Grazia Longo, La Stampa 24/11/2014, 24 novembre 2014
L’ANGOSCIA DI AMARE LA VITTIMA DI UNO STALKER
L’escalation di sofferenza, frustrazione, paura di uno stalker non coinvolge solo la donna e i suoi figli (costretti spesso ad assistere alla violenza), ma anche il nuovo partner. I centri di ascolto anti-violenza ricevono sempre più richieste da parte di nuovi fidanzati, conviventi e mariti dilaniati dall’impossibilità di gestire le vendette dell’ex. E molte volte per interrompere questa persecuzione fisica e psicologica non c’è altra strada che quelle della denuncia.
Francesca Zanasi, avvocato da tempo sensibile al problema, affrontato anche in diversi libri (l’ultimo dall’eloquente titolo «L’odioso reato di stalking») ha raccolto più di una testimonianza da parte di uomini «che amano le donne e proprio per questo motivo vengono minacciati e picchiati da coloro che le odiano». I nuovi partner sono dunque l’ultimo anello di una catena che non accenna a spezzarsi e che inficia profondamente una relazione sentimentale sicuramente più complessa delle altre perché sorta sulle macerie di una vecchia storia.
Il nuovo volto dello stalking rivela dunque un disagio declinato tutto al maschile. «Io resisto alle ruote bucate e alle molestie telefoniche perché sono molto innamorato della mia fidanzata - racconta Andrea, 32 anni, impiegato - ma non nascondo la difficoltà, a vivere una storia in queste condizioni. Paura? Per ora non tanta, perché a parte le ruote dell’auto tagliate non ho subito danni. Più che altro temo per la mia ragazza che già ha faticato a iniziare una nuova relazione, per colpa di tutto quello che aveva passato con l’ex marito, e non vorrei che decidesse si interrompere il rapporto. Ma io glielo dico sempre: “Non dobbiamo mollare: non solo perché ci amiamo, ma perché non dobbiamo darla vinta a quel farabutto”».
Non tutti, però, hanno l’ottimismo e l’aplomb di Andrea. Soprattutto quando l’acrimonia dello stalker si acuisce per le migliori condizioni economiche e professionali di colui che viene considerato ancora un rivale in amore.
Simone, ad esempio, 41 anni, manager, non nasconde, «il brivido che mi percorre la schiena ogni volta che esco di casa. L’ex convivente della mia compagna non solo mi ha rigato tutta la carrozzeria dell’auto, ma ha anche bruciato il campanello della mia porta e soprattutto si accanisce con lettere e telefonate oscene. Ce l’ha con me perché guadagno più di lui ed è convinto che questo sia il motivo perché la mia donna lo ha lasciato. Peccato che neppure ci conoscessimo quando lui la gonfiava di botte fino a spedirla all’ospedale in ben due occasioni».
Ma il «tarlo dell’abbandono», s’impenna all’inverosimile, nei casi di un nuovo partner della ex, quando ci sono dei figli di mezzo. Francesco, 51 anni, infermiere: «Mi sto per sposare con una donna che ha avuto il coraggio di denunciare l’ex marito, il quale la umiliava e degradava anche di fronte ai figli. E adesso lui fa di nuovo il pazzo: ci intimidisce provando a metterci i figli contro. Meno male che i ragazzini ricordano bene le violenze patite dalla loro madre. Ma è comunque uno stress. Contro questi uomini che non si rassegnano e continuano a perseguitare occorrono servizi ad hoc».
E dalla polizia arriva la proposta di un «trattamento obbligatorio di recupero, tipo quello per i tossicodipendenti». Lo sottolinea Maria Carla Bocchino, responsabile della divisione analisi violenza domestica: «Occorrono comunità di accoglienza che si basino sull’auto aiuto: chi è riuscito a superare i suoi problemi di violenza aiuta chi ne è ancora vittima. Per ora la legge prevede una cura su base volontaria, ma il legislatore avrebbe fatto bene a deciderne l’ obbligatorietà».