Gianni Mura, la Repubblica 30/11/2014, 30 novembre 2014
CAROLINA E IL LABIRINTO DEI SENTIMENTI
Accodarsi agli amici è naturale. Quindi mi accodo ad Aligi Pontani, Gabriele Romagnoli e Pier Bergonzi, che ieri su Repubblica.it, Repubblica di carta e Gazzetta si sono espressi sul caso-Schwazer, diventato, forse inevitabilmente, caso-Kostner. «Se mettiamo limiti alla solidarietà del cuore che cosa ci resta?» ha scritto Romagnoli. Molte cose che valgono meno, ci restano, ma bisogna vedere come sono manipolate, incartate, infiocchettate. Per chi abbia un minimo di memoria, le cose sono chiarissime. Schwazer: beccato con le mani nel doping, piangente, squalificato, intravvede la possibilità di gareggiare a Rio e si decide a collaborare. La collaborazione gli porterà una riduzione della pena (cosa prevista) e al tempo stesso inguaia di brutto la Kostner (cosa non prevista, spero). Kostner: racconta bugie per difendere Schwazer, su richiesta dell’interessato. Per due anni nessuno le chiede conto di nulla. Come non esistesse. Ah già: nel frattempo vince medaglie. Coni e organi inquirenti: finché la Kostner vince medaglie, decidono di non fare nulla. Ma poi, vivaddio, mostreranno i muscoli (ops) e saranno inflessibili, chiederanno per l’ex pattinatrice, infame complice, 51 mesi di squalifica. Senza entrare nel labirinto dei sentimenti, sono i tempi a insospettire, il nulla di prima e il troppo di oggi. Insospettire è un eufemismo. Disgustare è meglio. Siccome questa rubrica permette di esprimersi anche attraverso voti, eccoli: Schwazer 3, Kostner 9, Coni e c. 1. Anzi, tanto non gliene fregherà nulla, fino al 31 dicembre 2014 scriverò coni, giudice, procura. Le maiuscole, signori, bisogna meritarsele.
Ancora giustizia. Il Fatto di ieri ha scritto che sul processo per Calciopoli s’allunga l’ombra della prescrizione, anzi è quasi sicuro che finirà così. La prescrizione, che gli imputati regolarmente sventolano come fossero assolti, dunque innocenti, è solo l’impossibilità di punire per scadenza dei termini. Basta avere buoni avvocati che sanno tirarla per le lunghe e se vale per l’Eternit perché no per Calciopoli, che di morti non ne ha fatti?
Ancora giustizia: partite a porte chiuse fino al 30 dicembre, 100 euro di multa alle due squadre, squalifica fino al 30 marzo 2015 dei due dirigenti accompagnatori, anche se estranei ai fatti. Vicenda letta lunedì e venerdì sul Cittadino. Partita fra San Bernardo e Tribiano, sospesa a un minuto dalla fine per una piccola rissa tra genitori, in tribuna. La cd lodigiana della federcalcio nel comunicato parla di «disordini che non hanno consentito il regolare svolgimento e la conclusione dell’incontro». Incontro nella categoria Pulcini 2005. Porte chiuse andrebbe messo tra virgolette in quanto il San Bernardo, squadra d’oratorio lodigiano, non è attrezzato con porte e tornelli. Il presidente, Costante Ceresa, ha detto: «Genitori, nonni, zii pensano sempre più spesso che il bambino che gioca a pallone sia destinato a diventare un campione. Nei primi anni lo seguono, lo spronano, lo esaltano a tutti i costi. Poi, quando capiscono che è uno come tanti, non vanno più nemmeno a seguire le partite». Mi riaccodo a Ceresa, anche se non lo conosco. I bambini (9 anni) ci guardano e non capiscono. Oppure si adeguano.
Assist a Renzi da un’intervista di Shkodran Mustafi al Paìs. Albanese, nato in Germania, campione del mondo, ora difensore del Valencia. «In Italia dicono che non hanno soldi e blablabla. Poi esci di casa, i ristoranti sono pieni, tutti hanno un pc e l’i-phone 6. Non vedo crisi, sinceramente. Quando sono andato in Africa, sì. E anche in Albania, dove si vive con 200 euro al mese». Un campione del mondo contro gufi e rosiconi, in parte già sentito: quello dei ristoranti pieni era un cavallo di battaglia di Berlusconi. Però, parafrasando garbatamente Altan, vorrei chiedere a Renzi se sa chi è il mandante di quello che dice. Tipo, sugli imprenditori: «Chi la mattina si alza mettendo in gioco tutto è un eroe del nostro tempo». Frase evocativa: Pratolini, Lermontov, il film di Monicelli con Sordi e la Valeri, la frase di Brecht, Ettore e Leonida, Salvo D’Acquisto e il giudice Ambrosoli, ognuno ha i suoi, ci mancherebbe pure. Ma Briatore e Colaninno, alla voce eroi del nostro tempo, faticano ad apparirmi. Sarà perché non ho l’i-phone 6? Sarà perché se lo avessi non lo saprei usare? Sarà che Renzi ha fatto un autogol? Sarà che conosco tanti sfigati (decrittando dal renziano: esodati, disoccupati, sottoccupati e, si licet, sfruttati) che nel quotidiano mi sembrano più eroici?
Sarà quel che sarà, come si cantava una volta. Intanto, una buona notizia. Ieri, dieci anni dalla morte di Luigi Veronelli. Ricordato in una cena tra amici (molti del mondo del vino) venerdì a Piacenza, all’Antica osteria del Teatro, e ieri pomeriggio al Leoncavallo di Milano con un libro curato dal Seminario Veronelli. La buona notizia è che Milano ha ufficialmente deciso di dedicare una via a Sua Nasità. Un passaggio pedonale che collega il quartiere dov’era nato Veronelli, l’Isola, da via De Castillia a piazza Gae Aulenti. Ci sono giorni blindati. Ieri, con gioia, brindati.
Gianni Mura, la Repubblica 30/11/2014