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 2014  novembre 22 Sabato calendario

L’ETERNO (E SFORTUNATO) RITORNODEL PARTITO DEGLI ONESTI

In una giornata così è meglio partire da due abruzzesi saggi, Benedetto Croce e Marco Pannella. Il primo: «La petulante richiesta che si fa della onestà nella vita politica è una manifestazione di volgare inintelligenza». Il secondo: «C’è un partito degli onesti che sta operando in franchigia politica. Onesti presunti che ci ricordano come l’onestà diviene spesso vessillo dei furfanti». Oltretutto la rivendicazione di onestà come dote politica porta ufficialmente iella da quando il deputato Alfonso Papa si disse sostenitore del Pdl «partito degli onesti», e pochi giorni dopo (luglio 2011) la Camera lo assicurò sciaguratamente alla detenzione. Il segretario acclamato era Angelino Alfano, che per dare segno di discontinuità aveva annunciato - davanti a una platea in qualche caso perplessa - l’evoluzione nel «partito degli onesti», appunto. I fuoriusciti finiani di Futuro e Libertà, che si sentivano detentori del titolo, lanciarono l’appello per mezzo di Nino Lo Presti: «Agli onesti del Pdl dico: venite con noi». Poi Alfano se ne sarebbe andato a metter su l’Ncd, ma, insomma, a scorrere questo elenco di movimenti e leader non lo si direbbe la traccia di un’epifania.
Chissà se davvero si tratta di scalogna oppure della fine irrimediabile di chi, non avendo di meglio da dire, si inventa la virtù della fedina penale. A ripensarci oggi è questione risalente ai primi anni Ottanta, con il capo dei repubblicani, Giovanni Spadolini, impegnato nel rilancio della casa con la sfida rigorosa all’«emergenza morale», discendente diretta della «questione morale» di Enrico Berlinguer. Che sfortuna: gli arrestarono un consigliere comunale siciliano con accuse non routinarie (abusi d’ufficio o finanziamenti illeciti) ma con quella di aver sequestrato una neonata a scopo estorsivo. Il partito degli onesti sfumò in una fiammata. Ma rimase lì, ad aleggiare, finché non pensò di rilanciarlo all’alba di Mani pulite il nuovo segretario del Pri, Giorgio La Malfa, e con toni da Savonarola. Disse proprio «partito degli onesti», ma di partito c’era soltanto l’avviso di garanzia che lo avrebbe portato alla condanna per la maxitangente Enimont. La medesima sventura toccata a Claudio Martelli appena si propose di «restituire l’onore al Psi».
Una vitaccia, quella degli onesti. Eppure non c’è resa. Gli onesti spuntano e rispuntano, e ultimamente è un formicolare di onesti. Un onesto alla carriera è senz’altro Antonio Di Pietro, che ha sempre visto la sua Italia dei Valori «procedere a braccetto con gli onesti»: l’avrà detto venti volte, fino a consunzione del partito. Un altro campione della disciplina è Leoluca Orlando, che prima di tornarsene in Sicilia invocava contro Silvio Berlusconi una coalizione composta «da chi è onesto». Una volta i berlusconiani incassavano, verrebbe da dire crocianamente, ma adesso pretendono di essere onesti anche loro. Roberto Formigoni (prima di seguire Alfano): «Vogliamo che il Pdl sia sempre più il partito degli onesti». Mariastella Gelmini: «Il partito degli onesti non sarà sconfessato nelle liste», tranne «pochissime eccezioni», cioè il Capo, onesto per statuto. Qualche volta le eccezioni non sono nemmeno pochissime, e nemmeno riguardano qualche mariuolo, ed è il caso della Lega, coi suoi diamanti e le sue lauree albanesi; e allora si erge l’onesto Bobo Maroni - magari molto distratto ma senza dubbio onesto - che battezza la sua pagina Fecebook (siamo all’onestà 2.0) «pagina diventata un luogo di confronto libero per la Lega degli onesti». Ecco, non è un requisito esclusivo e nemmeno inconsueto: Rosa Russo Jervolino ringraziò «la Napoli degli onesti» che l’aveva eletta sindaco così come il successore Luigi De Magistris annunciò «la giunta degli onesti». Povero Maurizio Landini, preceduto da mezzo mondo, compresa Giorgia Meloni ieri quasi plagiata: «Renzi è un avversario degli italiani onesti».
Arrivati a questo punto, si giudica doveroso glissare sulla «rivoluzione degli onesti» annunciata da Beppe Grillo per soffermarsi sulla più fugace rivoluzione civile di Antonio Ingroia («noi siamo onesti»), e così ricordare di quando voleva impedire l’ascolto dell’Inno di Mameli ai berlusconiani perché «è l’inno degli onesti». Chi l’avrebbe detto? Siamo invasi da onesti e nessuno, per tornare a Pannella, che faccia un pensierino al «partito laico degli innocenti». Forse non sanno la differenza.
Mattia Feltri, La Stampa 22/11/2014