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 2014  novembre 30 Domenica calendario

DALLO SPRAY ALLE MANETTE NUOVE REGOLE PER LA POLIZIA

ROMA Polizia italiana sempre più europea. Fascette di sicurezza in velcro per ammanettare i polsi, bodycluff come quelli in dotazione alle carceri di molti Paesi per bloccare braccia e caviglie mediante una cintura fissata alla vita dell’arrestato, spray urticanti al peperoncino a getto balistico, lacrimogeni da lanciare a mano nelle situazioni più complicate. Ma soprattutto «nuove regole d’ingaggio» previste dalla bozza della direttiva firmata dal dipartimento che spiega ai poliziotti come dovranno comportarsi, attualmente in fase di discussione con i sindacati. Sia nell’ordine pubblico, che negli interventi del 113, che nei Cie, o durante i fotosegnalamenti, o i fermi di polizia giudiziaria. Mai più manganellate in testa, niente ginocchia sul torace, se non per il tempo strettamente necessario ad ammanettare il fermato. Quindici schede, duecento pagine, per stabilire il codice di comportamento e le istruzioni operative con una parola d’ordine che rimbalza sui fogli «vietata ogni forma di accanimento». E anche se non sono citati i morti di Stato, quelli eccellenti come Aldovrandi, Cucchi, Sandri, Uva e quelli meno noti, come Stefano Brunetti, morto e ventiquattrore dall’arresto con il corpo pieno di lividi, Michele Ferrulli deceduto a Milano durante un fermo di polizia, o Riccardo Rasman, legato e incaprettato con del fil di ferro dagli agenti durante un’irruzione nel suo appartamento, le tecniche operative descritte nel nuovo manuale sanciscono in qualche modo il diritto alla vita.
DISTANZA OPERATIVA
La prima novità sulle nuove procedure riguarda la distanza di sicurezza tra manifestanti e cordone di polizia. «Non meno di 15 metri», prevede il manuale. Al contrario, spiega «attiva automaticamente il passaggio della squadra dallo stato di riposo a quello di preallarme». Anche se non determina «alcuna reazione automatica». Che spetta al funzionario responsabile. Ma è sull’uso dello sfollagente che le schede operative danno precise istruzioni: nessun colpo su organi vitali, ovvero testa, cuore, fegato, collo. Potrà essere usato solamente sugli arti, senza colpire però le articolazioni, polsi e caviglie. Anche l’impugnatura è descritta con precisione: la cinghietta va girata attorno al polso e lo sfollagente non va tenuto «rovescio».
Lo spostamento di persone durante manifestazioni o sit-in non potrà più avvenire con il trascinamento. I poliziotti dovranno alzare i fermati, facendo una sorta di seggiola con braccia e sfollagente, evitando che il soggetto strisci sull’asfalto. In caso di reazioni violente «gli operatori possono fare uso di mezzi di coazione fisica». Ma c’è dell’altro. «Salvo casi eccezionali e motivati - spiega il manuale - il personale di polizia in abiti civili non deve prendere parte all’intervento». Lasciando il lavoro a chi è in divisa.
I GRADI DI ALLERTA
Tre i gradi di allerta. Sia per le manifestazioni, che per qualsiasi altro intervento (113 compreso) sono stati adottati tre gradi di allerta che riguardano lo stato più o meno collaborativo di chi il poliziotto ha di fronte. Con un soggetto collaborativo, spiegano le schede tecniche, non vi è alcun problema. Diverso se un soggetto è «poco collaborativo», «non collaborativo» oppure «ostile e violento»: in questi casi il livello consentito di uso della forza sale. «Ma deve sempre essere proporzionato al gradi di resistenza». «Non devono essere inferti colpi sul viso o in parti vitali». Specifiche che in fase processuale, potrebbero tornare comode alle eventuali vittime, perché fissano degli obblighi precisi. Come quello di «non esercitare pressioni sulla pancia, al petto o sulla schiena di una persona a terra», come fu, invece, per Federico Aldovrandi, morto per «asfissia da posizione» nel 2005.
PSICOLOGIA E DESTREZZA
Nelle situazioni più difficili, con soggetti particolarmente violenti, il manuale consiglia il «congelamento» della situazione, con gli operatori in palese svantaggio, che dovranno rimanere «in attesa dell’arrivo di personale medico specializzato». Per il resto il poliziotto, o il carabiniere, dovrà usare le sue doti di psicologia preventiva. Prima di poter passare eventualmente, se il caso lo richiede e a seconda delle situazioni, all’uso della forza: dalle manette, ai bodycluff, allo spray al peperoncino, all’uso delle armi da fuoco, per le quali il codice penale (e non il manuale operativo) prevede un disciplinare di legittimità molto rigido. Naturalmente al termine di ogni azione, l’operatore, dovrà accertarsi delle condizioni dell’antagonista e preservare il più possibile la sua incolumità, ma soprattutto non dovrà aver violato i nuovi «comandamenti».