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 2014  novembre 23 Domenica calendario

IL FUMETTO CHE ANTICIPÒ IL CINEMA

Anche a rivedere il Crepax inedito si rivivono tutte le emozioni che ci avevano assalito quando lo avevamo scoperto. E non solo rievocare i sentimenti di sorpresa ed entusiasmo con cui avevamo accolto su Linus le sue prime storie a fumetti, La curva di Lesmo e subito dopo I sotterranei, con quegli abitanti del sottosuolo e la loro lingua vagamente alla Ulfila (“Tòitatnan màtnan nìmen màutia…ìh, màkla hàuhtsa màtna, qèda tai wèit bràukjan lebanraumnan!”) che ci aveva procurato non poche ansie glottologiche. Per poi arrivare all’apparizione dapprima timida poi sfolgorante di Valentina.
In realtà il mio primo incontro con il disegno di Crepax risaliva a sei anni prima. Niccolò Castiglioni aveva pubblicato da Ricordi un piccolo ma affascinante libretto, Il linguaggio musicale , e subito gli avevo chiesto chi gli aveva disegnato la copertina. Nulla di speciale, in verità, due musici pitagorici che per realizzare i suoni della gamma battevano, come vuole la tradizione, su campanelle di diverso formato e bicchieri variamente riempiti d’acqua.
Ma l’eleganza, la sicurezza del tratto, la novità della prospettiva, mi avevano colpito. Non mi ricordavo di nessuno che in Italia disegnasse così bene dopo Gustavino.
Però nessuno si aspettava il “salto” compiuto coi fumetti di Linus.
Con Crepax cambiava il senso del tempo nel fumetto, ovvero il rapporto tra spazio e tempo. Senza citare il Laocoonte di Lessing, già esistevano arti dello spazio capaci di suggerire il trascorrere del tempo. Un primo modo, consiste nel fissare l’istante, come avviene con un’Annunciazione del Lotto dove in mezzo alla stanza appare un gatto in atto di balzare e, fissato così com’è in un istante singolo, quel gatto ci suggerisce una parabola, un movimento da lato a lato, e al tempo stesso l’istantaneità del fatto miracoloso. L’altro modo è di mettere in serie una sequenza d’istanti diversi, come nei vari episodi dell’ Invenzione della Croce di Piero ad Arezzo. Con quell’artificio, che si trovava già anche in molte raffigurazioni medievali, i pittori inventavano il cinema, con qualche secolo d’anticipo, e col cinema prefiguravano il fumetto.
Ma con molte sequenze di immagini medievali e rinascimentali il tempo veniva evocato anche fisicamente, perché chi guardava era costretto a muoversi da un lato all’altro del quadro o, come in Arezzo, a passeggiare da un punto all’altro della chiesa. Con il cinema il tempo interviene di fatto, perché il film si svolge nel tempo come un’opera musicale, anche se nel tempo mostra porzioni di spazio. Invece il fumetto, non disponendo di un discorso che si dipana nel tempo, lo fa dipanare nello spazio, inquadratura dopo inquadratura, ma chiede al lettore di far passare il tempo, mentre passa da un’inquadratura a un’altra.
Nel fumetto il lettore collabora ancor più che al cinema perché deve riempire spazi e tempi vuoti tra vignetta e vignetta. Nel cinema qualcuno vibra un pugno e di solito si segue tutto il movimento sino all’impatto con un corpo altrui, e la caduta del colpito. Nel fumetto in una prima inquadratura si vede qualcuno che sta per vibrare un pugno e nella seconda l’avversario già a terra. Siamo sicuri che sia a terra in virtù di quel pugno che non abbiamo visto andare a buon fine? Di solito non ci pensiamo un istante, ne siamo sicuri, ma questa sicurezza richiede un lavorio mentale rapidissimo, implicito, un abito assunto da un lettore che ha già introiettato il linguaggio del cinema e sa immaginare quello che il cinema potrebbe avergli detto.
Così lavorava dunque il fumetto prima di Crepax, sequenzialmente. L’evento rappresentato nell’inquadratura successiva veniva temporalmente dopo quello dell’inquadratura precedente.
Invece le inquadrature di Crepax, quando rappresentavano sequenze temporali di eventi, lo facevano in modo metonimico , sempre un particolare minimo per il tutto, un baluginare di eventi infinitesimali che suggerivano uno spazio di tempo, una tensione, e che si qualificavano come tali anche per la singolare sintassi dell’impaginazione, apparendo in strisce di dimensioni minori delle altre, per inquadrature minuscole, per suggerire che dovevamo leggerle come un succedersi convulso di momenti. Ma in altri casi due inquadrature potevano suggerire non passaggio di tempo, bensì contemporaneità, come se il lettore voltasse rapidamente la testa e da una parte e dall’altra di una scena, cogliendo nello stesso istante due particolari diversi.
La grande innovazione di Crepax, quella che ci aveva colpito sin dagli inizi, non era tanto dovuta alla maestria del disegno o all’invenzione romanzesca (molti sanno disegnare e molti inventano vicende romanzesche) quanto alla nuovissima sintassi dell’impaginazione (la quale oltretutto obbligava il disegno ad adeguarsi al suo ritmo e farsi più nervoso – e più nervose rendeva le storie). Ma direi di più: occorreva persino saper anticipare il cinema. Perché molte tecniche di Crepax, e primo tra tutto quel suo “montaggio sconnesso”, saranno tipici della nouvelle vague, ma se andiamo a vedere le date Crepax giocava d’anticipo, sia pure di un anno o pochi mesi.
Umberto Eco, la Repubblica 23/11/2014