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 2014  novembre 29 Sabato calendario

MA COS’È QUESTO EASING?

Si fa un gran parlare di un Quantitative easing nell’Eurozona (QeE), con l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, come hanno fatto la Fed, la Banca d’Inghilterra e quella del Giappone per sostenere la ripresa. Sarebbe l’ultimo arma della politica monetaria europea, dopo le Ltro triennali varate tra il 2011 e il 2012, l’azzeramento quasi completo dei tassi (quelli sui depositi eccedenti la riserva obbligatoria sono addirittura negativi), le recenti T-Ltro destinate al finanziamento dell’economia reale e il programma appena avviato di acquisto di Asset backed securities e Corporate bond, per importi in realtà assai esigui.
La Bce, diversamente dalle altre grandi banche centrali, ha dapprima aumentato il proprio bilancio in rapporto al pil dell’Eurozona, portandolo dal 15% di metà 2008 al picco del 32,8% di metà 2012, per poi ridurlo al 20,5% di inizio 2014. In pratica, ha drenato liquidità per più del 12% del pil dell’Eurozona in meno di due anni. Va rilevato però che la liquidità immessa dalla Bce corrisponde allo sbilancio del sistema Target 2, che regola i pagamenti interbancari all’interno dell’area. Il picco di liquidità immessa dalla Bce nel 2012 coincide infatti con il livello di massimo accreditamento della Bundesbank e delle banche centrali di Olanda, Lussemburgo e Finlandia nei confronti di quelle di Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna. In pratica, a fronte dei trasferimenti interbancari all’interno dell’area, per il pericolo di default, la Bce ha finanziato le banche centrali dei Paesi da cui defluiva la valuta, liquidità poi drenata man mano che gli squilibri nell’area Target 2 sono stati riassorbiti.
Sembrerebbe quindi che in realtà la Bce non abbia aumentato la liquidità complessiva, ma si sia limitata a compensare gli squilibri all’interno dell’Eurozona con interventi a favore delle aree deficitarie. La questione è rilevante, poiché ne deriva un severo ridimensionamento del contributo netto dato finora da Eurotower.
Di questi squilibri occorre tener conto in vista di un possibile Qe. Infatti, se non è affatto scontata la correlazione tra acquisti di titoli di Stato e immissione di liquidità nell’economia reale, occorre cercare di capire se i benefici dell’operazione andranno al Paese che ha emesso i titoli acquistati dalla Bce e chi potrà concretamente disporre della nuova liquidità. In pratica si sta alimentando l’aspettativa di un diluvio di liquidità, che liberi gli attivi di banche, assicurazioni, fondi previdenziali e di investimento dagli immobilizzi in titoli di Stato. L’idea che si sta dando al mercato è che si tratti di una versione aggiornata della «Greenspan put», per cui tutti si attendono un rally delle borse. L’ipotesi in contraddizione rispetto agli obiettivi della Bce, visto che sulle T-Ltro ha deciso di effettuare le T-Ltro vincolando il rifinanziamento delle banche all’erogazione di credito all’economia reale escludendo i mutui immobiliari per evitare bolle nel comparto. Non avrebbe niente a che vedere nemmeno con l’obiettivo fin qui dichiarato da Francoforte di voler intervenire anche con mezzi non convenzionali per evitare la tendenza alla deflazione. L’ipotesi di utilizzare il QeE per dare agli operatori tanta liquidità in eccesso da impiegare nel carry trade coglierebbe solo in parte la prospettiva di contrastare la deflazione.
L’euro si aggiungerebbe buon ultimo allo yen, al real brasiliano e al rublo, che per motivi diversi hanno già svalutato: se in teoria ne beneficerebbero direttamente le aziende esportatrici europee, in primis quelle della Germania che ormai ricava l’intero avanzo della bilancia corrente dalle relazioni extra-Ue, basta però vedere cosa è successo di recente con la riduzione del prezzo del petrolio. È solo per questo motivo che il saldo con l’estero dell’Italia è migliorato, anche se i prezzi alla pompa sono rimasti quasi invariati: per i consumatori, quindi, non c’è stato alcun vantaggio. Al contrario, un aumento dei prezzi dell’import impoverirebbe ancora le fasce più deboli della popolazione europea. Si è già visto che i consumi cadono con l’aumento dell’Iva sui consumi, in Italia come in Giappone. Obiettivo della Bce è combattere la deflazione, ma non con artifici controproducenti: il Qe va congegnato in modo da inviare liquidità all’economia reale, spingendo la domanda interna. Il punto dolente è che mancano in Europa i meccanismi istituzionali con cui negli Usa si finanziano il Tesoro e quindi l’economia reale con la liquidità immessa dalla Fed. Essendo vietato anche a quest’ultima di finanziare direttamente il Tesoro, le emissioni di titoli sono inizialmente sottoscritte dai Primary Dealer (Pd). Questi li girano alla Fed, a fronte del versamento della liquidità corrispondente sui conti di questi operatori, e infine il Tesoro emette titoli sottoscritti dai Pd in cambio della liquidità. Siamo di fronte a un artificio che aggira legalmente il divieto. Solo la differenza tra la liquidità accreditata dalla Fed sui conti dei Pd e quella non ritirata dal Tesoro resta a disposizione per effettuare operazioni sui mercati. Un meccanismo molto simile a quello usato in Italia prima del cosiddetto divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, salvo il fatto che quest’ultima sottoscriveva direttamente l’inoptato dal mercato e pagava essa stessa con nuova liquidità le spese statali.
C’è poi la questione della retrocessione degli interessi sui titoli acquistati dalla Bce: nel 2013 la Fed è stato il principale contribuente del Fisco, avendo versato ben 77,7 miliardi di dollari, al netto di spese e commissioni, derivanti dalla detenzione di titoli pubblici e dalla loro negoziazione sul mercato aperto. Avveniva lo stesso in Italia. Ma oggi, il meccanismo tutto da costruire.
In Italia ci sono già operatori specializzati sul debito pubblico. Poste Italiane paga le pensioni e altre spese per conto dello Stato, spesso anticipando le disponibilità del bilancio statale e dell’Inps. Inoltre, essendo ancora di proprietà pubblica e detenendo una quantità molto rilevante di titoli di Stato a fronte del risparmio postale, Poste potrebbe cedere alla Bce una quota notevole di tali immobilizzi, per finanziare i progetti di sviluppo della Banca per il Mezzogiorno e le emissioni della Cdp. Se si vuole attivare anche in Italia il Qe con l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, occorre definire meccanismi e canali necessari affinché la liquidità fluisca davvero all’economia reale. Bisogna decidere se è meglio aumentare investimenti, redditi e occupazione, o innescare una bella fiammata delle borse. Tutti lo vogliono, ma per ora il Qe è un mistero.
Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 29/11/2014