Emanuele Buzzi, Corriere della Sera 29/11/2014, 29 novembre 2014
CARTA BIANCA AI CINQUE FEDELISSIMI: AMBASCIATORI ANCHE CON IL PD
MILANO Una svolta improvvisa, sì, ma maturata da tempo. Fin dallo scorso marzo, con i primi apprezzamenti pubblici a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. L’idea del «direttorio» a Cinque Stelle nasce in primavera, in un momento difficile per il Movimento — la campagna elettorale per le Europee alle porte e i problemi di salute di Gianroberto Casaleggio, oltre a uno scenario politico mutato con il governo Renzi — e prosegue, si sviluppa nei mesi. A Roma da tempo si parla della «necessità di una struttura organizzativa», come la definisce uno dei fedelissimi. Un domino ramificato — questo il quadro che viene esposto da fonti vicine al Movimento — che non dovrebbe fermarsi al solo direttorio.
La «fase 2.0» dei Cinque Stelle è e vuole essere «più politica» sin dalla forma. «Più snelli, più coesi», recita un ortodosso. E nei fatti questo si traduce anche con una struttura gerarchica più rigida, più simile ai modelli dei partiti, tanto odiati dal popolo pentastellato. Ecco allora i «Cinque vice» (un triumvirato campano e un duo del Lazio, come a voler spostare anche gli assetti geografici del Movimento), ma non solo. In questi giorni a Milano, negli uffici della Casaleggio associati,ci sono stati contatti e sono transitati alcuni parlamentari ed esponenti locali (in primis Nicola Morra e Massimo Bugani), ma anche — appunto — gli stessi Di Maio e Fico. E nei prossimi giorni sono attesi altri pentastellati. Filo conduttore: le Regionali, sia quelle appena trascorse sia quelle in programma nel 2015.
I fondatori puntano sul rilancio. Ecco allora i parlamentari come «referenti per il territorio» — dice una fonte —: un modo anche per placare l’emorragia di liti tra i meet-up locali e creare un «filo diretto con quello che accade a Roma». Oltre all’organizzazione, rispunta l’agenda dei temi. Sono allo studio nuove strategie per contrastare il ritorno prepotente della Lega al Nord, senza però snaturare il Movimento. Ma non solo, sarà rivendicato un «maggior pragmatismo» in vista delle prossime elezioni, forse già nella selezione dei candidati.
E proprio in questo contesto entra il nuovo direttorio: i cinque vice saranno, di fatto, gli ambasciatori dei pentastellati, i mediatori per i problemi interni (sia della base sia dei parlamentari) e, in seconda battuta (dopo i passaggi del caso sulla Rete) per eventuali trattative con «metodo 5 Stelle» con altri partiti, Pd in primis. Saranno, insomma, un cuscinetto nelle scelte e nelle noie che affliggono i leader. «I ruoli e le strutture di Camera e Senato non cambieranno», assicurano nel Movimento, spiegando che «quello del direttorio è un organismo indipendente». Grillo e Casaleggio — viene ribadito — «sono e restano patrimonio dei Cinque Stelle, loro continueranno a gestire l’attività». Non è stata ancora rivelata la durata del mandato, che «potrebbe anche non avere limiti temporali». Ma i programmi del direttorio passeranno per forza dal confronto-scontro con i dissidenti.
Ieri sera la riunione fiume dell’ala critica — anche qui una trentina i presenti — si è conclusa con un nulla di fatto. Intanto all’orizzonte c’è l’assemblea che dovrebbe ratificare le ultime espulsioni. Lì, probabilmente, ci sarà la resa dei conti. Quello che è certo è che un possibile strappo porterebbe a un distacco di una parte significativa della base in alcune regioni. E anche i meet-up si stanno dividendo: alla kermesse organizzata da Federico Pizzarotti a Parma il prossimo 7 dicembre sono attesi rappresentanti degli attivisti dei principali capoluoghi, Genova compresa, e in alcune regioni si stanno organizzando pullman per partecipare all’incontro.