Massimo Norrito, la Repubblica 29/11/2014, 29 novembre 2014
“GRAZIE CONTE, MA SONO ARGENTINO”
[Intervista a Paulo Dybala] –
PALERMO
È uno dei volti nuovi della serie A. Paulo Dybala sino a poco tempo fa era noto più che altro per i dodici milioni di euro spesi da Zamparini per portarlo al Palermo. Adesso i suoi gol e le sue giocate lo hanno posto all’attenzione di tutti i maggiori club e addirittura di tre nazionali. Tre perché il nonno paterno di Paulo era polacco, la nonna materna italiana e lui è nato in Argentina. Dybala non ha ancora scelto anche se è evidente la sua voglia di giocare con la Selección. Un desiderio che deve avere scoraggiato Conte, nei giorni scorsi a Palermo per convincerlo a indossare l’azzurro.
Dybala, ma alla fine con quale nazionale giocherà?
«Certo non con la Polonia. Boniek ha detto che vuole solo gente che sappia cantare l’inno e il polacco è troppo difficile».
Restano Italia e Argentina.
«Con Conte non ho parlato direttamente di questo, ma non è facile decidere. L’Italia ha una grande tradizione. Ha vinto quattro volte il titolo mondiale».
Dica la verità, il suo sogno è giocare con l’Argentina?
«Io sono nato là e mi sento argentino. Quando giocavo da bambino sognavo la nazionale argentina».
Come nasce la sua passione per il calcio?
«Ho cominciato a quattro anni. La prima scuola calcio vicino casa. Finivamo i compiti e andavamo a giocare».
Quando si sono accorti di lei?
«Mio padre voleva che diventassi un calciatore e mi portava in giro a sostenere i provini. A dieci anni venni preso dall’Instituto de Cordoba. Ci sono rimasto per sette anni prima di passare al Palermo».
La chiamavano “El pibe de la pensión” perché viveva nel pensionato che accoglieva i giocatori più giovani.
«Tutto è iniziato in quel pensionato. Sono maturato come uomo e cresciuto calcisticamente. Per la prima volta ero lontano dalla mia famiglia. Non si giocava più in piazza o a scuola, ma quello era il salto verso il professionismo che sognavo insieme a mio padre».
Parla sempre di suo padre scomparso quando lei aveva quindici anni. È stato lui a trasmetterle la passione per il calcio?
«Ho altri due fratelli più grandi di me e mio padre sperava che diventassero calciatori. Oggi sono sicuro che dal cielo può essere orgoglioso di quello che sto facendo».
Quali erano i suoi idoli quando giocava in Argentina?
«Maradona era di una generazione diversa. Mi piacevano molto Ronaldinho e Riquelme perché erano giocatori che in campo si divertivano e anche io giocavo per divertirmi».
Si diverte ancora?
«Sì, ma è diverso. Questo non è più un passatempo. Se giochi con i tuoi amici in piazza e non corri non succede niente. Qui invece hai compagni che hanno lo sguardo da leoni. Non puoi deluderli e devi lottare anche tu».
Qual è l’argentino che sta facendo meglio in Italia?
«Tevez ha già segnato tanti gol e ha fatto crescere molto la Juve. Higuain anche al Napoli sta confermando il suo valore».
Come ha vissuto il trasferimento in Italia?
«Ho dovuto cambiare vita, adeguarmi a un calcio diverso, imparare una lingua nuova. Ma il problema maggiore è stato un altro».
Quale?
«Appena arrivato a Palermo ho sofferto molto, perché quando la gente parlava di me ricordava solo quanto mi avesse pagato Zamparini. Tutti pensavano ai soldi, non a come stavo io, a come mi sentivo. Non ero importante come ragazzo, ma per i tanti soldi spesi».
Chi l’ha aiutata?
«Il presidente Zamparini, i miei compagni, la mia famiglia».
Adesso si sta prendendo la sua rivincita?
«Voglio solo dimostrare che Zamparini sapeva quello che stava facendo e non stava buttando i suoi soldi».
Come immagina il suo futuro?
«La mia famiglia mi ha detto di non montarmi la testa. Al momento non penso a un grande club anche se questo è il sogno di tutti. Lavoro per fare sempre meglio».
Sino a diventare l’erede di Messi come qualcuno azzarda?
«Per vedere l’erede di Messi dovremo aspettare tanto così come abbiamo aspettato tanto per l’erede di Maradona».
Dove ha seguito la finale dei Mondiali brasiliani?
«In ritiro insieme a Muñoz e Vazquez. È stato un giorno tristissimo. Tutti volevamo l’Argentina campione del mondo. In Brasile sarebbe stato ancora più bello».
Tra quattro anni in Russia ci sarà Dybala in finale?
«Non c’è calciatore che non sogni di giocare la partita più importante di tutte. È un sogno ma lavoro per realizzarlo».
Massimo Norrito, la Repubblica 29/11/2014