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 2014  novembre 22 Sabato calendario

RIEDUCAZIONE FINITA: I GAY RIAMMETTONO LA BARILLA IN SOCIETÀ...

Il Mulino Bianco è diventato Mulino Arcobaleno. E tutti vissero felici e omosessuali. La rieducazione in stile lesbo-cambogiano è compiuta: l’azienda che un anno fa era finita nel mirino del potere Lgbt (gay, lesbian, bisexual, trasgender) per una innocente e vituperata battuta alla radio del suo presidente, ora vince il premio come azienda più rispettosa del mondo in fatto di diritti omosessuali. Ha ricevuto il massimo del punteggio (100 su 100) nel Corporate Equality Index, la classifica delle imprese più gay friendly del pianeta stilata dalla Human Rights Campaign, braccio armato del polpottismo in salsa Lgbt. Sic transit gloria spaghetti: dove c’era Barilla, una volta c’era casa. Adesso, invece, c’è casa Platinette. Tutto cominciò l’anno scorso, lo ricorderete senz’altro. Guido Barilla fu travolto dalla bufera per una frase per la verità del tutto condivisibile. Aveva detto infatti che, rivolgendosi la sua azienda alle famiglie tradizionali, lui non avrebbe scelto omosessuali come protagonisti dei suoi spot. Non vi pare normale? Un imprenditore non può scegliere chi vuole per le sue pubblicità, visto che le paga di tasca sua? E come mai nelle réclame si può vedere di tutto, draghi, mostri, vampiri, donne nude, ma non una famiglia tradizionale? Mamma-papà-due figli sono forse diventati un tabù? Un oggetto scandaloso? Pare di sì. Infatti, apriti cielo: montata ad arte da quei furbastri della Zanzara radiofonica, la polemica divampò dappertutto. Partì il boicottaggio internazionale. E la Barilla rischiò di fare la fine di un piatto di trenette al pesto. Poche trenette e molto pesto. Così, per sopravvivere, il cavalier Guido della pasta ha dovuto abiurare e ritrattare tutto pubblicamente, secondo il rito della Santa Trans-Inquisizione. «Ho capito che sbagliavo», ha detto a più riprese, anche per iscritto. E si è docilmente sottoposto al programma di rieducazione, lezioni intensive e formulette da mandare a memoria come fosse un omo-catechismo. Com’è la famiglia? La famiglia è quella omosessuale. Mamma e papà? Parole da abolire. Fiocco azzurro e fiocco rosa? Guai a chi li espone. Il genere? Non esiste. I figli? Li porta la Cicogna Fecondazione. Giri un film? Il protagonista è gay. Fai una fiction? La protagonista è lesbo. Fai la pubblicità? Il protagonista è trans. Sostieni l’esistenza di forme di vita familiare tradizionale? Sei da rottamare. Alla fine del percorso rieducativo Barilla ha sottoposto l’azienda all’esame finale. E siccome tutto quello che fanno, dalle parti di Parma, lo fanno piuttosto bene, non solo hanno superato l’esame ma si sono piazzati al primo posto su 781 società concorrenti. Persino il Washington Post si è commosso: «Mai visto un recupero così». «Dietro non si torna», pare abbiamo assicurato alla Barilla. Non prima di essersi assicurati, con il dovuto timor gay, che «dietro» non fosse una parola omofoba. E se vi pare strano che un’azienda, per poter vendere pasta nel mondo, debba sottoporsi al giudizio della commissione lesbo, ultrapotere dell’Internazionale Neutra, beh non avete ancora sentito quello che la Barilla ha dovuto fare per poter essere ammessa all’esamino. In un anno infatti è stata costretta a: a) estendere i suoi benefit sanitari in modo da includere il “transgender related care”; b) istituire un “diversity training” a cui saranno obbligatoriamente sottoposti tutti gli 8mila lavoratori; c) allargare le politiche anti-discriminazione per tutelare i transgender; d) aderire a Parks, associazione no profit che aiuta le aziende ad essere amate dai gay; e) assoldare come consulente David Mixner, lobbista e attivista per i diritti civili, nominato da Newsweek il gay più potente d’America e f) fare una donazione alla Tyler Clementi Foundation, organizzazione che difende i ragazzi gay dai bulli. Ci mancava solo l’obbligo di ospitare il Gay Pride nel Mulino Bianco e poi l’operazione sarebbe stata completa. A leggere l’elenco delle pratiche penitenziarie e rieducative, fra l’altro, viene un dubbio: a Parma, con tutto il tempo dedicato a essere buoni gay, avranno trovato il tempo di fare anche buoni maccheroni? Per fortuna sono bravi, lo ripetiamo. Ma viene il sospetto che i prossimi lanci sul mercato, per mantenere la classifica Lgbt, saranno i fusilli al sugo di lesbo o biscotti assortiti viado. Senza contare che, sia detto con trans-rispetto, le ultime prestazioni richieste alla Barilla dalla commissione rieducativa (quelle dei punti d, e e f) sembrano attenere più alle pratiche di taglieggiamento che al tema dei diritti civili. Ma insomma: per non essere boicottati a livello internazionale bisogna pagare il consulente sponsorizzato dalla lobby? E aderire alle loro associazioni? E versare contributi alle loro fondazioni? Lo chiameranno pure Corporate Equality Index, perché fa molto trendy, ma mi pare che assomigli molto all’italianissimo pizzo… Attenti, però: siccome tra un po’ anche il solo sposarsi con una donna sarà considerato un gesto intrinsecamente omofobo, tutti voi potreste finire come gli imprenditori di Parma in un campo di rieducazione gay. Potreste essere taglieggiati nel portafoglio e riprogrammati nel cervello, fino a quando non ammetterete: «Chiedo scusa! Avevo sbagliato! La famiglia tradizionale è una menzogna della mentalità borghese e il matrimonio è solo gay!». Se vi può tranquillizzare Guido Barilla, che ci è passato, adesso si dice felice. Lo hanno premiato con il primo posto nella classifica Lgbt. E gli hanno dato il compito: preparare il famoso spot con gli omosessuali, quello che osò negare alla Zanzara. Per ora ha fatto solo alcune prove su Internet. Ma i rieducatori internazionali assicurano che è solo questione di tempo. Nel caso sarebbe già pronto il testimonial: «La buona pasta non è un lusso. È di più: una Luxuria».