Gabriele Romagnoli, la Repubblica 29/11/2014, 29 novembre 2014
ALEX E CAROLINA, COMPLICI D’AMORE
Ogni coppia è, in fondo, un’associazione per delinquere. Due contro il resto del mondo, la legge, la morale. Bonnie & Clyde. Bill & Hillary. Poggiolini & Signora. Ora, parrebbe, anche Alex & Carolina, i belli e cattivi dello sport italiano. Pessimo, di sicuro, lui: ha barato, si è fatto beccare, ha pianto.
Ha scritto un’autobiografia poco illuminata, ha confessato tutto e di più, pur di essere perdonato, ha già fatto proclami olimpici. Ma lei? Ha fatto la sua onesta gara. Poi però si è coricata accanto a un uomo-macchina, ha assistito ai suoi traffici, mentito per lui. È altrettanto colpevole?
La giustizia penale richiede almeno tre persone per configurare il reato di associazione per delinquere e un dolo foss’anche eventuale. La giustizia sportiva, più severa, non ha concesso né distinguo né sconti. Se Carolina, anziché un’atleta, fosse stata una modella o una cantante le sue quotazioni sarebbero salite, giacché allo spettacolo piacciono le cattive ragazze. Lo sport invece preferisce raccontarsi la favola della purezza. A pretenderla anche se l’ha smarrita nel bosco dei troppi controlli mancati, castighi evitati, silenzi ipocriti.
Il primo giudice di Carolina era stata Federica Pellegrini, sentenziando: «L’avesse fatto Filippo Magnini, io l’avrei lasciato». Il compagno che sbaglia è una figura storica e retorica. La tentazione di coprirlo in nome dell’affetto, del comune passato e di qualche condiviso e perduto ideale ha attraversato individui e generazioni. Perfino nella dura posizione della Pellegrini s’intravede la crepa: tra lasciarlo e denunciarlo passa uno spiffero di residua lealtà. È difficile individuare la soglia massima a cui è lecito portare questa desueta ma fondamentale virtù. Dove finisce l’amore e scatta la complicità? “In salute e in malattia” non include anche l’altrui dipendenza da sostanze, la nevrosi da gara, l’ossessione curabile solo con la vittoria? È troppo? Ma se mettiamo limiti alla solidarietà in amore che cosa ci resta: il giuramento degli scout, l’accomandita semplice, il patto del Nazareno? Ho usato la parola solidarietà non a caso, perché le associazioni determinano una responsabilità in solido: le conseguenze di quel che farai tu ricadranno su di me e viceversa. Per questo le migliori (ossia le peggiori) vagliano attentamente la personalità degli aspiranti prima di ammetterli a farne parte. In una coppia questa fase è spesso sorvolata in un impeto di irrazionalità. Ci si affida all’intuito, leggendario nell’azzeccare tombole quanto nel prendere cantonate. Si passa sopra, in nome della passione, a difetti madornali raccontandosi la bugia: con il tempo o grazie a me cambierà. Ecco, un peccato grave Carolina Kostner l’ha sicuramente commesso: si è scelta il compagno sbagliato. Dall’inizio alla fine. È necessario che due complici almeno concordino la versione dei fatti, l’alibi, le giustificazioni. Lui, per salvare il suo poco salvabile, l’ha smentita e sprofondata in questo guaio dove si era messa da sola. Alla fine di una favola impura non ci sono né eroi né eroine, nessuna morale o amore che trionfa. A peso d’oro fasullo chiunque vale zero.
Gabriele Romagnoli, la Repubblica 29/11/2014