Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 29 Sabato calendario

L’EUROPA SI PRENDE I SOLDI DI ENEL ED ENI

«Il bilancio italiano è corto». Parola di Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari Economici che così gela la soddisfazione dell’Italia per la «promozione temporanea» del budget 2015 che. Al contrario, comporterà un esame di riparazione a marzo, che non s’annunci a affatto facile. «Il budget non è ancora pienamente compatibile con le regole del Patto: per questo riteniamo che la Commissione possa e debba chiedere all’Italia ancora un piccolo sforzo in più», ha aggiunto il francese Moscovici aggiungendo che «guardando al debito l’esigenza è molto marcata». Chi s’illudeva che un commissario parigino potesse esser meno severo dei «falchi» del Nord è bell’e che servito. Per ora la bocciatura è stata evitata perché l’Italia, ha riconosciuto Moscovici, si è trovata in «circostanze eccezionali». Ma il Bel Paese, che agli esami di riparazione sarà in compagnia della Francia fa gioco il confronto con i soliti italiani) ed il Belgio, non s’illuda: bisogna rivedere i numeri in ribasso. ALTA TENSIONE Ma di quanto? Cifre ufficiali non ce ne sono, ma «un documento tecnico» parla di uno sforzo aggiuntivo nell’ordine di grandezza di 0,2-0,3% punti di Pil che, in cifre, valgono fino a 4,8 miliardi di euro, sufficienti ad ingoiare in un colpo solo l’importo l’importo delle cessioni di quote di Enel ed Eni già programmate per l’anno prossimo. Una bella mazzata, destinata a cadere sulle spalle di Matteo Renzi in un momento particolarmente delicato. Prima di marzo, infatti, il governo dovrà affrontare il passaggio della successione a Giorgio Napolitano al Quirinale, le tanto sospirate riforme, istituzionali, i regolamenti attuativi del Jobs Act più complessi della legge stessa. Senza parlare degli agguati politici dentro e fuori il partito. Di tutto, insomma, il premier fiorentino avrebbe bisogno che di una nuova operazione di taglia e cuci sul fronte dei conti pubblici. Una manovra più convincente di quella che il ministro Pier Carlo Padoan ha presentato a Bruxelles dove si conta di incassare 3,5 miliardi in più dalla lotta all’evasione e 900 milioni dai giochi d’azzardo. A favore di Renzi e Padoan potrebbe giocare la ripresa dell’economia. Sia il ministro che l’Ocse e il centro Studi della Confindustria prevedono infatti che finalmente, dopo 13 trimestri con il segno negativo, finalmente l’economia italiana possa tornare a crescere. Ma la doccia fredda, stavolta, è arrivata dall’Istat: il rallentamento dell’economia del 2014 (-0,3% al netto delle scorte, condizionato dalla caduta degli investimenti e di un modesto aumento dell’export) comporta per il 2015 una «crescita acquisita» negativa pari a -0,1%. Insomma, l’anno nuovo parte con un handicap che non promette nulla di buono sulla possibile ripresa, occupazione compresa. GLI AMICI FRANCESI Al di là delle cifre, emerge con evidenza un dato politico: né Renzi né la Francia (che si è prontamente defilata dallo scontro con Berlino) hanno messo in discussione l’obiettivo del pareggio di bilancio, tanto caro ad Angela Merkel e a Wolfgang Schaueble, ma così assurdo ai tempi della recessione e dell’inflazione zero. Una volta accettato questo principio, addio a qualsiasi velleità di ripresa dell’economia. Non resta che sperare, insomma, nella svalutazione dell’euro, nel calo del petrolio e nella discesa dei tassi prima di affidarsi alle tanto sospirate misure di Mario Draghi che non faranno miracoli: la correzione imposta da Bruxelles, pari a -0,3% sul Pil, sarà probabilmente sufficiente ad azzerare il segno più dai conti della prima metà dell’anno. Poi si vedrà, senza troppe illusioni visto che, al di là dei proclami di questi mesi, l’Ue resta saldamente in mano della Germania, così forte da suggerire «correzioni strutturali» ai conti di casa nostra attraverso l’ex ministro francese dell’Economia, presunto alleato anti-austerity.