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 2014  novembre 22 Sabato calendario

«NOI, CONVERTITI A FORZA CON IL TIMBRO DELL’ISIS»

«Di diventare musulmano. Se rifiuti la conversione ti ammazziamo e violentiamo tua moglie. La figlia la diamo in sposa ad un mujahed» era l’ultimatum lanciato dal capobanda del Califfato ad Adel Karim Issa, un cristiano che porta il nome arabo di Gesù. L’odissea della famiglia irachena colpevole solo di credere in Cristo inizia il 7 agosto, il giorno dopo la caduta della loro cittadina, Qaraqosh, nelle mani dello Stato islamico. Della conversione forzata resta un documento incredibile: l’editto del giudice del Califfo che la riconosce cambiando i nomi dei figli da cristiani a musulmani su carta intestata con la bandiera nera dei tagliatole della guerra santa.
Il 7 agosto Karim Issa, la moglie Fida Petros Matti ed i loro tre bambini sono in fuga assieme ad una quarantina di cristiani verso il Kurdistan. Davanti alla chiesa di Santa Barbara i barbuti dello Stato islamico hanno piazzato un posto di blocco. «Se non tornate indietro vi sparo» intima uno dei miliziani. I bambini scoppiano a piangere, le donne chiedono pietà per i figli, ma in tutta risposta i cristiani vengono derubati e rimandati a casa.
Per una dozzina di giorni la famiglia di Issa vive barricata fra quattro mura fino a quando una volante islamica non tira giù la porta. I tagliagole puntano le armi alla testa dei bambini per farli dire dove sono rimasti i pochi risparmi e se il papà ha armi in casa. Poi inizia l’odissea. «Nella retata finiscono una settantina di cristiani e dividono subito gli uomini dalle donne. Poi cominciano a dire che dobbiamo pagare la tassa islamica di protezione o convertirci» racconta Fida Petros, capelli rossi e sguardo triste. Alla fine non vogliono soldi, ma solo che i cristiani ripudino la loro fede: «Con altre tre donne non cedo e mi trasferiscono a Mosul - racconta la coraggiosa cristiana - La minaccia è che se non mi converto uccideranno mio marito e daranno mia figlia in sposa ad un mujahed». Le donne vengono tenute in ostaggio in una casa sequestrata ai cristiani vicino al college della «capitale» irachena del Califfo: «C’erano anche 13 ragazze yazide (una minoranza considerata pagana dall’Isis nda) fra i 10 ed i 18 anni - ricorda Fida Petros - Le sentivo urlare di notte quando le violentavano e le portavano via per matrimoni forzati con i terroristi».
La cristiana teme che sua figlia di 10 anni possa fare la stessa fine. Abu Ibrahim, il capoccia che gestisce la casa delle donne in ostaggio non ha dubbi: «Siamo venuti per spazzare via la cristianità da queste terre musulmane. Per queste dovete convertirvi tutte». Il marito cede di fronte alle terribili minacce di rappresaglie sulla famiglia: «Il loro capo, Haji (colui che è andato alla Mecca, nda), mi intimava di diventare musulmano ricordando che ho una bella moglie ed una figlia così giovane. - racconta Issa - Non potevo darle in pasto a questi lupi e ho accettato per salvarle».
Quando le dicono che il marito sta già pregando Allah la moglie cede. Pochi giorni dopo la coppia viene portata davanti al giudice del Califfo. Fida è coperta come un fantasma nero dal niqab, il velo integrale: «Ci fanno ripetere i loro precetti e la professione di fede islamica in nome di Allah clemente e misericordioso» spiega il marito. Alla fine li consegnano un documento con la bandiera nera dell’Isis, datato 31 agosto, che attesta la loro conversione. Secondo l’editto i due poveretti «hanno ripetuto anche la seconda shah? professione di fede islamica, nda)» secondo cui «Gesù è schiavo di Allah». Non solo: si certifica che la coppia non «ha più alcuna relazione con gli adoratori di Cristo». Issa sottolinea l’aspetto più ripugnante: «Hanno pure cambiato i nomi dei nostri figli da cristiani a musulmani in Aisha, Mohammed e Abdul Rahman».
La coppia si piega, ma non si spezza. Grazie a dei familiari fuggiti in Kurdistan paga 450 dollari ad un taxista musulmano compiacente. Il documento che certifica la conversione serve a passare i posti di blocco facendo credere che uno dei figli sta male e devono portarlo all’ospedale di Kirkuk in zona controllata dai peshmerga curdi: «Così siamo scappati. Uno dei nostri preti ci ha assolti facendoci tornati cristiani come la nostra gente è sempre stata da duemila anni» spiega Issa. Adesso, però, la famiglia convertita a forza ha paura: «Vogliamo andarcene negli Stati Uniti per evitare la vendetta del Califfato. Se fossimo tornati alla nostra fede ci avrebbero scovato e ucciso in nome dell’Islam».
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