Valerio Castronovo, Il Sole 24 Ore 22/11/2014, 22 novembre 2014
PERIFERIE E «GUERRE TRA POVERI»
Non è la prima volta che le periferie di alcune grandi città sono teatro di forti tensioni. È già avvenuto tra gli anni 60 e 70 e la scintilla che le ha innescate è stata anche allora l’"emergenza casa", ma con altri protagonisti e con risvolti assai differenti rispetto a oggi. Alla testa delle agitazioni a Torino e Milano furono operai e manovali giunti dal Sud in cerca di un’occupazione. Mentre non avevano avuto difficoltà a procurarsi un lavoro, era stato invece impossibile, per molti di loro, trovare un’abitazione. Al di là di certi astiosi rifiuti pregiudiziali alle richieste d’affitto da parte dei meridionali, la quantità di alloggi realmente disponibili (tanto più a bassi canoni di locazione) era del tutto insufficiente di fronte all’afflusso di tanta gente dal Mezzogiorno. Furono i sindacati, durante l’"autunno caldo" del 1969, a occuparsi di queste loro avvilenti condizioni d’insediamento nelle "città fabbrica" del Nord, includendo nelle proprie piattaforme rivendicative il "diritto alla casa", che le amministrazioni comunali, per prime, avrebbero dovuto assicurare tramite adeguati piani di sviluppo dell’edilizia popolare.
Ben altri sono adesso gli attori e più complessi i motivi che stanno infiammando alcune periferie urbane, in particolare a Roma e a Milano. Ma va detto innanzitutto che esisteva già da tempo in alcuni quartieri più disastrati una situazione densa di crescenti tensioni a causa di molteplici disservizi pubblici e di un diffuso degrado civile e ambientale: senza che i reiterati appelli dei residenti alle autorità pubbliche, per l’attuazione di adeguati provvedimenti al riguardo, avessero trovato concreti riscontri, e ciò per incuria, insipienza o vischiosità burocratiche. C’era pertanto da aspettarsi che problemi così scabrosi e controversi come quelli riguardanti l’occupazione abusiva di case popolari, i campi nomadi e i centri d’accoglienza dei migranti extracomunitari, finissero prima o poi, in mancanza di soluzioni appropriate e coerenti predisposte dai poteri pubblici, per arroventare ancor più il clima in certi quartieri dove la parte più debole della popolazione vive in condizioni plumbee di precarietà e insicurezza, esposta a dilaganti forme di illegalità e micro delinquenza.
Di fatto, da questo terreno in cui è andata perciò crescendo un’ondata di insofferenza e di esasperazione, sono scaturiti i convulsi e stridenti moti di protesta e di collera (fra veementi contestazioni, risse e tafferugli, episodi di violenza e di intolleranza) susseguitisi nelle ultime settimane e degenerati in alcuni casi in una vera e propria guerriglia urbana. Se sono state soprattutto le donne a fronteggiarsi da opposte barricate (a sostegno o contro lo sgombero degli alloggi sfitti del Comune occupati abusivamente), a loro volta sono stati gli "antagonisti" dei centri sociali a soffiare sul fuoco e a inserirsi nelle dimostrazioni per strumentalizzarle al fine di creare il caos scontrandosi con le forze dell’ordine.
A ogni modo, quanto è accaduto in diverse periferie arrabbiate e incattivite è un ulteriore segno inquietante di una profonda crisi non solo economica che sta sfibrando la nostra società. Ma finora non ci si è resi pienamente conto della pericolosità e delle incognite di questo genere di guerre fra poveri, qualora si estendessero e si radicalizzassero.
Valerio Castronovo, Il Sole 24 Ore 22/11/2014