Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport 22/11/2014, 22 novembre 2014
PIOVACCARI, L’ATTACCANTE GIRAMONDO
Federico Piovaccari ha 30 anni, è di Gallarate e nelle ultime 5 stagioni ha giocato con Ravenna, Cittadella, Sampdoria, Brescia, Novara, Grosseto, Steaua Bucarest ed Eibar.
«Sono uno che va dove credono in lui, che non fa storie, che prova ad adattarsi e ad integrarsi rapidamente nella realtà locale. Nel 2013 a Grosseto giocavo in B di fronte a 1000 spettatori, un anno fa ero a Stamford Bridge contro il Chelsea di Mourinho con la Steaua, oggi aspetto il Madrid campione d’Europa in uno stadio da 5000 persone rappresentando un paese da 27.000 abitanti».
Ad Eibar come si arriva?
«Tecnicamente solo in macchina, siamo tra Bilbao e San Sebastian. Calcisticamente con un’offerta che mi ha convinto. In estate ero a Sabadell a casa dei genitori di mia moglie e casualmente mi era caduto l’occhio sulla promozione dell’Eibar. Incuriosito, ho chiesto a mio suocero che mi ha raccontato un po’ di cose. Qualche tempo dopo è arrivata la proposta, alla Samp non avevo spazio, l’ho accettata: sono sposato da 8 anni con una catalana, prima o poi era destino che finissi in Spagna».
E com’è la Liga?
«Come la si vede da fuori. Ci sono gli squadroni, e poi gli altri. E i piccoli, noi compresi, che provano sempre a giocarsela. Ci si difende, ma non c’è il catenaccio che c’è da noi, e la cosa si nota».
Nell’esordio in Liga dell’Eibar siete scesi in campo con 7 giocatori presenti anche due anni fa in Segunda B, la terza serie.
«E i 7 sono ancora titolari fissi. Testimonianza diretta, viva, di una mentalità diversa: fa capire che anche un giocatore di Serie C può giocare in Liga, che ha delle qualità se qualcuno sa tirargliele fuori. In Italia è difficile giocarsi le proprie carte».
Pensa alla sua storia?
«Si, simile a quella dei miei compagni dell’Eibar. Ho fatto la maggior parte della mia carriera in B e Lega Pro. Sono arrivato alla Sampdoria e in 6 mesi mi hanno scartato, non mi è stata data un’altra possibilità. In Italia è difficile emergere, si vede con la nazionale. E gente come Donati, Caldirola, Pellé è andata cercare fortuna all’estero».
Lei è passato dal vivaio dell’Inter. Una cantera che ha 7 giocatori nell’Under 21.
«Si, ma è gente che all’Inter non aveva o non ha spazio e che non tornerà mai a casa. In Italia siamo bravi a dire ‘guarda quanto è bravo’ di uno che gioca da un’altra parte, ma abbiamo grandi difficoltà a farlo con uno che sta in casa. Penso al Barça, e alle possibilità che offre ai propri giovani».
Il Barça B gioca, e bene, in Serie B.
«Sarebbe eccezionale poter fare una cosa così anche da noi, i giovani competono e crescono misurandosi con un calcio vero, non giocando coi parigrado. Ma oggi resettare tutto e aggiungere le squadre b dei grandi club in B o C è impossibile. E allora i giovani dei grandi vivai fanno una-due presenze in prima squadra poi vengono mandati in prestito in categorie inferiori. Se sbagli ti perdi, non ti tengono più in considerazione, avere una seconda chance è difficilissimo».
Sua moglie è catalana, fate le vacanze a Sabadell, parlate d’indipendenza?
«Io sono di Gallarate e mi era già toccata la storia della Padania. No in casa non se ne parla: chi ha vissuto all’estero ha altre idee, questa indipendenza non servirebbe a nessuno, mi sembra una sciocchezza».
Il Real Madrid ha vinto le ultime 13 partite e vuole arrivare a 16 per fare il record.
«Sono degli extraterrestri, la squadra più forte che c’è in Europa e al mondo. E noi proveremo a fermarli con le nostre armi: unità, dedizione e uno stadio all’inglese pieno di (poca) gente e di (tanto) entusiasmo. Al Camp Nou abbiamo avuto due occasioni e siamo rimasti sullo 0-0 fino al 60’. Al Calderon abbiamo perso solo 2-1 e ci poteva stare il pari. Peccato non poter dare una mano ai compagni: da 10 giorni lotto con un problema muscolare, meglio far spazio a chi sta bene».