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 2014  novembre 30 Domenica calendario

MENO MORTI IN REPARTO? IL MEDICO TROPPO BRAVO NON PUÒ FARE IL PRIMARIO

Questa è la storia infinita del precario più illustre d’Italia che ha perso il posto a sessant’anni.
Si chiama Giuseppe Nardi, è uno dei rianimatori italiani più noti in Europa. È colui che ha fatto ottenere più successi alla sanità pubblica guidando per quindici anni il Centro shock e trauma dell’Ospedale San Camillo di Roma, portandolo all’eccellenza dopo aver ridotto di tre volte la mortalità tra i suoi pazienti (dal 40 al 16 per cento). È l’unico italiano nel gruppo dei dieci “super esperti” europei incaricato di redigere e aggiornare le linee guida per la gestione del trauma grave. Ha un curriculum con un profluvio di pubblicazioni. Un professionista rigoroso, un dipendente modello. Qui, dunque, il guaio.
Con delibera della direzione sanitaria del 16 luglio scorso è stato sollevato dal suo incarico, il suo centro è stato sciolto e accorpato ad altra unità di emergenza e infine, qualche giorno fa gli è stato chiesto di ritornare in corsia da medico semplice. Il motivo? Chiarissimo: era primario facente funzioni, quindi guidava il reparto ma non aveva i gradi. Era eccellente sì, ma sempre un irriducibile precario. E adesso che la sanità del Lazio deve fare i conti con la spending review tutti coloro che non hanno un grado in petto vanno restituiti, come fosse il gioco dell’oca, alla casella iniziale della carriera. Oggi il sessantenne Nardi riprende a fare i turni di guardia, le notti, e l’orizzonte torna indietro ai suoi 38 anni quando era chiamato ad assistere non a dirigere.
La storia ha dell’incredibile e per riprendere il filo dell’irragionevolezza bisogna partire dall’inizio.
È il 1999, il Giubileo alle porte, milioni di pellegrini in arrivo e un carico di possibili emergenze a cui dare una risposta efficace. Il direttore sanitario del San Camillo ha un problema: il reparto per traumatizzati gravi, degenti altamente instabili, ha un indice di mortalità elevatissimo. Oltre il 40 per cento di chi giunge lì viene poi trasferito all’obitorio. A Udine c’’è un giovane e bravo rianimatore, il direttore dell’azienda ospedaliera lo convoca e gli propone la sfida. Purtroppo non può conferirgli l’incarico di primario, il concorso non è bandito, ma il convocato accetta senza condizioni. Sembra persino non interessargli troppo la qualifica. Firma il contratto da dirigente ma con l’aggiunta: facente funzioni. Le funzioni sono giustificate dal merito, dalle pubblicazioni e dai successi del medico friulano. Nardi appena mette piede a Roma convoca tutti i rianimatori. Sono 150. La proposta di far parte del nuovo team esclude incarichi bis, le responsabilità esterne, la clinica di riserva, la parcella supplementare. Si lavora solo in ospedale e il tempo che rimane libero si destina alla ricerca. In 25 si fanno avanti e accettano. Nessuna retribuzione straordinaria, solo lavoro in più. Matti.
Le cose funzionano e il circuito che monitora le attività nelle sale di rianimazione, la qualità delle cure, e soprattutto l’esito finale del trattamento sembrano dar ragione agli intraprendenti sanitari. Il reparto diviene una unità operativa complessa, chiamata Shock e Trauma per la particolare disponibilità a raccogliere i pazienti molto “acuti”, coloro che con la morte hanno un conto da saldare presto. Giviti si chiama la rete che monitora le buone e le cattive pratiche nelle terapie intensive. Quella romana da cattiva si trasforma in buona. Ogni anno che passa sempre meglio, fino a raccogliere il successo: solo il 16 per cento dei ricoverati per gravissimi traumi non ce la fa. Indice tra i più bassi al mondo.
Passano gli anni – quindici – senza che l’ospedale riesca a dare a Nardi quanto promesso e dovuto, a indire un concorso per la funzione di primario. Da trombato eccellente ha però l’onore delle cronache. Questo giornale dedica al caso un articolo. Altrove distribuiscono primariati, ma, nonostante le richieste di essere messo in pari dall’azienda, per lui nulla accade. Nulla? Dovremmo dire l’opposto. Perché a luglio al dottor precario viene contestata la precarietà. In ragione della quale, stante le restrizioni di spesa, viene soppressa la direzione e sciolta l’équipe. A Nardi, udite, viene anche contestato di aver fatto causa all’azienda negli anni passati per ottenere almeno la retribuzione da primario. L’azienda insomma resta mortificata dal senso di sfida di questo precario irriducibile che non solo aveva avuto la faccia tosta di dirigere con successo un reparto svolgendo le funzioni di dirigente senza esserlo, e per questo rinunziando cocciutamente a piantare un casino come la generalità degli umani avrebbe fatto, ma aveva avuto l’ardire di chiedere al giudice che almeno gli venisse saldata la busta paga e riconosciuto quel lavoro. Un’infamità. Tutto qua? Forse no. Perché sempre Nardi nel 2008 puntò il dito su una serie di morti sospette nel reparto di Chirurgia d’urgenza. Troppi e troppo ravvicinati casi di malasanità coincidenti con la discesa in sala operatoria del dottor Donato Antonellis, chiamato alle funzioni di primario dopo un lunghissimo rodaggio nel piccolo ospedale di Marino, ai Castelli Romani. Era riuscito a sbaragliare illustri concorrenti, eppure da quel reparto, con lui alla guida, i pazienti uscivano così malconci che parecchi cronisti accorsero in corsia e tratteggiarono il ritratto di Antonellis, uomo di relazioni perfette, vicepresidente del sindacato Anaao e dell’Ordine dei medici del Lazio. I potenti però hanno la memoria lunga.
In effetti con Nardi i vertici dell’ospedale sono stati inflessibili, imbattibili. Dopo approfondita analisi e viste le condizioni delle casse pubbliche hanno deliberato il gioco dell’oca: dalla prima all’ultima fila della corsia. Al suo posto prende le redini il dottor Francesco Cremonese. Rispetto a Nardi ha un curriculum nano. Sulla scena scientifica non compare essendo zero le sue pubblicazioni. Con delibera apposita viene vidimato il trapasso, sciolto il reparto modello e restituito ai turni di guardia il medico eccellente.
La storia poteva finire così. Senonché, guarda tu il mondo, i rianimatori colleghi di Nardi hanno iniziato a rumoreggiare e le voci, le proteste, gli ammutinamenti hanno preso una tale piega che Cremonese ha preferito lasciare l’incarico. Fosse finita qui! Invece hanno iniziato a scrivere da tutt’Italia, dalle Terapie intensive del Niguarda e di Cesena, di Chieti e di Torino. Poi hanno preso a scrivere i colleghi europei di Nardi e in queste ore sulla scrivania di Zingaretti, il presidente della regione Lazio, e del ministro Lorenzin si accumulano le richieste di rettifica: avete sbagliato nome, dovete scrivere Nardi. In Parlamento un’interrogazione chiede perché, se il merito conta, il bravo, anzi il più bravo, è stato escluso.  Com  ’è finita? Il prescelto ora si chiama Orsetti.
Antonello Caporale, il Fatto Quotidiano 30/11/2014