Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/11/2014, 28 novembre 2014
PERISCOPIO
Oggi, per cercare di risolvere un problema, non ci si deve rivolgere ai partiti ma agli spariti, non alle facce note ma solo alle note. Alessandro Bergonzoni. Il Fatto.
Bastava avere più fiducia in quel popolo della sinistra, anziché trattarlo come fanno i genitori apprensivi con i figli che non capiscono e non conoscono. I militanti delle sezioni. I lettori de l’Unità. Quelli che riempiono le piazze, le assemblee e anche le urne. Di cui vi ricordate quando li chiamate a votare, a mobilitarsi per una mozione, una corrente, una Festa dell’Unità. Ma che avete lasciati soli con i loro miti arrugginiti, senza indicar loro una prospettiva nuova, un progetto di cambiamento che valesse per tutti loro, oltre che per il paese. No. Più comodo volare basso, muoversi nelle pieghe dell’eterna crisi italiana, aspettare che passi il tram del governo. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori, 2006.
Al primo approccio, il mondo israeliano presenta, talvolta quasi esasperandoli, i caratteri delle più evolute, spregiudicate società occidentali. Alle donne sono aperte tutte le carriere, dalla politica all’esercito; le ragazze fanno 20 mesi di servizio militare, pattugliano col mitra a tracolla, la minigonna è l’uniforme delle adolescenti, le edicole espongono al pubblico riviste di audacia svedese, i gay pride sfilano sulla costa. A Har Nof, nella sinagoga della recente strage, era raccolto l’altro Israele, quello pio, umile, religioso, scuro, la pancia del paese che si snoda fra i popolatissimi quartieri ultraortodossi, le periferie povere e devotissime, le colonie e i grandi quartieri della Gerusalemme sorta dopo il 1967. Giulio Meotti. Il Foglio.
Ma il Senato della repubblica, elemento forse sfuggito al presidente Grasso quando ha ricevuto la sorella di Cucchi e, da una foto, ha dedotto che Stefano è stato massacrato, proprio sul caso Cucchi ha votato il 17 marzo 2010 un documento XXII-bis n. 2. Tale relazione, relatrice la senatrice Albertina Soliani del Pd, è stata il frutto di una inchiesta nell’ambito della commissione sul Servizio sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino. A pagina 3 sul documento si legge testualmente: «Il signor Stefano Cucchi muore intorno alle ore 3 del 22 ottobre nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini per arresto cardiorespiratorio come evento finale di un grave squilibrio idroelettrolitico. La causa della morte è, infatti, secondo la relazione dei consulenti tecnici di cui si è avvalsa la commissione, l’instaurarsi di una sindrome metabolica iperosmolare di natura prerenale dovuta a una grave condizione di disidratazione. In particolare, secondo i consulenti, il decesso si deve allo squilibrio metabolico e soprattutto idroelettrolitico conseguente alla mancata assunzione di cibo e di liquidi in modo regolare e sufficiente. Non vi è alcuna relazione eziopatogenetica che collega il trauma alla sindrome metabolica. I consulenti tecnici ritengono si possa escludere, senza incertezza, che il decesso si debba alle conseguenze del trauma subìto. La sindrome dismetabolica e di squilibrio idroelettrolitico raggiunge un punto di non ritorno a partire dal quale non è più possibile correggere la sindrome attraverso la semplice assunzione di acqua, nella giornata del 21 ottobre. Carlo Giovanardi. Il Foglio.
Quando arrivi negli Scavi di Pompei hai l’impressione che i romani siano andati via da poche ore. È l’unico sito al mondo che può raccontare la vita quotidiana di duemila anni fa. È un fotogramma della storia. E io uso la penna come se fosse una telecamera, con la stessa voglia di esplorare, di scoprire. Inizio sempre con un volto di donna. In questo caso Rectina, una sopravvissuta. Realmente esistita come tutte le persone di cui racconto. Rectina è una nobildonna romana. Al momento dell’eruzione invia un sos al suo amico Plinio che comanda la flotta romana a Bacoli. L’ammiraglio parte subito con i quadriremi e tenta di salvare la popolazione. È il primo esempio di Protezione civile della storia. Purtroppo non ci riuscirà perché la costa e i fondali si deformano con l’eruzione e non riesce ad attraccare. Alberto Angela, I Tre giorni di Pompei. Rizzoli-Rai Eri.
Il giovane scrittore non deve pensare troppo al successo. Il successo è femmina. È come una donna. La tratti con disprezzo e lei ti segue bramosa. Ma prova a darle la caccia e allora ti disdegnerà. William Faulkner in Il gioco dell’apprendista di Alessandro Carrera. Medusa.
In realtà io volevo fare il cantante. Ho studiato per 12 anni da basso. Poi ho fatto altro, ma sono bravissimo a insegnare, e del resto i buoni maestri di canto raramente sono anche grandi cantanti. Mi basta mezz’ora per correggere i difetti di un allievo. Alexander Pereira, dal 1° settembre 2014 sovrintendente de La Scala. La Stampa.
Uscendo dalla prima del suo film Don’t look back gli chiesero: «T’è piaciuto il film?». «Mi sarebbe piaciuto di più se mi avessero pagato». Bob Dylan, New Yorker.
Quando la Vanda compì 18 anni si mise in testa di cercarsi un moroso. Non è che fino ad allora le fossero mancati i ragazzi. Ma erano tutti svelti con le mani e di poco senno, per cui la Vanda, che aveva idee molto chiare sugli uomini e sul come prenderli, aveva sempre lasciato perdere, limitandosi a distribuire qualche schiaffone ai più intraprendenti, soprattutto se erano brutti. Umberto Cavezzali, Gente del Po. Camunia.
Mia madre era analfabeta. Le ho insegnato a scrivere. Ho letto il suo testamento nella casupola sulla sponda del fiume Uso, dove eravamo sfollati al tempo del fronte. Così era scritto sul foglio nascosto nell’astuccio di cartone dei suoi occhiali da vista: «Lasio tutti i miei beni a mio marito da fare tutto quello che vole. Carabini Penelope ». A quel tempo mia madre possedeva dei vasi di fiori. Tonino Guerra in Rita Giannini, Tonino Guerra. Veronelli editore.
Oggi le disparità si sono troppo accentuate. I ricchi di una volta erano diversi. Ricordo una notte, avevo vent’anni, in cui, giocando a bridge in un tavolo di grandi industriali, perdetti una cifra che non avrei mai potuto pagare. Lo dissi, me la condonarono con un sorriso. Tornando a casa, ormai all’alba, trovai mia madre ancora in piedi che lavorava. In quel momento compresi la differenza tra vincere i soldi e guadagnarli sudando. E non l’ho più dimenticato. Giancarlo Majorino. poeta. Corsera.
Vorrei essere migliore di quel che sono. Ma senza esagerare. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/11/2014