Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 22/11/2014, 22 novembre 2014
LA CINA A SORPRESA TAGLIA I TASSI DI INTERESSE
PECHINO.
Attesa da oltre due anni, quella del taglio dei tassi di interesse è stata la mossa a sorpresa del prudente governatore della People’s Bank of China Zhou Xiaochuan, il che dimostra quanto l’economia cinese versi in una congiuntura critica.
L’obiettivo immediato di Zhou è quello di contenere le sofferenze del settore immobiliare, i prezzi delle nuove case hanno continuato a scendere del 10% nei primi dieci mesi dell’anno in 67 delle 70 città campione, i crediti incagliati, invece, hanno preso l’abbrivio e sembrano non doversi fermare mai.
Come ha rivelato la scorsa settimana la China Banking Regulatory Commission i prestiti in sofferenza sono aumentati di ben 72,5 miliardi di yuan (11,8 miliardi dollari) rispetto al trimestre precedente, arrivando a toccare la soglia dei 766,9 miliardi di yuan. I prestiti inesigibili, in buona sostanza, sono cresciuti dell’1,16 per cento. Un peso decisamente eccessivo per il sistema finanziario cinese.
La produzione industriale, nel frattempo, è cresciuta del 7,7, il secondo più grave rallentamento dal 2009. I prezzi al consumo sono cresciuti dell’1,6, i prezzi alla produzione del 2,2. La partenza della Shanghai Hong Kong Stock connection, di là dal risalto mediatico, è stata laboriosa e a senso unico, le due borse devono ancora trovare un reciproco vantaggio dal nuovo link.
In questo contesto poco felice i tassi di interesse reali sono lievitati proprio a causa del rallentamento della crescita e dell’inflazione, il che ha intaccato le risorse delle aziende aumentando il rischio di default. Ha destato timori il fatto che il colosso statale Sinosteel abbia dichiarato di versare in cattive acque, dopo il fallimento di Zhejiang Xingrun Real Estate nel marzo scorso potrebbero verificarsi nuovi, preoccupanti, default ai quali la Cina non è abituata. Nel circuito dei corporate bond si conosce un solo caso di default, quello di Chaori Solar, in tutti gli altri casi lo Stato è intervenuto evitando il peggio.
Per ridare fiato al sistema la Banca centrale ha ridotto i tassi a un anno di 40 punti base a 5,6, mettendo nel mirino, evidentemente, proprio il sistema dei prestiti bancari.
Intanto, però, ha iniettato altri 50 miliardi di yuan (8,2 miliardi di dollari) nel mercato, fino a settembre la dote era di di 769,5 miliardi di yuan (126 miliardi di dollari) stando a quanto ha dichiarato lo stesso istituto.
Come ha detto il governatore Zhou Xiaochuan, il quale non intende abdicare alla sua prudente politica monetaria, «il quadro dei mercati finanziari fornirà liquidità attraverso diversi strumenti di politica monetaria, ogni volta che sarà necessario e, comunque, la liquidità del sistema bancario è ampia».
Ma la liquidità delle precedenti iniezioni di cash nel sistema non ha dato i risultati previsti specie il nuovo sistema del Medium-term Lending Facility, che include i famosi 500 miliardi di yuan concessi a settembre e i 269 di ottobre alle principali banche cinesi.
L’aggregato totale dei prestiti censito a ottobre, infatti, era di 662,7 miliardi di yuan, al di sotto degli 1,05 trilioni di yuan a settembre. I nuovi prestiti erano a 548,3 miliardi di yuan, sotto gli 857,2 miliardi del mese precedente. Il debito totale cinese intanto ha raggiunto il 251% del prodotto interno lordo, in crescita rispetto al 234% del 2013 e al 160% del 2008.
Ma la volatilità del mercato nella provvista di capitale a breve termine e nei tassi di interesse negli ultimi giorni è stata forte, la motivazione ufficiale è stata l’arrivo delle nuove Ipo. ll repo a sette giorni, che testa la liquidità del sistema interbancario, è cresciuto di 30 punti base al 3,5%, il più alto balzo da settembre.
La lotta allo shadow banking, in parallelo, è sempre fortissima e crea effetti di competizione interna al sistema. Per questo il taglio dei tassi è stato accompagnato da un altro passo nella liberalizzazione dei depositi, il tetto entro il quale le banche possono finanziare i clienti sui loro depositi è stato elevato al 120% dal precedente 110. Il che dovrebbe lasciare intatti i guadagni per le banche e metterle al riparo dalla concorrenza sleale dei prodotti di wealth management dello shadow banking.
Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 22/11/2014