il Patto di stabilità e crescita è come un metro, uguale per tutti gli Stati dell’Eurozona. Il sarto che lo usa, cioè la Commissione Europea, prende le sue misure e poi decide: se le maniche sono lunghe, a chiunque appartengano, taglia o fa tagliare. Se sono corte, ordina che siano allungate. Ma ieri, per la prima volta, è accaduto che il sarto abbia piegato il metro, trasformandolo in un elastico e tagliandolo o allungandolo al posto delle maniche. Solo a beneficio di alcuni clienti, come Italia e Francia, Bruxelles ha applicato quella che può essere definita una «linea flessibilista». L’Eurozona è stata divisa — nei fatti, non nelle discussioni teoriche — in due settori o gironi distinti. L’unità di misura non è stata più la stessa per tutti. E forse, senza che nessuno lo dicesse apertamente, è stato un giorno storico, il giorno in cui lo stesso Patto ha subito la sua prima, ufficiosa modifica: cambiamento di una procedura, ma anche parziale archiviazione di alcune norme del Fiscal Compact, il rigido patto di bilancio architettato in gran parte da Berlino. E Berlino, naturalmente, ha saputo dal primo momento, e ha dato il via libera: non foss’altro perché nell’Eurozona la Francia è la sua prima partner commerciale, che Angela Merkel non ha alcun interesse ad affossare.
Per l’Italia, a parte le «circostanze economiche eccezionalmente negative», questa scelta è stata motivata nel dettaglio dal commissario agli affari economici, Pierre Moscovici: tre mesi in più di tempo a Roma, per «non precipitare decisioni che avrebbero potute essere contestate» anche alla luce della «situazione economica attuale» e degli «sforzi messi in campo per le riforme». La Commissione è libera di sottolineare fattori politici, più che contabili, nel farlo non viola nessuna delle sue regole né va oltre il suo mandato: ma certo la novità lascerà un segno. Ieri a Bruxelles c’era chi si chiedeva che cosa succederà, per esempio, se fra un anno o due anche la Slovenia, o la Bulgaria, o qualunque altro Stato, infrangeranno le regole del Patto: «linea flessibilista» anche per loro, o invio immediato della Trojka (la commissione mista Ue-Bce-Fmi) secondo gli stessi criteri già seguiti per la Grecia o il Portogallo?
Moscovici ha avuto comunque anche altre parole per l’Italia, un po’ più incoraggianti. Testualmente: «Le politiche che stimolano le prospettive di crescita, tenendo la spesa corrente primaria sotto stretto controllo aumentando al tempo stesso l’efficienza complessiva della spesa pubblica, così come le privatizzazioni programmate, dovrebbero contribuire a portare il rapporto debito/Pil sulla strada di una riduzione, in linea con la regola del debito entro i prossimi anni». Se non altro, una prospettiva c’è. E però si chiude sconsolatamente quando si legge un passo della relazione sull’Italia firmata dagli esperti della Commissione: il risultato di bilancio di certe misure annunciate dall’Italia, «è caratterizzato da una marcata incertezza». Esempio: «Le entrate aggiuntive derivanti dal gioco d’azzardo».