Federico Rampini, la Repubblica 30/11/2014, 30 novembre 2014
IL NOBEL “RAZZISTA” VENDE LA SUA MEDAGLIA: «NESSUNO MI VUOLE PIÙ»
Il razzismo può costare molto caro. Ne sa qualcosa James Watson, il biologo che scoprì la struttura del Dna nel 1962. Giovedì prossimo la medaglia d’oro che vinse con il premio Nobel sarà messa in vendita in un’asta Christie’s qui a New York. Prezzo di partenza: 2,5 milioni di dollari. Una bella somma, certo molto superiore al “peso d’oro” di quella medaglia. Ma forse insufficiente a compensare tutti i mancati guadagni di Watson. «Sono diventato una non-persona, dal 2007 è come se io non esistessi più», ha confidato lo scienziato 86enne in un’intervista al Financial Times. Tutto per colpa di un’altra intervista, quella data sette anni fa al Sunday Times di Londra, in cui il biologo teorizzava esplicitamente che bianchi e neri hanno per ragioni genetiche un diverso quoziente d’intelligenza. Nel passaggio- chiave di quell’intervista Watson disse di essere «preoccupato per le prospettive future dell’Africa, perché tutte le nostre politiche sociali sono fondate sul presupposto che la loro intelligenza sia uguale alla nostra, mentre tutti i test dimostrano che non è vero». Rincarando la dose, aggiungeva che gli occidentali vogliono convincersi che nasciamo tutti con la stessa intelligenza, «ma chiunque debba gestire dei dipendenti neri sa che non è così».
L’impatto di quell’intervista fu distruttivo per la reputazione di Watson. Anche se la scoperta che gli aveva fruttato il Nobel era vecchia di mezzo secolo, proprio all’inizio del decennio scorso la ricostruzione del Dna stava dando i suoi frutti in campo industriale, con il boom della biogenetica e delle biotecnologie. Oltre ad essere ancora attivo in campo accademico, Watson era stato nominato in diversi consigli d’amministrazione di grandi aziende che investono nella ricerca genetica. Come lui stesso racconta nell’intervista al Financial Times, da quel momento in poi tutte le porte si chiusero. «Essendo diventato una non-persona, sono stato licenziato dai consigli d’amministrazione, per cui non ho più redditi a parte quello accademico». Anche l’università lo ha comunque emarginato: non può più fare ricerca presso il Cold Spring Harbor Laboratory di Long Island, dove ha mantenuto solo una carica onorifica di “chancellor emeritus”, l’unica fonte di stipendio che gli rimane. Non si direbbe che Watson a sette anni di distanza sia veramente “pentito” per l’affermazione che gli è costata tanto danno economico. I suoi commenti sembrano escluderlo. Nel ricordare l’intervista, si dice «rammaricato », ma soltanto «per aver detto di credere nel quoziente d’intelligenza, e per aver espresso preoccupazione sull’intelligenza degli africani, tutte cose che non si dovrebbero dire o non dovrebbero finire in un articolo». Sembra reputarsi vittima delle convenzioni, delle mode, del “politically correct”, più che ritrattare la sostanza.
La vendita della medaglia lo risarcirà almeno in parte. Il valore di quella medaglia all’asta Christie’s darà una conferma di quanto la scoperta del 1962 sia stata foriera di sviluppi industriali clamorosi. C’è voluto almeno mezzo secolo, ma da quella ricostruzione della “struttura ad elica” del Dna è nato un business colossale. Proprio gli imprenditori del settore biotech sono diventati i collezionisti di reperti legati a quella scoperta. Se la medaglia d’oro di Watson è la prima ad essere venduta da un Nobel ancora vivente, l’anno scorso era stata venduta l’altra medaglia vinta dal co-autore della scoperta del Dna morto nel 2004, Francis Crick. L’acquirente, per 2,3 milioni di dollari, era stato l’imprenditore cinese delle biotecnologie Jack Wang. Watson ha annunciato che verserà parte dei proventi della vendita della sua medaglia alle due istituzioni universitarie che lo hanno sostenuto nella ricerca, la University of Chicago e il Clare College di Cambridge.
Federico Rampini, la Repubblica 30/11/2014