Massimo Caputi, Il Messaggero 22/11/2014, 22 novembre 2014
«UN CALCIO AL VECCHIO CALCIO»
ROMA All’indomani delle prime importanti riforme decise in Consiglio Federale, Carlo Tavecchio è soddisfatto per il primo periodo di lavoro, e conferma la voglia di rifondare e rinnovare il calcio italiano.
Come sono stati questi tre mesi di presidenza?
«Duri e interessanti perché mi cimento in una nuova esperienza rispetto a un mondo, quello dei Dilettanti, dove era tutto organicamente impostato. Ora il palcoscenico è diverso ci sono tante componenti, soprattutto le Leghe che influiscono sulle scelte con i loro uomini e le loro esigenze».
Di fatti ne sono accaduti tanti
«Il più importante è stato prendere Antonio Conte. Dovevamo intervenire e in fretta. Il primo bilancio è più che positivo: 5 vittorie e 1 pareggio, con la creazione di un nuovo parco giocatori tra giovani e più esperti. Il ct sta creando una filiera, è il coordinatore tecnico delle nazionali e ancora non è entrato nel merito di tanti aspetti che pian piano dovrà riorganizzare».
C’è stato poi il taglio dei contributi da parte del Coni.
«Sfido qualunque azienda, privata o pubblica, a un mese dal bilancio di previsione, a sostenere un taglio di 25 milioni di euro. Se non avessimo fatto l’operazione Conte con lo sponsor ora saremmo in giro con il cappello per chiedere soldi. Siamo stati, diciamo, fortunati».
Anche alla luce dell’ultima sfuriata, com’è il rapporto con Conte?
«Ottimo mi rende partecipe di tutto. Mi ha chiamato anche prima di convocare Balotelli, valutandone l’opportunità. A noi risulta che abbia avuto un problema fisico, peccato».
L’impressione è che Conte non gli darà un’altra chance.
«Dovete chiederlo a lui...».
Comunque le dichiarazioni di Conte dopo l’Albania sono state forti.
«È stato uno sfogo legittimo. Impensabile che, in previsione di una partecipazione all’ Europeo, non si abbiano contatti con i calciatori per 4 mesi. C’è disponibilità della Lega di Serie A ad avere un confronto e la prossima settimana ci sarà un incontro per trovare una soluzione».
Non le sembra che tra Conte e la Juventus ci sia qualche contrasto?
«Non ho elementi per giudicare. Sta nelle cose che ci sia un pò di rancore quando si lascia un posto per un altro, non sempre tutto fila liscio. Tra il distacco dalla Juventus e l’arrivo in nazionale è passato poco tempo. Sono persone per bene e mi auguri non si speculi su questo».
Agnelli è stato uno dei suoi più strenui oppositori
«È stato più di un oppositore. Comunque c’è poco da discutere, il consenso del Presidente federale è elettorale, non è una nomina. Chi vince l’elezione governa, che sia adeguato o inadeguato, come ha affermato lui».
Parliamo di riforme, non tutti hanno compreso bene quella sugli extracomunitari.
«La premessa è che il tetto Coni di 40 non è stato toccato. Il nostro obiettivo era azzerare l’import/exoprt di calciatori non qualificati. Su questo anche l’Associazione calciatori non ha avuto nulla da ridire. Non si nega la possibilità di un terzo extracomunitario ma a patto che sia qualificato, tenendo conto del fairplay finanziario e quindi del pareggio di bilancio e il tetto alle rose a 25. Ci sono dei paletti ben chiari. Ma c’è anche altro che non è stato compreso».
Si spieghi.
«Il problema finanziario con il Coni. Abbiamo aperto una strada nuova, liquidizzando delle partite che erano a scadenza realizzandole nell’immediato».
A proposito come va con Malagò ?
«Il rapporto è buono ma devo prendere atto che il provvedimento è stato per noi troppo tempestivo. A prescindere dagli uomini che rappresentavano la Federazione non la si doveva escludere dalla decisione, come invece è stato fatto. Ci siamo trovati isolati, ero solo contro 44. Quindi bisognerà lavorare per impostare il futuro, già da lunedì prossimo mi confronterò con la commissione apposita ed esternerò le mie preoccupazioni. Sono comunque ottimista, studieremo tutte le prospettive per recuperare soldi».
Qualche esempio?
«Già il confronto con il nuovo advisor è stato proficuo, il brand della nazionale è in crescita e, soprattutto, l’utilizzo dei marchi e dei nostri risultati per le scommesse. Il professore Uckmar ha detto che ci sono dei margini per un parere pro veritate, ottenuto questo prima di tutto tratteremo. Il modello potrebbe essere quello francese».
Le riforme riguardano il calcio professionistico, per rifondare bisogna però partire dalla base. Cosa intendete fare?
«La prima scadenza riguarda il settore giovanile e scolastico. Dobbiamo individuare una persona che abbia competenze e che se ne occupi a tempo pieno. Poi è fondamentale che il settore tecnico di Coverciano dia gli indirizzi strategici sul calcio italiano. Credo poi molto nei centri di formazione federali, attualmente ne abbiamo 6 operativi. Anche in questo caso il Centro Tecnico è fondamentale nell’individuare chi sul territorio organizzi l’attività. Inutile avere i centri senza un coordinatore tecnico».
C’è tanto lavoro, in questo momento bisognerebbe fare squadra. É difficile immaginarlo quando si pensa alla Lega di A.
«Le posizione sono chiare ma se non trovano un equilibrio le difficoltà si riverberano a tutto il sistema. Mi auguro che i contendenti, tanto per non fare nomi Lotito e Agnelli, trovino una prospettiva di compromesso onorevole per entrambi, portando la Lega a una pax produttiva».
A proposito di Lotito...
«Dico subito che Lotito non lo conoscevo se non attraverso il Consiglio Federale. Quando si è aperto la questione elettorale è venuto lui da me, spontaneamente, spiegandomi quale era la situazione in Lega. In quel contesto abbiamo riscontrato interessi convergenti. Piaccia o no Lotito ha delle competenze».
È una presenza ingombrante?
«Non lo è, ha un suo stile, anche se particolare. Lotito ha grandi conoscenze sul calcio professionistico, fino ad ora ci siamo occupati delle riforme di questo mondo, ovvio che abbia avuto una posizione molto attiva. Quando toccheremo il mondo dilettantistico ci penserò io».
A lei e Lotito viene rimproverata una comunicazione non sempre azzeccata, da Opti Oba fino all’altra sera su La Sette, con la gaffe su i ”cosi” fatta dal presidente della Lazio.
«Lotito è un estroverso, in questo ci assomigliamo. In questo paese abbiamo grandi maestri che parlano ma i fatti non li conoscono. Mi spiace parlare di ciò che faccio ma in questi giorni sto organizzando un sistema di collegamenti tra il Togo e il Burkina Faso. Paesi che sono al livello della sussistenza al quale stiamo dando soccorsi economici e medici. I ”cosi” sono i ragazzi che ho in adozione, non posso pensare a cosa dicono gli altri, devo già farlo su quello che mi riguarda».
Come il Venezuela al posto dell’Uruguay?
«Ma non scherziamo. Ho avuto un amico con me per 5 giorni che veniva da quel paese e mi ha parlato talmente tanto del Venezuela che mi è rimasto in testa facendomi confondere. Credo che tutti abbiano capito. L’importante è fare, più che parlare».
Insomma più sostanza che forma. A tale proposito, come non parlare di stadi?
«Mi auguro che si capisca che più che costruirne di nuovi bisogna sistemare quelli che già ci sono. Vorrei capire come nello sport investimenti di 500/600 milioni di euro possano essere remunerativi. Non credo in stadi autosufficienti, si tratta di operazioni di speculazione immobiliare. In Italia ha fatto il suo tempo».
E la violenza che caratterizza le nostre partite?
«È un fatto culturale. Bisogna partire dalle scuole dove non s’insegna più educazione civica. E poi parliamo dei genitori. La devono smettere di vedere nei figli quello che non sono riusciti a realizzare portandoli all’agonismo esagerato sui campi da calcio. Poi c’è un problema di ordine pubblico, di garanzia della pena, senza questa è difficile da limitare».
I prossimi obiettivi?
«Tra tutti dico il calcio femminile. Mi sta molto a cuore e sto lavorando per abbinare le squadre a quelle di serie A, servono modelli d’immagine e di comunicazione, e faccio un grande in bocca al lupo alla nostra nazionale impegnata in Olanda»