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 2014  novembre 28 Venerdì calendario

IL TALENTO DI MONSIEUR MAILFERT


Tra i suoi maestri c’erano Gustave Flaubert e Guy de Maupassant. Lui invece si chiamava Maurice Leblanc, e nella prima metà del Novecento è stato uno scrittore di straordinario successo. Nato in Normandia nel 1864, si era fatto notare come autore di brevi storie, pubblicate su riviste popolari. E aveva appena compiuto 23 anni quando Arthur Conan Doyle pubblicava in Inghilterra la prima avventura di Sherlock Holmes, Uno studio in rosso. Il personaggio l’aveva affascinato, e aveva cominciato a costruire un suo modello, geniale come l’investigatore di Baker Street, ma diverso per stile e scopi che si prefiggeva: rubare ai ricchi, soltanto ai ricchi, rifuggendo ogni manifestazione di violenza.
La prima volta che Arsène Lupin appare in un racconto è il 1905, e le sue gesta tornano in numerosi romanzi, fino al 1937.
Lo strano mondo dell’arte
Un lungo preambolo per introdurre un personaggio contemporaneo al «ladro gentiluomo», capace di imprese truffaldino senza mai macchiarsi del sangue delle proprie vittime: il suo nome è André Mailfert, un incredibile falsario, la cui missione, come per tutti i falsari, è vendere con l’inganno, facendo credere che ciò che viene proposto sia un pezzo unico, insomma «vero».
Secoli fa, dietro a un’imitazione, non c’era sempre un crimine: per esempio, ai tempi di Aristotele, commerciare in copie era un’attività normale, e altrettanto avveniva per i pragmatici romani. Affascinati dalle creazioni greche, i cittadini di Roma trafficavano con un gran numero di riproduzioni, e noi dobbiamo ringraziarli, perché altrimenti non avremmo mai saputo di capolavori perduti dell’antichità. Come l’Amazzone di Fidia o il Discobolo di Mirone.
Ma è con il Seicento che decolla il fenomeno della falsificazione, spinto dal nuovo gusto per il collezionismo, anche se bisogna aspettare il 1735 perché in Inghilterra, per la prima volta, si stabilisca una norma per la protezione legale delle opere.
Nella metà del Settecento, il mondo dell’arte è attraversato dall’entusiasmo per gli scavi di Ercolano, e poi dall’opera instancabile di Johann Winckelmann, grande critico tedesco, capace tra tante intuizioni geniali, di prendere uno straordinario abbaglio. Succede nella prima edizione della sua Storia delle arti dei disegno quando descrive un «Giove e Ganimede» come un reperto dell’antichità classica, mentre in realtà è opera di un contemporaneo.
Lo stesso clamore suscita un fatto accaduto nel 1896, quando il Louvre annuncia di avere acquistato per 200.000 franchi, una corona in oro risalente al II secolo avanti Cristo. Ovviamente un falso di buona fattura, fabbricato 2000 anni dopo.
La prima occasione
È il 1904 quando André Mailfert acquista a Orleans una piccola bottega d’artigiano. Ha vent’anni, è determinato a fare fortuna, e intende perseguirla con l’abilità delle sue mani, «creando» suppellettili e mobili antichi.
La prima occasione capita quando gli è affidato, perché lo restauri, un barometro in legno dorato in stile Luigi XVI. Mailfert non si limita a svolgere l’incarico, ma costruisce un secondo oggetto del tutto simile al primo, esponendoli entrambi nella vetrina della sua bottega. Ci vuole poco prima che un collezionista «abbocchi», e compri il falso barometro a un prezzo esorbitante.
Il successo stimola André a cimentarsi con qualcosa di più complesso, vale a dire alcuni trumeau Luigi XV; riesce a venderli per un mucchio di franchi, il che lo porta ad alzare l’asticella. Così s’inventa due fratelli, che chiama Dorbois, e li fa eredi di un ricco patrimonio immobiliare. Purtroppo i due, nel racconto del falsario, erano incappati in disavventure economiche, e perciò costretti a vendere i pezzi d’artigianato più pregiati della loro collezione.
Con l’aiuto di un complice, Mailfert fa arrivare i pezzi da lui fabbricati in una cassa con stampigliato il nome di una piccola stazione ferroviaria del sud della Francia, e si offre come mediatore per la vendita: una cura per i particolari che rende l’intera vicenda del tutto credibile. Ciò che incassa in un anno gli permette di lasciare la bottega, e trasferirsi in un grande laboratorio dove inizia ad assumere operai e rappresentanti.
Occhio al dettaglio
Ma creare dal nulla e spacciare il falso per vero è un’impresa troppo rischiosa. Così André comincia a visitare le antiche dimore della città, alla ricerca di modelli da copiare; recupera poi il legname da vecchi mobili sfasciati, e propone agli antiquari «copie» di vetuste sedie e cassettoni. Sa che gli acquirenti li spacceranno per originali, guadagnandoci a peso d’oro, ma lui, che fabbrica ormai in serie, non commette più alcun crimine. Al più lo si potrebbe accusare di complicità in truffa, a patto di riuscire a dimostrare la sua malafede.
Tra l’altro ha un’incredibile attenzione per il dettaglio: è in grado di invecchiare qualunque oggetto, inventare strumenti in grado d’ingiallire, screpolare. Non dimentica mai d’infilare un piccolo foglietto di carta d’epoca ripiegato in quattro, a bilanciare un piano malfermo, o di sistemare tracce di polvere e lanuggine nel fondo dei cassetti. Talvolta, terminata la costruzione di un mobile, lo fa volare dal tetto del suo laboratorio per poi aggiustarlo con perizia. Piccolezze che rendono automaticamente «vissuta» la sua creazione.
Inonda il mercato con centinaia di pezzi, e poi realizza il capolavoro: un arazzo del XV secolo! Copiando lo stile di due vere opere d’arte, custodite nel museo di Cluny, fa tessere a mano il panno istoriato su un antico telaio di Aubusson, quindi lo sottopone a procedure d’invecchiamento che gli donano la patina dei cinque secoli trascorsi.
Lo vende per 35.000 franchi, scoprendo che l’anno successivo l’acquirente lo fa battere all’asta per 650.000.
Ma il vero colpo di genio deve ancora arrivare.
Il colpo di genio
La crisi del 1929 con il crollo di Wall Street mette gli Stati Uniti in ginocchio, e i suoi devastanti effetti coinvolgono le borse europee. Il denaro smette di circolare, e la ricerca di oggetti di lusso subisce una drastica contrazione. Perfino chi potrebbe permettersi le creazioni di Mailfert, prudentemente preferisce non far conoscere la propria disponibilità.
André però non si scoraggia, e dopo un momento di pausa, nel 1932, ecco il suo capolavoro: l’invenzione di una vera e propria corrente artistica mai esistita, che chiama «la scuola della Loira», e che piazza all’epoca della reggenza, vale a dire tra il 1715 e il 1723.
La scuola della Loira, sostiene Mailfert, si era proposta linee e modelli più semplici di quelli in voga all’epoca, e aveva avuto anche un fondatore, anche questi naturalmente mai esistito: Jean Francois Hardy. Ma come arriva André a scoprire la nuova scuola? È stato un colpo di fortuna, risponde il falsario. Anni addietro un suo operaio, poi caduto nella grande guerra, gli ha affidato in custodia un baule, che Mailfert ha dimenticato in un angolo della soffitta del suo laboratorio.
Del tutto casualmente ci si è imbattuto, e aprendolo ha trovato un tesoro: attrezzi, disegni, e persino un ritratto a olio di un austero signore. Nell’angolo in alto e a sinistra della tela c’era scritto: «Jean Francois Hardy, maestro ebanista, Tours, 1742». Naturalmente si trattava di un vecchio dipinto del 1850, opportunamente modificato.
Un successo mondiale
Non pago, e certamente divertito dalla truffa che sta mettendo in scena, André Mailfert decide di stampare migliaia di cartoline che riproducono il dipinto, e le distribuisce nelle principali città della Francia. Quindi riesce a convincere il Ministero delle belle arti a concedere il patrocinio per un seminario che tiene a Parigi su Jean Francois Hardy e la scuola della Loira.
Non fatica nemmeno a trovare critici d’arte entusiasti della scoperta, pronti, nella loro supponenza, a trasformare il verosimile in vero.
Soltanto nel primo anno dalla rivelazione al mondo dell’esistenza di Hardy e dei suoi discepoli, Mailfert riceve ordini per tre milioni di franchi, e sono almeno un centinaio, in tutti i paesi del mondo, gli antiquari che si propongono come «concessionari» delle opere della scuola per i loro clienti.
Andre Mailfert muore a 59 anni nel 1943. Piace pensare sia passato a miglior vita col sorriso sulle labbra, dopo anni trascorsi a mostrare i suoi talenti: creare e prendere per il naso gli allocchi. Senza mai mostrarsi troppo ingordo.
Per decenni le sue creazioni sono state valutate a peso d’oro, e i falsi della scuola della Loira sono stati venduti come originali.