Claudio Rendina, Roma – la Repubblica 30/11/2014, 30 novembre 2014
BUSTI E GIARRETTIERE, LA CHIESA CENSURA GLI ABITI OSÉ DELLE DAME ROMANE
Il cardinale Giovanni Francesco Albani, vicario del papa Innocenzo XI e giudice di San Pietro, il 30 novembre 1683 emana un editto nel quale condanna il vestiario scandaloso delle donne, per le quali è prevista anche la scomunica, e prescrive un abbigliamento castigato. La prescrizione è imposta non solo nelle chiese, ma anche in strada e nei saloni aperti alle feste. Ma cosa c’è di scandaloso nel vestiario delle donne? È caratterizzato da rigidi busti a punta, gonne a campana con collo a gorgiera, detto anche “ruota di mulino” o “lattuga”, aperte sul davanti o arricciate lateralmente, scollature a barchetta sottolineate da grandi collari di pizzo e con lo strascico arricciato sul fondoschiena. In pratica questa moda è fonte di erotismo, fondato com’è su ciò che si vede e ciò che si può immaginare, fra la realtà nascosta e le sue forme allusive di manifestazione. Molte donne sui capelli raccolti morbidamente usano l’huiken, di origine olandese, ovvero un velo plissettato, sostenuto da un cerchietto, che giunge fino ai piedi. L’alternativa è costituita dalle cuffie bianche di lino o di batista, dette alla Fontange, nate per caso dalla omonima favorita del re Sole che, durante la caccia, si era spettinati i capelli e, audacemente, aveva sollevato la gonna mostrando le giarrettiere. E anche le donne a Roma sanno essere attraenti, perché sotto le gonne portano i calecons, mutandoni lunghi fino al ginocchio con calze colorate, soste- nute da giarrettiere. Spopolano poi i falsi nei in seta, conosciuti già nell’antica Roma, che hanno un significato galante a seconda della posizione in cui vengono incollati.
Le stoffe dei vestiti presentano disegni con steli e rami fogliacei e sono arricchite dall’uso di gioielli; oltre ad anelli e collane, già in uso nel primo Seicento, si diffondono gli orecchini a pendente, nonché i ferretti gemmati, che fissano le vesti sulle spalle o sul petto. E poi ci sono i ventagli, formati da ciuffi di penne, ma anche pieghevoli e di forma semicircolare, usati vezzosamente nei salotti per velare in parte sorrisi e sguardi seducenti.
Questa moda riflette la bizzarra arte del Barocco, sovrabbondante di decorazioni, marmi e stucchi, capace di lasciare stupito lo spettatore e stimolarne l’immaginazione con un forte senso di teatralità; così il vestito, caricato all’inverosimile, diventa un biglietto da visita mostrato all’uomo allo scopo di sedurlo. Il tutto avviene per influenza della moda francese, fatta propria nel primo Seicento da Olimpia Maidalchini alla corte del cognato papa Innocenzo X. Dopo di lei fa scuola Cristina di Svezia, che caratterizza i suoi vestiti con un’ampia scollatura e una cintura nera stretta allo stomaco, «che ancor più rivela le sue rotondità », come viene notato in Vaticano. Qui però l’ex regina è difesa dal suo amante, il cardinale Decio Azzolino, ex Segretario di Stato e capo dello Squadrone Volante, un movimento di liberi pensatori all’interno della chiesa cattolica. E così Cristina può permettersi di non cambiare abbigliamento: l’amante cardinale è impegnato nell’organizzazione della corte per l’ex regina di Svezia nel palazzo alla Lungara, tra feste all’insegna delle orge, nelle quali si prediligono gli “scandalosi” vestiti alla moda.
Claudio Rendina, Roma – la Repubblica 30/11/2014