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 2014  novembre 22 Sabato calendario

NUOVO RITMO A FRANCOFORTE

La variabile-tempo è entrata nel dibattito sull’allentamento quantitativo della Bce. Draghi, ieri, non solo ha ribadito il «farò tutto il possibile» per salvare l’euro. Ha aggiunto la possibilità di ricalibrare il ritmo dei nuovi interventi.
Parole che il mercato, giusto o sbagliato, ha interpretato in modo piuttosto univoco: la Banca centrale, questa volta, sembra veramente potere spingere sulla politica monetaria ultra-espansiva. Cioè, arrivare ad acquistare titoli di Stato. Che poi questo si concretizzi, oppure no, si vedrà più avanti. Adesso gli operatori scontano l’«arma finale», il famoso «bazooka». Una scommessa, da un lato, basata sulla «verbal guidance» del Presidente della Bce. E, dall’altro, rafforzata da un’altra importante novità. Quale? È presto detto: il silenzio, almeno fino a ieri, della Bundesbank. Molti, infatti, subito dopo le parole di Draghi hanno teso le orecchie verso la Germania. Cioè, hanno atteso la solita alzata di scudi dell’ineffabile Jen Weidman. Il numero uno della Buba, però, questa volta non è entrato in tackle scivolato sull’Eurogovernatore. Non ha contrastato la possibile accelerazione sul fronte dell’allentamento quantitativo. E non solo. Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, in un intervento che a molti non è sembrato casuale, ha sottolineato la necessità di cambiare la «governance» di Eurolandia. Una dimostrazione di europeismo che, almeno nelle parole, è andata incontro a Draghi. Di tono ben diverso, bisogna ricordarlo, erano state le reazioni fino a poco tempo fa. Dall’accusa (recente) di scarsa colleggialità, da parte del Presidente della Bce, nelle scelte di politica monetaria fino al fuoco incrociato dopo l’intervento al simposio di Jackson Hole. Ora, la situazione pare cambiata. E non c’è troppo da stupirsi. La congiuntura, anche in Germania, langue. Proprio i recenti dati sulla manifattura di novembre (il Pmi si è fermato a 50,4 punti) «parlano» della pericolosa danza sul filo della contrazione economica di Berlino. Uno scenario che, evidentemente, ha indotto a più miti consigli. Certo, con i sacerdoti dell’austerity non c’è mai sicurezza. Molti suggeriscono di aspettare un po’ prima di ipotizzare che la Germania non farà di nuovo «fuoco e fiamme». E tuttavia i mercati, incassato il passo in avanti, ora si interrogano: Draghi annuncerà altre novità già nella riunione della Bce del 4 dicembre? La risposta non è semplice. Soprattutto, se il riferimento è esplicitamente al «bazooka». Così, c’è chi prevede l’«evento» già nel mese prossimo. Chi, al contrario, ipotizza il passaggio alla fine del primo trimestre del 2015. Ciò detto, un ruolo importante nell’eventuale decisione è giocato dalla dinamica dell’inflazione. Quei prezzi al consumo che, in Eurolandia, sono attesi già per il 27 novembre. Su questo fronte il consensus degli esperti indica un costo della vita «aggregato» che dovrebbe assestarsi allo 0,3% (era stato lo 0,4% in ottobre). In particolare, però, saranno monitorati i prezzi al consumo «core». Cioè, al netto delle componenti alimentari e, soprattutto, energetiche. Quest’ultime infatti, a causa del calo del petrolio, alterano non poco l’indicatore. Ebbene: se l’inflazione «core» risultasse inferiore alle attuali stime (0,7%) e quella aggregata si avviasse verso lo zero, allora qualcosa potrebbe accadere. Altrimenti, è molto più probabile che Draghi prosegua nella sua strategia «verbale» senza annunciare formalmente novità eclatanti.
Ma non è solamente l’inflazione. Un altro elemento, indiretto, a favore del Qe è lo stesso obiettivo di espandere il bilancio della Bce fino a circa 3.100 miliardi (se non di più). Ebbene, gli esperti in coro sottolineano che: «con le misure straordinarie fin qui annunciate il target non si riesce a raggiungere». Basta pensare, ad esempio, alla strategia di acquisto dei covered bond. Questi, deve sottolinearsi, costituiscono il collaterale più «diffuso» nel bilancio della Banca centrale (valgono intorno a 390 miliardi). Nel momento in cui la Bce ne fa shopping potrebbe anche accadere che le banche inseriscano nel «pacchetto d’acquisto» parte dei covered bond già in pancia alla Bce. La quale, a quel punto, avrebbe una modifica di poste contabili ma non l’incremento degli attivi voluto. Ecco quindi che, più in generale, l’acquisto dei titoli di Stato potrebbe diventare una sorta di passaggio obbligato per centrare l’obiettivo fissato da Draghi. Seppure, come ipotesi di ultima istanza.
Già, ultima istanza: ma per fare cosa? Certamente il Qe aiuterà a fare salire i prezzi degli asset e a svalutare l’euro. Se l’impatto sarà anche sull’economia reale è tutto da vedere. Qui, a ben vedere, sono necessarie politiche industriali e investimenti.
Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 22/11/2014