Beatrice Borromeo, il Fatto Quotidiano 29/11/2014, 29 novembre 2014
L’INVASIONE DELLE BANCONOTE FALSE DA 20 EURO
Milano
La fabbrica del falso lavora a pieno ritmo per sfornare centinaia di migliaia di “magliette, fuochi d’artificio e bidoni di pittura”, come vengono chiamate nell’ambiente le banconote contraffatte. Nel primo semestre del 2014 la Banca d’Italia ne ha scovate più di 74 mila soltanto da noi (il 6,5 per cento in più rispetto all’anno prima) e la Banca centrale europea ne ha ritirate 331.000 negli altri Paesi della zona euro. La grande maggioranza delle zecche clandestine , come testimoniano anche gli ultimi arresti, si trova nel cuore della Campania: è un mondo abitato da artisti e criminali, e regolato da leggi ferree.
“Il falsario è l’elemento centrale e possiede eccellenti qualità professionali che spesso sono tramandate in famiglia, di generazione in generazione”, spiega al Fatto il tenente colonnello Alessandro Langella, capo dell’ufficio operazioni della Guardia di Finanza di Napoli. Il livello tecnico e di precisione richiesto è molto alto, e dunque impone “persone che hanno un background nel settore tipografico e, come hanno dimostrato diversi studi, anche una spiccata vena artistica”. Per compiere tale attività – aggiungono i Carabinieri – occorrono anni di esperienza e una tendenziale stabilità territoriale dei luoghi di produzione”. Giancarlo, ex grafico condannato a quattro anni di reclusione, è riuscito a stampare 400mila euro nel giro di due anni: “L’idea mi è venuta perché avevo provato a fare una stampa e mi era venuta davvero bene”, ha raccontato qualche tempo fa a Le Iene. Per costruire una piccola zecca bastano materiali acquistabili online: “Un telaio di serigrafia per la filigrana, lucidi che puoi far fare in qualsiasi officina fotografica, nastri argentati, come matrice si usa una piastra che serve a dare lo spessore alla banconota” e così via. Ma questo mestiere non si improvvisa, e le organizzazioni che la Banca centrale europea tanto teme sono molto più organizzate di così.
Le stamperie si trovano in luoghi spesso isolati (anche acusticamente) e perfettamente allestiti con macchinari molto costosi in grado di produrre banconote di buona qualità (non ottima, perché costerebbe troppo, e l’obiettivo è massimizzare la produzione tagliando i costi). “Ne abbiamo sequestrata una a Tor Annunziata – racconta il tenente colonnello Langella – che era davvero una centrale del falso: non fabbricava solo banconote, ma anche biglietti per lo stadio e persino tesserini delle forze di polizia. L’investimento per mettere in piedi questi posti è enorme, per questo quando le troviamo diamo un colpo durissimo alle organizzazioni: il sequestro delle banconote è un danno molto relativo, perché si possono rimpiazzare in fretta”.
Come spiegano poi i Carabinieri, “le banconote false realizzate nelle stamperie clandestine giungono allo “spenditore al dettaglio” attraverso vari passaggi. La stampa di banconote false avviene in cicli di produzione: in periodi brevissimi si produce una quantità ingente di denaro falso”. Una volta prodotta, la valuta falsa “viene stoccata in depositi e poi immessa a trance nel circolo distributivo. Con l’assottigliarsi delle giacenze, viene poi pianificato ed effettuato un nuovo ciclo produttivo”. Poi intervengono i grossisti, che commissionano grandi quantità di denaro falso e le rivendono ai fornitori, che a loro volta le cedono (in cambio di soldi veri) agli smerciatori, anche noti come utilizzatori finali. Il vantaggio per questi ultimi è doppio: non solo acquistano i beni di consumo con le banconote contraffatte, ma ricevono anche “il resto” in valuta valida. E il costo della banconota falsa è molto basso: 2 euro per un biglietto da 20.
Spiega Langella che il denaro contraffatto – la banconota più comune è quella da 20 euro – viene “commercializzato laddove è più facile che venga accettato. Il bollettino semestrale del Ministero delle Finanze in questo senso è eloquente: l’area più colpita d’Italia è il Nord Ovest, e la Regione che batte ogni record di banconote false sequestrate è la Lombardia”.
Beatrice Borromeo, il Fatto Quotidiano 29/11/2014