Giacomo A. Dente, Il Messaggero 22/11/2014, 22 novembre 2014
MENÙ AD ATMOSFERA ZERO
Domenica 23 novembre, ore 22,01 italiane e la prima donna italiana, Samantha Cristoforetti volerà nello spazio per l’Agenzia Spaziale Europea. La base, la mitica Bajkonur in Kazakhstan, è la stessa dalla quale lanciò la sua sfida Yuri Gagarin nell’ormai lontano 1961. Tanti i profili scientifici dell’impresa, ma non va trascurato anche un aspetto che, a prima vista potrebbe essere considerato marginale, e che invece rappresenta una felice sintesi di tecnologia e alta gastronomia in altissima quota. Ai tempi dell’astronauta russo non si andava infatti al di là di qualche triste tubetto dove erano concentrate delle paste di carne e cioccolato per il piacere goloso degli astronauti. Oggi invece le cose sono cambiate profondamente. Innanzitutto i trasvolatori dello spazio possono personalizzare in maniera incisiva la loro dieta (che viaggia intorno alle 2000 calorie al giorno). In secondo luogo, nei tre pasti quotidiani (più snack) previsti, la scelta spazia tra un centinaio di piatti compresa la disponibilità di salse classiche come senape e ketchup (sale e pepe sono disponibili, ma solo in forma liquida).
Chi pensa alla confezione degli alimenti “spaziali” è un’azienda super tecnologica di Torino, la Argotec, da tempo tra i grandi leader di settore che, negli ultimi tempi, si è affidata a uno chef sensibile e innovatore come Stefano Polato. Padovano, titolare del Campiello, un grintoso ristorante a Monselice, questo simpatico trentenne ama citare come suo ispiratore il raffinato Anthèlme Brillat-Savarin l’autore, al tempo della restaurazione, della celebre Fisiologia del Gusto. È infatti a un suo principio che si è voluto ispirare e cioè che in cucina la felicità è un dovere, dove con felicità si intendono gusto, benessere, salute, amicizia, ospitalità.
BONUS
Dai piatti di forno a legna alle invenzioni principalmente a base di pesce del suo Campiello di Monselice, Polato si è concentrato ora sui “bonus-food” (i cibi che gli astronauti hanno diritto di chiedere) di Samantha, mirando da una parte al suo benessere psicofisico e dall’altro a sfruttare l’occasione per proporre alimenti sani derivati da metodi di cottura che abbiano un impatto non invasivo e consentano una durata di almeno 18-24 mesi. Bisogna infatti pensare alla salute, allo stare bene degli astronauti, ma anche tenere conto del fatto che non ogni cosa può essere mandata nello spazio. I requisiti della Nasa sono rigidi: piccolo ingombro, stabilità, sterilità, semplicità nel preparare, aprire, consumare. Come se ciò non bastasse sono vietatissime le briciole: basta immaginare l’effetto di tutto un pulviscolo alimentare in orbita nella navicella! Altro requisito, oltre a quello di lavorare, se possibile, su sapori nazionali che aiutino gli astronauti a sentirsi meglio, senza dimenticare anche aspetti non marginali come i colori. Per Samantha Cristoforetti si preparano frutta, pesce, carni bianche trattate con tecniche innovative di termostabilizzazione e di liofilizzazione proprio per corrispondere a quei criteri di gestibilità e conservazione indicati dalla Nasa e ora impiegati anche fuori dallo spazio in molte imprese estreme legate al mondo della vela. Niente da fare invece per la pizza, orgoglio del Campiello di Stefano Polato. In compenso il repertorio dello space food si arricchisce di un piacere tutto tricolore. È in arrivo infatti ISSpresso, un progetto studiato da Argotec e Lavazza per fornire alle navicelle un vero e proprio “caffé spaziale”.