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 2014  novembre 23 Domenica calendario

CASINÒ, CORRUZIONE E MAFIA COSÌ LA CINA FA RICCA MACAO CENTRO OFFSHORE IN YUAN

Il presidente Xi Jinping si appresta a visitare Macao per celebrare il quindicesimo anniversario del ritorno dell’ex colonia portoghese alla Cina. Non sarà un viaggio facile. Il leader cinese è preoccupato dalla crescente criminalità finanziaria. Secondo una stima recente, 202 miliardi di dollari vengono riciclati ogni anno attraverso i casinò della penisola. Questa massa immensa di denaro proviene della Repubblica Popolare: funzionari di partito e amministratori di aziende pubbliche spendono parte delle tangenti accumulate durante l’anno ai tavoli da gioco e nelle saune-bordello che si trovano in molti hotel, mentre il rimanente viene usato per acquistare immobili, aziende e titoli di stato in Occidente.
La miscela esplosiva di corruzione endemica e riciclaggio su vastissima scala mostra la fragilità del capitalismo di stato inaugurato da Deng Xiaoping.
Per quattrocento anni, Macao è stata una colonia portoghese. Ancora oggi giovani e anziani chiacchierano nella piazza principale a ridosso dell’antica cattedrale cattolica, mentre nei ristoranti il menù è mediterraneo. Il cuore della città moderna sono i 33 casinò costruiti con investimenti cinesi e americani dal 1999 a oggi. Il kitsch è d’obbligo: il Venetian è una replica della nostra città lagunare, con canali e gondolieri che fanno la serenata ai giovani fidanzati. Nondimeno, il modello funziona e Macao oggi vanta quasi il triplo dei profitti di Las Vegas. Ma dietro la facciata di cartapesta di Piazza San Marco e dei negozi di lusso si nasconde un’economia sporca.
Il mio viaggio in questo mondo segreto inizia nelle sale da gioco per Vip, dove la puntata minima è 10mila dollari. Per scovare questi club riservati bisogna salire ai piani alti degli hotel più prestigiosi, come il Lisboa o il Galaxy Hotel, e si entra solo su invito. È in uno di questi club che incontro Xin, un signore sulla sessantina, spalle larghe e capelli nero pece, robusto e con un sorriso disarmante. Si occupa di gioco d’azzardo da più di dieci anni ed è la terza volta che ci vediamo. Parla mandarino, cantonese e inglese. Il suo mestiere è convincere ricchi cinesi a giocare nel club dove lavora, ma il suo compito non è semplice: pubblicizzare i tavoli verdi in Cina è illegale e i cittadini della Repubblica Popolare non possono spendere più di 3.200 dollari al giorno, una cifra che non permette neppure di affacciarsi alla porta della sua sala, senza contare che ai funzionari pubblici è proibito entrare in un casinò.
«“La mia arte consiste nel convincere i mandarini a venire a Macao. Li porto nelle migliori saune della città, dove possono scegliere tra centinaia di prostitute, dalle russe alle thailandesi. Tutto a spese mie». Il passo successivo consiste nel prestare al giocatore non meno di 150mila dollari, denaro virtuale che può essere usato solo nel suo club (lo stesso sistema lo si ritrova nei casinò montenegrini gestiti da «imprenditori» baresi).
Qui non esiste alcuna norma per proteggere i giocatori vulnerabili, i quali finiscono presto sul lastrico. Una volta un cliente rimase al tavolo per sei giorni di fila e alla fine dovettero portarlo via in ambulanza. Le cifre perse sono da capogiro. Il capo del dipartimento propaganda di un’importante città ha perso 15 milioni di dollari, mentre l’ex vice-sindaco di un piccolo centro del Nord Est ne ha buttati un milione e seicentomila in tre giorni. Entrambi sono stati fucilati.
La criminalità organizzata si incarica di riscuotere i debiti una volta che il giocatore è tornato in patria. In un caso, affiliati della 14K - il gruppo mafioso più potente di Macao - sono andati a Canton a recuperare 335mila dollari per conto di Xin e il malcapitato debitore, ormai sul lastrico, è finito all’ospedale. In un altro caso, la stessa cosca ha fatto visita a un manager di stato di Shanghai. Poiché questi si ostinava a non pagare, gli hanno ucciso la fidanzata.
La riscossione dei crediti è un fattore potente di diffusione della mafia sulla terraferma. Le Triadi di Macao e Hong Kong forgiano alleanze con gang radicate in Cina, dando vita a potenti gruppi transnazionali. Come ebbe a scrivere Orazio della Grecia antica sottomessa all’Impero di Roma, la colonia «conquista il selvaggio vincitore».
I giocatori incalliti sono responsabili solo di una frazione dell’economia sporca di Macao. Il resto proviene da affari più o meno leciti condotti in Cina. Chiunque voglia far uscire i soldi dal Paese deve passare per luoghi come Zhuhai, una città con più di un milione di abitanti al confine con Macao. Qui, in uno shopping centre a pochi metri dalle guardie di frontiera, si possono comprare Dvd contraffatti, videogiochi, medicine e telefonini. Ci sono anche una trentina di negozi che all’apparenza non vendono nulla. Una signora di una certa età, con fare spiccio, ci spiega: «Se mi date valuta cinese, vi faccio avere dollari di Hong Kong al di là della frontiera». La donna gestisce una delle «banche» informali che, secondo un’indagine della «Reuters», spostano più di 1 miliardo di yuan (circa 150milioni di dollari) al giorno da Zhuhai a Macao, un flusso di denaro che sfugge interamente ai controlli delle autorità cinesi. Uomini d’affari che non possono attendere i permessi ufficiali per importare o esportare capitali, funzionari corrotti ansiosi di riciclare le tangenti, gruppi criminali che devono spostare i profitti dell’immenso mercato della droga e del traffico di essere umani, tutti usano questo sistema bancario informale interamente fondato sulla fiducia. La signora ci invita in una stanza nel retro del negozio per spiegarci come funziona il sistema. Il cliente consegna il denaro e il numero del suo passaporto. Ottiene in cambio un codice segreto. Con questo e il passaporto può ritirare il giorno stesso la somma in valuta direttamente alla cassa di un casinò di Macao.
L’ex capo del partito di Chongqing, poi accusato insieme alla moglie di aver ucciso un imprenditore inglese, ha trasferito in questo modo 1,2 miliardi di dollari. «Bisogna stare attenti alle truffe – avverte la donna – ma sono rare».
Il modello di capitalismo di stato cinese è giunto a un punto di svolta. Milioni di funzionari pubblici mal pagati sono in grado di estrarre tangenti astronomiche da chi produce ricchezza. La corruzione diffusa genera scelte disastrose, danni ambientali, speculazione edilizia e costruzioni insicure. La vicinanza ai centri del turbo-capitalismo come Hong Kong e Macao permette poi di nascondere i capitali all’estero. La campagna contro tangentopoli e riciclaggio inaugurata dal leader cinese non può limitarsi a esecuzioni esemplari, ma deve promuovere la creazione di uno stato di diritto con istituzioni in grado di controllare se stesse. Altrimenti rimarrà una iniziativa di cartapesta. Come la Piazza San Marco dell’Hotel Venetian.

A LOS ANGELES CENTRO OFFSHORE IN YUAN
Los Angeles diventerà uno dei primi centri offshore in yuan nel Nord America. La banca cinese ICBC ha siglato un accordo con la città statunitense per promuovere il trading transnazionale dello yuan, la valuta cinese, e creare una piazza offshore in renminbi in California. L’accordo arriva in un momento in cui gli Stati Uniti sono molto indietro rispetto ad altri Paesi su questo fronte. Nei primi nove mesi del 2014, i pagamenti transnazionali tra Cina e Usa hanno superato i 160 miliardi di yuan. Nello stesso periodo il valore del business transnazionale di ICBC ammontava a circa 28 trilioni di yuan, in aumento dell’80% rispetto allo scorso anno.

Federico Varese, La Stampa 23/11/2014