Elena Comelli, Il Sole 24 Ore 30/11/2014, 30 novembre 2014
GOOGLE PUNTA SULLA CARNE SINTETICA
Carne senza la mattanza. Sembra un hamburger di manzo macellato, invece sono fibre muscolari bovine cresciute in vitro, dopo anni di tentativi. La polpetta 2.0 è nata nel laboratorio di Mark Post, cardiologo e professore all’Università di Maastricht, ed è perfettamente commestibile, ma molto cara: 250mila euro per 150 grammi di macinato. È un prezzo simbolico, che include i costi di tutta la ricerca alla base dell’hamburger sintetico, nato da una coltura di cellule staminali bovine, a partire da un frammento estratto con una biopsia indolore dai muscoli del collo di una mucca. Nel giro di qualche anno, secondo Post, i surrogati sintetici saranno competitivi, grazie alle economie di scala. Post è fiducioso nel futuro, anche perché i finanziamenti alla sua ricerca arrivano da Sergey Brin. Che non è l’unico imprenditore californiano a puntare in questa direzione: la carne sintetica è il nuovo pallino degli smanettoni di Silicon Valley, insieme alle nuove fonti di energia e all’auto elettrica. Dopo aver rivoluzionato la nostra vita con internet e le reti sociali, ora i guru della tecnologia si buttano sulle abitudini alimentari dell’Occidente per cambiare anche quelle, nell’ottica della tutela ambientale e dell’uso ragionevole delle risorse.
Per mettere 1 kg di carne di manzo nel piatto di ognuno di noi, ci vogliono 192 metri quadri di terreno, 64 chili di grano e si emettono 27 chili di CO2. Per un chilo di proteine vegetali, invece, si occupano 3 metri quadrati e mezzo di terreno, si consumano 5 chili scarsi di grano e si emettono 2 chili di CO2 in atmosfera. Ecco perché, guardato con una mentalità razionale da hacker, il consumo di carne e uova non ha senso. La corsa di Brin e compagni punta a trovare un sistema alternativo, più semplice e umano, per produrre lo stesso contenuto proteico e lo stesso sapore che oggi si ottiene alimentando miliardi di capi di bestiame, per poi macellarli e farli a pezzi in stabilimenti industriali, con enorme dispendio di energia. Del resto i sostenitori della carne artificiale non sono una novità, a partire da Winston Churchill che nel 1931 scriveva: «Fra 50 anni la smetteremo con l’assurdità di allevare un pollo intero per mangiarne solo il petto o le ali. Faremo crescere queste parti separatamente, con l’aiuto di un mezzo adatto».
Ma non tutti i nuovi imprenditori del cibo 2.0 partono dalle proteine animali per arrivare alla carne sintetica. Anzi. Il sistema più diffuso e più semplice è usare proteine vegetali. Pat Brown, di Impossible Foods, produce i suoi hamburger partendo dalle proteine della soia e di altri legumi: costano 5 dollari, un po’ più cari di un normale hambuger, ma molto meno della carne sintetica di Post. Brown, un ex professore di biochimica a Stanford che indica "esplorazione" e "hacking" come interessi principali sul suo profilo LinkedIn, ha ricevuto 75 milioni di finanziamenti dai ventur capitalist della Silicon Valley per arrivare a questo risultato, molto più sofisticato delle solite «bistecche di soia» già in commercio da anni. E sostiene che la sua non è un «modo migliore di produrre la carne». Il suo processo, che non vuole rivelare nei dettagli, richiede la trasformazione di quantità notevoli di biomasse in un prodotto simile a carne macinata, proprio come fa una mucca, ma senza la mucca. La sua missione è «colmare il gap fra il campo e il piatto, che ora è colmato dagli animali».
I pionieri di questa nuova industria si sono messi d’impegno per catalogare tutte le proteine di origine vegetale e hanno trovato una grande varietà di piante, non solo legumi ma anche vari tipi di cereali, per combinarle nella maniera più opportuna e replicare con la maggiore accuratezza possibile l’esperienza fornita dalla carne e dalle uova. C’è chi parte dalle proteine vegetali per arrivare a riprodurre la carne di pollo, come Beyond Meat, che distribuisce già i suoi prodotti in tutti gli Stati Uniti. Josh Tetrick, di Hampton Creek, si occupa invece di uova e ha già piazzato la sua maionese nei grandi supermercati americani e oltre, da Walmart a Tesco.
Beyond Meat è il risultato di un investimento dei fondatori di Twitter, Evan Williams e Biz Stone, entrambi vegetariani di ferro, mentre Bill Gates, Li Ka-Shing e Khosla Ventures finanziano una dozzina di progetti di questo tipo, comprese le uova sintetiche di Hampton Creek. Se lo sforzo finanziario darà i suoi frutti, presto avremo nuovi stimoli nel piatto e una dieta più sostenibile. Una bella sfida, che potrebbe cambiare il futuro dell’alimentazione.
Elena Comelli, Il Sole 24 Ore 30/11/2014