Gianpaolo Iacobini, Il Giornale 23/11/2014, 23 novembre 2014
SE IL DIVO DI HOLLYWOOD FA IL FURBO DEL QUARTIERINO
Il pasticcio del re. L’attore inglese Colin Firth deve demolire. Non gli avversari di guerra, ai quali si rivolgeva vestendo i panni di Giorgio VI nel celebre «Il Discorso del re», bensì un capanno. Quello tirato su ancor prima di ricevere le dovute autorizzazioni. Nulla di penalmente rilevante, ma le censure mosse dal Corpo Forestale dello Stato e dal Comune di Città della Pieve confliggono con l’aura di eroe del senso del dovere guadagnata sul set dalla star d’Oltremanica, commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico ma già italiano verace, come dimostrò a maggio in un’intervista al Time online, sciorinando con classe l’elenco delle parolacce imparate in Italia e dissertando sulle derivazioni della celebre citazione del generale Cambronne. Adesso, l’accusa di aver ceduto al vizio - italicissimo - del libero pensiero urbanistico.
Nell’ordinanza emessa dal Municipio umbro la ricostruzione della vicenda. Tutto comincia nel 2009, quando l’azienda «Il Giuggiolo», affittuaria dei terreni dell’attore e della moglie italiana, ottiene di costruire un locale ad uso agricolo. Nel 2011 si richiede il via libera ad un aumento di superficie e ad una diversa ubicazione del fabbricato. Gli uffici autorizzano, ma dalle foto aeree ci si accorge che in realtà l’immobile aveva già preso forma. I tecnici dei coniugi Firth hanno provato a spiegare, ma preso atto che «i titoli abilitativi sono stati basati su falsa ed errata documentazione e rappresentazione dello stato dei luoghi fornita dai privati«, nei giorni scorsi il Comune ha intimato la demolizione.
Probabilmente, la partita si sposterà ora al Tar. È invece al vaglio dei giudici penali la storia delle violazioni edilizie di tanti altri vip stranieri che hanno eletto il Belpaese a buen retiro. Per dire: dopo il sequestro giudiziario, a luglio il Comune di Arzachena ha intimato l’abbattimento di parte di villa Armony, nella disponibilità dell’ex attrice Edy Vessel, volto dell’«Otto e mezzo» di felliniana fattura. La fascinosa Zeudi Araya in Tribunale c’è finita come parte civile, per gli illeciti urbanistici consumati in maniera truffaldina da terzi sui suoi terreni. Ad aprile, invece, nel registro degli indagati è stato iscritto il nome della cantante Amii Stewart, per i presunti abusi edilizi perpetrati a Cala di Volpe. Come lei Gertrude Swarosky, la regina del cristallo, per le modifiche apportate alla sua villa di Porto Rotondo. Esempi da una lista infinita, che insinua un dubbio per quanto è lunga: o l’Italia è la patria dei cavilli, che rovina la vita pure ai santi, oppure il Bengodi dei fanti. Anche dei più famosi.