Franco Giubilei, La Stampa 23/11/2014, 23 novembre 2014
“IL DIARIO POSTUMO DI MONTALE? VI SPIEGO PERCHÉ È FALSO”
«Se davvero gli originali del Diario postumo di Montale sono a disposizione degli studiosi per essere analizzati, come la signora Cima ha dichiarato alla Stampa (nell’intervista pubblicata mercoledì scorso, ndr), sicuramente ci sono molti esperti pronti a visionarli: non vediamo l’ora di sapere come e quando, abbiamo già i biglietti per Lugano…».
Federico Condello, professore di Filologia classica all’Università di Bologna, ha scritto un saggio intitolato con la domanda retorica I filologi e gli angeli. È di Eugenio Montale il Diario postumo?, che contiene una risposta netta, avallata anche dal convegno tenutosi a Bologna l’11 novembre scorso: no, non lo è. E ora, dopo che la musa del poeta Annalisa Cima è tornata alla carica rivendicando l’autenticità di quegli scritti, il docente ribatte punto per punto, rivelando anche che «il Sistema bibliotecario nazionale, alla luce di quanto evidenziato durante il convegno bolognese, ha deciso di eliminare il Diario postumo dalle opere di Montale del proprio catalogo».
Ma non è tutto, perché Condello si appresta a pubblicare due frammenti grafici, l’uno di una poesia attribuita a Palazzeschi e l’altro di un componimento di Montale appartenente al Diario, che hanno in comune la provenienza - l’archivio personale della Cima - e una straordinaria somiglianza, tanto da indurre nel filologo il sospetto che siano state vergate dalla stessa mano: «Nel 2009 Annalisa Cima ha fatto pubblicare una poesia di Palazzeschi sulla rivista Nuova Antologia, scritta in lode di lei, in cui era riprodotto anche l’autografo dell’autore. Non solo quella non è la grafia di Palazzeschi, ma è anche sovrapponibile, quasi pixel a pixel, alla grafia di alcune poesie del Diario postumo, oltre che ai testamenti attribuiti sempre a Montale. Ci sono somiglianze inquietanti, per non dire tratti di assoluta identità. È con questi argomenti molto concreti che la Cima deve misurarsi. Intanto Mondadori ha già dichiarato che non ripubblicherà il Diario».
Quanto alla ricostruzione della storia delle poesie contenute nelle famose buste numerate da uno a undici, Condello ne sottolinea le incongruenze: «Non incoraggia il fatto che, per tutta risposta alle ricerche di questi mesi, la Cima pubblichi un nuovo autografo dove si legge “12” (sulla Stampa del 19 novembre, ndr), contraddicendo tutto quel che ha detto finora sulle 11 buste: la numero 12 dunque dovrebbe contenere le famose 18 poesie “sciolte” successive alla 11, ma noi finora sapevamo che queste non erano contenute in una busta, che ora invece compare improvvisamente».
Nel racconto di Annalisa Cima ci sarebbe anche un’altra falla: «Dice che Montale le ha consegnato personalmente solo le prime 12-13 poesie e di avergli suggerito di sigillare in busta le successive. Finora però ha raccontato che tutte le poesie le venivano donate da Montale via via che lo incontrava, anche 3-4 alla volta: come mai la storia cambia in continuazione? Solo ora apprendiamo che, di 84 poesie per 95 manoscritti, solo una piccolissima parte le sarebbe stata donata personalmente da Montale».
E poi c’è la questione di fondo, emersa durante il convegno bolognese, cui la stessa Cima era stata invitata: «La signora non può fingere di ignorare che tutti i principali esperti hanno dichiarato che il Diario non può essere considerato di Montale. La versione più ottimistica è che forse ci sia qualche poesia autentica. Oppure che quel che c’è lì dentro sia frutto della registrazione di un magnetofono che poi sia stato trascritto dalla stessa Cima. La Grignani, direttrice del fondo manoscritti di Pavia, ha ribadito che siamo di fronte a più mani che non sono di Montale». Fra le prove portate al convegno, la perizia grafologica e l’expertise neurologica sulla scrittura che mostra come il poeta, affetto dal morbo di Parkinson, curiosamente sembrasse non soffrirne soltanto quando scriveva per la Cima.
Un modo per fugare dubbi e sospetti c’è, e non è neanche tanto complicato: è l’esame dei documenti. «Il materiale potrebbe essere analizzato sul posto non da parte di un “dilettante” (la definizione è della musa di Montale, ndr) quale io sono, essendo un grecista e non un montalista - dice il professor Condello -, ma di un team di esperti muniti di lenti di ingrandimento e microscopi, che esaminerebbero gli scritti sul posto con tecniche assolutamente non invasive. È un’operazione comunissima e normalissima che può essere compiuta in pochi giorni, semmai c’è da chiedersi perché non sia mai stata fatta. Operazioni come quelle fatte quotidianamente da grafologi per banali esami di testamenti dubbi».
Franco Giubilei, La Stampa 23/11/2014