Fabrizio Forquet, Il Sole 24 Ore 23/11/2014, 23 novembre 2014
INTERVISTA A ENRICO MORANDO
«Assurda l’Imu sui macchinari, toglieremo la tassa»–
«In una situazione di risorse scarse, stiamo facendo il possibile per rilanciare la crescita. Anche in Parlamento». Enrico Morando sta seguendo per il governo la legge di stabilità alla Camera. Un lavoraccio, con la Cgil in piazza, le tante tensioni di una maggioranza non proprio a tenuta stagna e l’esigenza di trovare risorse per rafforzare il carattere espansivo della manovra.
Viceministro, dica la verità, quanto le avrebbe fatto comodo poter disporre di una dote da 9 miliardi come quella che viene assorbita per la stabilizzazione del bonus 80 euro…
Personalmente, per gestire la legge di stabilità in commissione, davvero molto. Avrei sicuramente guadagnato parecchie ore di sonno. Ma per risolvere i problemi del Paese no. Non è una questione su cui si può tornare indietro.
Eppure più passano le settimane, più risulta chiaro che l’impatto sui consumi è stato pressoché nullo.
Sono soldi che restano in tasca ai lavoratori cominciando a ridurre la pressione fiscale sul lavoro. Per i consumi aspettiamo di vedere l’andamento in questo ultimo trimestre, io resto dell’idea che il problema del 2014 è stato che c’era la sensazione che non si trattasse di un aumento di reddito permanente. Perciò credo sia importante la scelta di stabilizzare il bonus. Anche perché ne va della credibilità del governo, è una misura che serve a dare certezza a tutti.
Intanto, però, secondo le stesse stime del governo, la legge di Stabilità avrà un impatto modesto sul Pil.
Abbiamo fatto previsioni su basi prudenziali. Bisogna tener conto del fatto che entriamo nel 2015 a bassissima velocità, anzi avendo accumulato ulteriore ritardo. Ma il carattere espansivo della manovra non è negabile, malgrado la rinuncia che abbiamo dovuto fare a 3-4 miliardi a causa della richiesta della Commissione europea. Il combinato disposto della legge di Stabilità e delle riforme strutturali, comprese quelle istituzionali, avrà un impatto significativo, anche in termini di fiducia.
L’intervento sull’Irap va certamente nella direzione giusta. Nel dibattito alla Camera lei ha anche detto che si può ipotizzare una franchigia per compensare le imprese che non hanno rapporti di lavoro stabili.
L’ho detto, mi riservo di approfondire la questione e presentare una proposta di modifica al Senato.
Intanto ci sono capitoli importanti per la crescita che sono rimasti fuori dalla legge di Stabilità: dall’Imu su capannoni e grandi macchinari imbullonati agli investimenti in ricerca.
Questa dell’Imu sugli "imbullonati" è una vicenda paradossale che va chiusa. Assicuro che sarà risolta, a prescindere da quanto dovesse costare. Non posso ancora dire se interverremo alla Camera o, più probabilmente, al Senato, ma lo faremo. A Palazzo Madama affronteremo tutta la questione dell’imposizione sugli immobili. Alla Camera, intanto, siamo già intervenuti per finanziare la legge Sabatini per gli investimenti in macchinari.
Per la verità sul primo anno solo 12 milioni...
Un impegno apparentemente modesto che rende molto, però, in termini di operatività. Non bisogna farsi ingannare dalla cifra: si produce una leva per investimenti importante in termini quantitativi. Sul made in Italy, poi, abbiamo impegnato nuove risorse per 130 milioni.
Il piano Calenda ...
È un disegno moderno di sostegno al made in Italy. Noi oggi abbiamo una crescente domanda di Italia nel mondo, dobbiamo essere capaci di rispondere in termini di un’offerta moderna. Con queste risorse e l’impegno dell’Ice avremo un volano importante di crescita. Sono risultati che vanno sottolineati. Così come è stato importante difendere il bonus da 80 euro come misura Irpef di riduzione del costo del lavoro, respingendo chi voleva trasformarlo in un intervento per le famiglie di natura assistenziale. Per le famiglie c’è il bonus figli, che è stato rimodellato proprio per sostenere quelle più povere.
Intanto continua a restare fuori il rafforzamento del credito d’imposta alla ricerca, così com’è finisce per essere poco più che simbolico.
Sul credito d’imposta alla ricerca non si è ancora conclusa la lettura alla Camera. Ci sono proposte parlamentari orientate a superare la condizionalità che limita la misura agli investimenti aggiuntivi. È una questione fondata, perché non è giusto penalizzare chi negli anni scorsi è stato eroico e ha continuato a investire malgrado la recessione. C’è un problema di risorse, ma non escludo che si riesca a intervenire.
Al Senato si tornerà anche sulla tassazione dei fondi pensione?
Il governo è disponibile ad affrontare il tema, ma la nostra posizione è che la tassazione del capital gain debba essere omogenea e unitaria. Poiché l’aliquota ordinaria è via via salita al 26%, mi sembra evidente che anche quella dell’11,5% che pesa sui fondi pensione debba crescere. Poi siamo ben consapevoli dell’importanza dello sviluppo delle pensioni integrative e quindi proveremo a costruire un equilibrio tra queste due esigenze, tenendo conto delle necessarie coperture.
Intanto il Tfr in busta paga sarà tassato ad aliquota marginale. Ben pochi in questo modo aderiranno, e non è detto che sia un male...
Anche qui è un problema di risorse. E comunque faccio notare che la differenza tra l’aliquota marginale e quella media per i lavoratori con salari più bassi, che sono i più interessati, non produce su base annua un aumento significativo di aggravio fiscale. Quindi, anche ammesso che tutto restasse così, si può sperare che l’adesione sarà importante.
Lo sforzo maggiore alla Camera è quello che ha riguardato il finanziamento della legge delega sul lavoro. Le risorse sono aumentate di 400 milioni tra 2015 e 2016.
È una nostra priorità. Siamo convinti che dobbiamo finanziare il nuovo, uscendo da un sistema di ammortizzatori sociali vecchio e non europeo. D’altra parte solo se la legge di Stabilità avrà fornito le risorse necessarie, potranno essere approvati i decreti delegati per far partire il Jobs Act.
Lei parla, giustamente, di modernizzazione del sistema. Ma la Cgil, non senza una sponda nel Pd, va in piazza contro la legge di Stabilità e il Jobs Act denunciando scelte di precarizzazione e dannose per i lavoratori.
È davvero sorprendente. Come si fa a parlare di precarizzazione? Sono anni che da sinistra si dice che i contratti a tempo indeterminato devono costare meno di quelli precari. Con la legge di Stabilità – attraverso l’esclusione del lavoro dall’imponibile Irap e la decontribuzione – noi facciamo sì che un’azienda che trasforma i contratti a tempo in contratti stabili abbia un alleggerimento di costi nell’ordine di quasi il 30%. Se questa è precarizzazione...
Vi imputano il superamento dell’articolo 18, che poi in realtà resta, seppur limitato.
L’intervento sulle regole deve essere funzionale all’obiettivo. Per stabilizzare i lavoratori dobbiamo dare un minimo di flessibilità in uscita, altrimenti il vantaggio fiscale non basta a incentivare i datori a dare stabilità ai rapporti di lavoro.
In molti casi l’indennizzo monetario sostituirà la reintegra. Dalle anticipazioni che sono circolate, però, c’è la preoccupazione che un livello troppo elevato del risarcimento si riveli finanche controproducente rispetto al sistema attuale.
Lo vedremo con i decreti delegati. È presto per parlarne e non posso entrare nel merito della questione. Quello che conta per noi è aprire al nuovo. Conta per l’Italia e conta nei rapporti con l’Europa. La riforma del lavoro, ma anche le altre riforme, sono cruciali per recuperare credito in Europa. Non per farci fare lo sconto ma per essere co-protagonisti nel cambiamento della politica economica e fiscale a livello comunitario. Abbiamo una circostanza favorevole: l’intonazione espansiva della politica monetaria, ma ora dobbiamo orientare la politica fiscale nella stessa direzione.
Secondo fonti di Bruxelles è in arrivo il via libera della Commissione alla legge di Stabilità.
Penso che abbiamo sviluppato il confronto nel modo più giusto. La lettera di Padoan ha chiarito il rapporto tra misure espansive e riforme strutturali. Con le sue raccomandazioni, l’Europa ci chiede da anni di fare interventi che sono esattamente quelli che stiamo realizzando. Le riforme, nella fase di implementazione, hanno bisogno di un più di risorse, nessuno può chiederci di farle e poi di non poterle finanziare. Perciò ero e resto fiducioso.