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 2014  novembre 27 Giovedì calendario

D’AGOSTINO, IO L’UTILE ME LO SUDO

[Intervista] –
Il porno ha dato poche soddisfazioni a Roberto D’Agostino. E se la società Crazy boys viene messa in questi giorni in liquidazione volontaria, l’editore si consola però con i buoni risultati di Dagospia, la risorsa informativa online a contenuto generalista che si occupa di retroscena, e che anche nel 2013 ha assicurato 107 mila euro di utili, fatto unico nel panorama dei siti di informazione sul web, tutti in perdita.
Gli utenti unici al mese, nel 2014, sono aumentati di oltre un milione rispetto al 2013, e ora corrono oltre i 2,6 mln.
Forte crescita degli accessi da Milano, che ora pesa come Roma: il 22% ciascuno. Ovvero, il 44% delle sessioni su Dagospia, quasi la metà, è generato o dalla Capitale o dal capoluogo lombardo. Il 2014, comunque, a livello di fatturato, «è andato peggio del 2013. E io continuo a cercare soci di minoranza. Anzi», dice sorridendo D’Agostino, «faccio un appello: arabi, cinesi, russi, dove siete?».
Domanda. Quindi Dagospia ha un pubblico più milanese e più mobile: il 20% del traffico ora arriva da smartphone, il 17% da tablet e il 63% da pc_
Risposta. Sì, ora il 22% delle sessioni arriva da Roma, il 22% da Milano, e il 56% dal resto d’Italia. Nel 2013 non era così, Roma pesava il 26%, Milano il 16%. Credo che conti molto il fatto che aumentano gli accessi da smartphone, tablet e social. E questi strumenti, che presto rottameranno i pc, sono un po’ più usati nel Nord Italia.
D. Mi pare ci sia anche stata una strategia editoriale di Dagospia nel dare più spazio a notizie milanesi_
R. Maddechè. Le iniziative mirate non funzionano mai. E, come diceva Picasso, uno non cerca, trova. Ora ci siamo accorti che il traffico di Dagospia arriva un po’ di più dal Nord e cerchiamo di dare giustificazioni. Ma sono interpretazioni ex post. In realtà stiamo facendo molto pure su Napoli.
D. Nel 2013 Dagospia ha chiuso con un fatturato di 851 mila euro, in calo dell’8,3% sul 2012, e con un utile di 107 mila euro, giù del 51% rispetto all’esercizio precedente_
R. Beh, sfido chiunque a crescere in questi anni. Io già durante il 2013 piangevo miseria. Ma il 2014 è molto peggio del 2013. Da quanto tempo, ormai, ci dicono che il prossimo anno sarà migliore, e invece le cose vanno sempre male? Nel 2014 tutti gli investitori pubblicitari hanno tagliato i loro budget del 20-30%. I miei unici ricavi derivano dalla pubblicità (la concessionaria è la WebSystem del Sole 24-Ore, ndr). Di conseguenza, non c’è ottimismo sul futuro, e questo blocca tutto.
D. Va anche sottolineato che Dagospia produce utili da molto tempo, a differenza di tutti gli altri siti di informazione che invece perdono soldi da sempre_
R. Perché io lavoro 10 ore al giorno. Quante trombate avrei potuto fare, quanto bordello, invece di stare qui tutti i giorni a scrivere una marea di cacchiate. Ma 15 anni fa ho preso questa decisione. Non ne potevo più di direttori e capiredattori che non sapevano nulla, non capivano niente. Sono diventato padrone di me stesso. Io ho avuto ragione, loro sono stati licenziati. Dagospia si è affermato pur non avendo dietro nessun grande giornale.
D. Lo scorso anno ha iniziato ad arricchire la sua redazione con arrivi di un certo peso. Le piacerebbe proseguire con questa espansione?
R. Ora siamo in sei, me compreso. Certo che mi piacerebbe. Ma, in tutta sincerità, io non so quanto incasserò di pubblicità in gennaio o in febbraio. L’unica certezza che ho è che dovrò preparare le buste paga ai miei dipendenti. Perciò_
D. In questi giorni è stata messa in liquidazione volontaria la società Crazy boys, fondata nel 2003 e controllata al 100% da Dagospia. Come mai?
R. Crazy boys si occupava della iniziativa Dagosex. Anni fa volevo sviluppare questo progetto sulla cultura erotica, pescando nel mondo delle inserzioni, delle case di produzione del porno. Ma è andata male, sono partito troppo tardi, ormai il mercato del porno era stato del tutto disintermediato da Youporn e affini, e nessuno faceva pubblicità su Dagosex. È stato un fallimento, Crazy boys era sostanzialmente inattiva, e abbiamo preferito chiudere tutto per evitare di pagare per niente ogni anno il commercialista.
D. Lei controlla il 95% di Dagospia. Prosegue nella ricerca di soci di minoranza?
R. Certo. Il fatto è che non se ne trovano. Ma io la maggioranza non intendo mollarla. Comunque mi aiuti, facciamo un appello: cerco un arabo, un russo, un cinese che abbia voglia di investire in Dagospia. Che tanto solo loro, di questi tempi, possono investire qualcosa.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 27/11/2014