Fabio Di Todaro, La Stampa 23/11/2014, 23 novembre 2014
LA PESTE DOPO L’EBOLA NELL’ANNO PIÙ NERO
I casi segnalati, in due mesi e mezzo, sono 119: poco più del triplo rispetto agli stessi conteggiati nell’intero 2013. I morti sono quaranta: un terzo rispetto al totale dei contagi. Così, nel momento in cui l’Ebola scivola via dalle pagine dei quotidiani, dall’Africa arriva un altro allarme. «Non è da escludere una rapida diffusione della peste in Madagascar», è il messaggio diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’attenzione è posta sull’intero Paese. L’infezione risulta partita da alcuni villaggi periferici ed è nel frattempo arrivata ad Antananarivo, la capitale dell’isola posta nell’oceano Indiano, di fronte al Mozambico. Qui sono stati registrati due casi di malattia: di cui uno fatale, però. Così il livello di guardia s’è alzato. Risulta già attiva una task force - coinvolte l’Oms, la Croce Rossa e l’istituto di ricerca Pasteur - per circoscrivere l’epidemia. Un aiuto è giunto anche dall’African Development Bank, l’istituto transnazionale che promuove investimenti per lo sviluppo dell’intera regione: duecentomila i dollari erogati per evitare l’aumento dei contagi.
Un anno dopo l’ultima allerta riguardante il Perù, la peste torna dunque ad affacciarsi in maniera sensibile in Africa. La malattia, provocata dal batterio yersinia pestis, è considerata endemica nella parte subequatoriale del continente. Possono variare i numeri, ma la peste - dal 500, quando si affacciò nei territori dell’attuale Turchia -, risulta sempre presente: in Africa come in alcune zone dell’Asia e dell’America meridionale. Quella in corso potrebbe essere una nuova epidemia. Nel silenzio generale, infatti, in due mesi sono stati raccolti numeri doppi rispetto a quelli raccolti in anni interi, dal 1990 in avanti. Considerata la persistenza dell’infezione in Madagascar, la causa di questa recrudescenza sarebbe da cercare nel largo uso che si fa degli insetticidi, verso cui le pulci - che veicolano l’infezione dai roditori all’uomo - avrebbero sviluppato un meccanismo di resistenza.
Ciò che conforta, rispetto alla propagazione di altre epidemie, è la possibilità di intervenire in maniera risolutiva. La forma polmonare della peste, riscontrata nel 2% dei casi in Madagascar, è la più pericolosa, anche in ragione della possibilità di essere trasmessa per via aerea da un uomo all’altro. Ma la risposta agli antibiotici, comunque, è rassicurante. «Una somministrazione tempestiva di tetracicline permette di superare la malattia senza conseguenze», chiarisce Nicola Petrosillo, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto «Lazzaro Spallanzani» di Roma. Non è un caso che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non raccomandi restrizioni ai viaggi verso l’isola, meta ambita dagli italiani durante la stagione invernale. Ciò che conta è mantenere un adeguato livello di igiene. L’infezione, in media, ha un’incubazione di 5-6 giorni. Eccetto le forme polmonari, il batterio, dopo la puntura della pulce (riconoscibile attraverso un puntino rosso e un lieve fastidio sulla cute), raggiunge i linfonodi e li fa gonfiare: da qui l’etichetta di peste bubbonica. Altri sintomi a cui prestare attenzione: la febbre alta e l’astenia.
Twitter @fabioditodaro
Fabio Di Todaro, La Stampa 23/11/2014