Monica Guerzoni, Corriere della Sera 23/11/2014, 23 novembre 2014
BOSCHI: «IL SENATO? SE SI VOTA PRIMA C’È IL PROPORZIONALE DELLA CONSULTA»
ROMA «La palude? È proprio il contrario...».
Ministro Maria Elena Boschi, siete già nel pantano? Il consenso cala e aumentano le tensioni sociali.
«Consenso in calo? Può darsi. I sondaggisti lo dicevano anche prima delle europee, poi abbiamo visto come è andata. Ci sono tensioni, che non sottovalutiamo. Ma ci sono perché stiamo cambiando davvero, dal lavoro alle istituzioni, dal fisco alla giustizia».
Non teme il test elettorale in Emilia e Calabria?
«Non è un referendum per il governo, ma finirà 2-0 per noi».
Alla Camera cambierete la riforma costituzionale?
«Immagino modifiche, non stravolgimenti».
Il Patto del Nazareno è da rifare?
«No, grazie. Uno basta e avanza. Con Forza Italia c’è condivisione sui punti chiave dell’Italicum, certezza del vincitore e stabilità dei governi, fine del ricatto dei partiti più piccoli. Su altre questioni meno centrali, no. Ma sul resto Berlusconi ha dato la sua parola, che immagino valga più delle opinioni di Brunetta. Noi riteniamo che il premio alla lista garantisca il percorso verso il bipartitismo, ma penso si debba superare la discussione sul fatto che, senza una clausola che estenda la legge al Senato, il sistema non sia governabile».
I costituzionalisti sbagliano?
«I costituzionalisti sono tanti. Nessuno ha la verità in tasca. Ma avere una legge diversa tra Camera e Senato non sarebbe un inedito nella storia repubblicana».
A che vi serve la pistola carica, se non a votare?
«Per un fatto di credibilità davanti ai cittadini italiani e alle istituzioni europee.Il nostro orizzonte è di mille giorni. Andremo a votare nel 2018 dopo aver realizzato, prima possibile, un sistema che funzioni perfettamente. Una legge elettorale efficiente per la Camera e un Senato nuovo. Noi vogliamo arrivare a fine legislatura, ma se ci vogliono portare a votare, per il Senato c’è il Consultellum».
L’Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato?
«In altre occasioni si è votato con sistemi diversi tra Camera e Senato, maggioritario da una parte e proporzionale dall’altra. Il che non ha mai portato i costituzionalisti a dichiarare illegittima una legge. Al Senato si è sempre votato con i collegi uninominali e già la Costituente aveva previsto, in un ordine del giorno poi non recepito, che il Senato fosse eletto con il maggioritario uninominale e la Camera col proporzionale. Dunque il problema è politico, non tecnico. Ma se le riforme si fanno non ci sono rischi. Chi vuole prolungare la legislatura, come è giusto fare, non deve rinviare le riforme. Ma accelerarle. Se il Parlamento lavora, nessuno fermerà i motori».
Nessun rinvio, dunque?
«È una legge ordinaria, si può approvare prima ed è giusto farlo. Non vogliamo che tutta questa preoccupazione sull’Italicum possa essere giudicata da qualcuno come un pretesto per stare fermi».
Berlusconi vuole votare a Pasqua. E magari conviene anche a Renzi andare alle urne con il Consultellum.
«Berlusconi sta all’opposizione, sarebbe strano se non volesse votare. Ma Forza Italia non è in maggioranza e il Pd, che potrebbe avere interesse a votare subito, si è impegnato a finire il lavoro. Però non credo che, visti i risultati delle ultime tornate, Forza Italia abbia tutta questa voglia di votare».
Il Jobs act ha spaccato la sinistra e i sindacati attaccano.
«È un buon risultato essere arrivati a un punto di condivisione nel Pd. Il Jobs act non è solo l’articolo 18 eppure è l’unico punto sul quale i sindacati si concentrano. Il testo elimina diverse forme di precariato, estende gli ammortizzatori sociali, tutela la maternità. E vedo che le persone condividono».
Non la Fiom di Landini.
«Tutti possono sbagliare, anche Landini. È uscito in modo forte, poi si è scusato. Io credo sia giusto sdrammatizzare. E penso sia anche utile per noi. Vinciamo meglio sul merito che sullo scontro ideologico».
Per dare agli imprenditori la libertà di licenziare?
«Il Jobs act rende più flessibile il mercato in uscita, ma non è libertà di licenziare. Prevede reintegri per i licenziamenti discriminatori e per i disciplinari in alcune fattispecie, che saranno regolate nei decreti delegati».
Se Fassina e Civati non danno la fiducia saranno espulsi?
«Non darei per scontato che si metta la fiducia, tutt’altro. Io mi auguro che i voti del Pd siano compatti, ma non è che ci fermiamo se in un gruppo di oltre 300 deputati Fassina o altri, con tutto il rispetto, la pensano diversamente. Non è la riforma di Fassina».
Spera nella scissione?
«Mi auguro che non ci siano scissioni, però nessuno ha il potere di veto. Non possiamo penalizzare milioni di cittadini perché qualcuno decide di votare diversamente».
Sulla Stabilità è polemica.
«È una buona finanziaria, punta alla crescita e non solo al rigore dei conti. Il fondo per le emergenze nazionali è aumentato di 60 milioni e 130 ne sono stati aggiunti per il sostegno al made in Italy. Il bonus per le nuove nascite raddoppia per le famiglie sotto la soglia di povertà e ci sono altri 200 milioni per gli ammortizzatori sociali».
Un piatto di lenticchie, secondo la sinistra.
«Prima digiunavano, allora. Sono due miliardi e 200 milioni... Abbiamo tagliato il cuneo fiscale e, con gli 80 euro, dato ai redditi medio bassi quasi mille euro l’anno. Abbiamo ridotto di 18 miliardi le tasse, prima volta nella storia.
E le tasse occulte su Tfr e fondi pensione?
«Non sono occulte. Sui fondi pensione si passa dall’11,5% al 20%. Sul Tfr si lascia al lavoratore il diritto di scelta. E riduciamo le tasse sul lavoro».
Vi preoccupa la visita di Napolitano dal Papa?
«E perché mai? Ancora con le dimissioni del presidente? Deciderà lui se e quando rinunciare, mi auguro il più tardi possibile, al mandato che sta svolgendo con autorevolezza e generosità. Il resto lo affronteremo con senso delle istituzioni, quando sarà».