VARIE 21/11/2014, 21 novembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - OBAMA REGOLARIZZA CINQUE MILIONI DI CLANDESTINI
WASHINGTON - Il partito repubblicano l’aveva promesso, e ora ha deciso di fare causa all’amministrazione Obama su alcuni aspetti della riforma sanitaria, la cosiddetta Obamacare. L’accusa, depositata presso il tribunale federale di Washington, è quella di abuso di potere da parte del presidente. Secondo lo speaker della Camera, John Boehner, Obama ha riscritto "unilateralmente" la legge, "agendo da solo, senza il voto del Congresso". Il punto centrale su cui il Grand Old Party sfida l’amministrazione è il controverso ’individual mandate’, ovvero l’obbligo per tutte le persone di acquistare una copertura assicurativa. Ma la miccia che ha fatto esplodere il partito è stata la decisione di Obama, di varare il decreto per regolarizzare fino a cinque milioni di immigrati, aggirando il Congresso.
Dopo la sconfitta elettorale dei democratici e con la maggioranza ottenuta dai repubblicani in Camera e Senato, la battaglia è cominciata. In un editoriale a quattro mani sul Wall Street Journal, il designato leader di maggioranza al Senato, Micht McConnell, e lo stesso Boehner, avevano già fissato un’agenda senza compromessi: l’abrogazione dell’Obamacare, la riforma della legge sulle banche varata all’indomani della grande crisi del 2008, deregolamentazione, tagli di tasse e l’approvazione del progetto TransCanada sulla pipeline Keystone XL.
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I repubblicani accusano l’amministrazione di aver posticipato illegalmente l’obbligo per le aziende con almeno cinquanta dipendenti di offrire la copertura sanitaria agli impiegati a tempo pieno, pena il pagamento di una sanzione. Nel luglio 2013, l’amministrazione ha rinviato l’obbligo al 2015. Sette mesi più tardi, l’amministrazione ha annunciato un nuovo ritardo, fino al 2016, per le aziende con un numero di dipendenti compreso tra cinquanta e novantanove.
I repubblicani sfidano anche "il pagamento illegale" di circa 175 miliardi di dollari alle assicurazioni sanitarie. Secondo il congressional budget office, l’agenzia federale che fornisce i dati economici al congresso, l’amministrazione pagherà quella cifra alle compagnie nei prossimi dieci anni, anche se i fondi non sono stati stanziati dal congresso. Si tratta di una "condivisione dei costi": l’amministrazione in pratica paga le compagnie al posto delle persone che vivono sotto la soglia di povertà o che la superano di due volte e mezzo (dagli 11.670 Ai 29.175 Dollari per un individuo). Se i repubblicani dovessero vincere la loro battaglia in tribunale, la copertura assicurativa non decadrebbe, ma le assicurazioni sarebbero poi costrette ad aumentare i premi a causa della mancanza dei sussidi governativi.
"Il presidente ha scelto ripetutamente di ignorare la volontà degli americani e ha riscritto la legge federale da solo, senza il voto del congresso" ha detto lo speaker della camera, John Boehner. "Se questo presidente può passarla liscia facendosi da solo le leggi, anche i futuri presidenti lo faranno. La camera ha l’obbligo di difendere la costituzione ed è esattamente per questo che stiamo agendo così".
Usa, Obamacare: repubblicani fanno causa al presidente. L’ accusa è di abuso di potere
Lo speaker della Camera, John Boehner
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Non è la sola battaglia. Il partito repubblicano combatterà anche il piano di Obama di regolarizzare fino a cinque milioni di immigrati irregolari. Boehner ha detto che il presidente "non ha dato ascolto" all’elettorato e che "ha danneggiato la presidenza stessa" usando il suo potere esecutivo per impedire il rimpatrio di milioni di persone. Il leader repubblicano ha poi detto che la Camera agirà per rispondere all’azione del presidente, senza specificare come. "Con questa azione, il presidente ha scelto deliberatamente di compromettere qualsiasi possibilità di arrivare alla riforma bipartisan che diceva di cercare". Il Senato, a maggioranza democratica, aveva approvato una riforma delle leggi sull’immigrazione nel giugno 2013, ma la Camera, a maggioranza repubblicana, non ha finora dato seguito alla proposta.
REPUBBLICA.IT
Il discorso di Obama, l’entusiasmo di tra ispanici e asiatici
La regolarizzazione di cinque milioni di clandestini è stata annunciata ieri sera in diretta televisiva dalla sala Est della Casa Bianca. Scene di giubilo si sono registrate nelle strade statunitensi e anche davanti alla Casa Bianca, esibendo cartelli con la scritta ’Gracias, Presidente’. Il provvedimento offre la possibilità "di uscire dall’ombra" a circa 4,1 milioni di familiari di cittadini americani, cioè clandestini con figli nati negli Usa, che potranno ottenere una legalizzazione temporanea e il permesso di lavoro. Sarà inoltre velocizzata e facilitata la concessione dei permessi di soggiorno ai cittadini altamente qualificati e ai cosiddetti "dreamers", gli immigrati arrivati negli Usa da piccoli. Al momento sono circa 1,1 milioni i clandestini che presentano questi ultimi requisiti.
I repubblicani stanno concentrando la loro rabbia sul presidente, per quella che hanno definito una "amnistia esecutiva". Il deputato Michael Mccaul, repubblicano del Texas e a capo della commissione sulla Sicurezza interna della Camera, ha detto che le azioni del presidente non solo sono incostituzionali, ma anche "una minaccia alla nostra democrazia".
NEW YORK - "La nostra tradizione di accoglienza degli immigrati ci ha dato enormi vantaggi, ha fatto di noi una nazione dinamica, giovane, imprenditoriale". Comincia così il discorso di Barack Obama che passerà alla storia come una pietra miliare della sua presidenza, cambierà la vita di cinque milioni di immigrati, e apre da subito un conflitto politico durissimo con la destra, destinato a condizionare l’elezione presidenziale del 2016.
Obama affronta "quello che non funziona nel nostro sistema attuale: milioni di immigrati senza documenti legali di residenza sono sfruttati, sono costretti a vivere nell’ombra anche se vogliono disperatamente rispettare le leggi di questo paese". Accusa i repubblicani di avere bloccato alla Camera una riforma che era già passata al Senato, e avrebbe introdotto delle "corsie di regolarizzazione attraverso il pagamento di multe". Visto che il Congresso non è stato capace di intervenire su un problema così importante, il presidente elenca le tre azioni che avvia usando i propri poteri esecutivi. Primo: rafforzare i controlli alle frontiere, che già negli ultimi anni sotto questa Amministrazione hanno ridotto significativamente gli afflussi illegali. Secondo: rendere più facile e più veloce la concessione di appositi visti "per immigrati ad alta qualificazione". Terzo, risolvere il problema degli immigrati irregolari che già sono qui: "espellere e rimpatriare i criminali, i membri di gang". Non sarebbe "né realistico né giusto", invece, "deportare quei milioni di stranieri che lavorano duro da anni, e molti dei quali hanno figli nati qui".
E’ quest’ultima categoria, molto vasta, l’oggetto dell’azione presidenziale più importante e gravida di conseguenze. "Se siete qui da più di cinque anni - dice il presidente - e in particolare se avete figli nati in America, potete uscire allo scoperto, farvi iscrivere in apposite liste, pagare i tributi legali, e restare qui temporaneamente". La novità riguarda circa cinque milioni di persone, potenzialmente. Sono immigrati in posizione irregolare ma da molto tempo. Sono "ricongiungimenti familiari" fin qui molto difficili con la normativa attuale: i figli nati in America infatti hanno automaticamente la cittadinanza, ma questa non si estende ai genitori. Otterranno permessi di soggiorni a scadenza, validi per tre anni, probabilmente rinnovabili alla scadenza. Il presidente precisa: non vi diamo la Green Card (permesso di residenza permanente), né la cittadinanza, "perché sarebbe ingiusto per coloro che hanno fatto la fila per mettersi in regola, se improvvisamente un’altra categoria di immigrati può passargli davanti".
Il discorso di Obama si conclude con un appello ai valori fondanti del popolo americano: "Il nostro paese ha bisogno di uno scopo comune, di un fine elevato. Gli immigrati sono un arricchimento della nostra società. Questo è un dibattito sulla nostra identità, su chi siamo noi. Non possiamo essere un paese dove i figli vivono nell’angoscia che le madri possano essere deportate. Questo dibattito deve concentrarsi sulle nostre speranze, non sulle nostre paure". Finisce con una citazione della Bibbia: "Una volta eravamo stranieri anche noi".
La portata di quest’azione presidenziale è evidentemente enorme, visto che in gioco c’è lo status legale di cinque milioni di persone. E’ anche una bomba a orologeria che Obama lancia nel campo avverso. Tra le prime reazioni della destra c’è l’intervento di Newt Gingrich (ex candidato alla nomination repubblicana, ex presidente della Camera). Parlando alla Cnn, Gingrich dice: "Per molti di noi questo presidente è fuori controllo, agisce fuori dalla Costituzione". Gli fa eco Steve King, repubblicano dell’Iowa: "Il presidente annuncia misure che non rientrano nei suoi poteri. Si apre una crisi costituzionale. Viene messo in discussione lo Stato di diritto, il rispetto della legge". Per King "il presidente dice che vanno espulsi solo i criminali, ma dimentica che tutti quelli che hanno attraversato la frontiera illegalmente hanno commesso un reato e dunque sono dei criminali".
King è molto preciso nell’elencare l’escalation di controffensive che i repubblicani stanno preparando: "Primo, un voto di censura del presidente al Congresso, e sarebbe la prima volta da un secolo. Secondo: togliergli i fondi, bloccare i finanziamenti alle agenzie federali. Da ultimo, si può arrivare all’impeachment". La parola impeachment viene maneggiata con cautela, i repubblicani ricordano che altre volte si è ritorta contro di loro. Tutta la battaglia sull’immigrazione per loro è un terreno minato. La base militante del partito repubblicano, quella del Tea Party, quella che partecipa più attivamente alle primarie, è anti-immigrati e non disdegnerebbe un procedimento di impeachment.
Ma tutti sanno che all’elezione presidenziale del 2016 voterà un elettorato ben diverso da quello che regalato un trionfo ai repubblicani alle elezioni legislative di midterm tre settimane fa. All’elezione presidenziale l’affluenza è molto più alta. Vanno a votare in percentuali più elevate i giovani e le minoranze etniche: ispanici, asiatici. Queste sono le fasce di cittadini più favorevoli alle misure pro-immigrati. La svolta storica annunciata ieri, una sanatoria temporanea che toglie dalla paura cinque milioni di persone, è anche un immenso beneficio per tutti quei loro parenti e amici che hanno già la cittadinanza, e nel 2016 andranno a votare.
REPUBBLICA.IT
MILANO - "Il governo ritiri l’emendamento sulla ’Social card’ agli stranieri. Dopo l’equivoco che si è creato ieri, crediamo sia opportuno che il governo valuti questa richiesta anche per meglio riformulare l’emendamento stesso. Non è chiaro tra l’altro se il governo vuole estendere la social card o destinare apposite risorse per ottemperare a precedenti obblighi e sanare il contenzioso con le poste. C’è ancora tempo per discuterne". Così il Ncd riapre la questione della social card agli immigrati, nata da una malinterpretazione di una proposta di modifica del governo, letta come allargamento della carta acquisti anche agli extracomunitari, che ha scatenato ieri sera la polemica politica. La norma, introdotta con la manovra dello scorso anno e che già includeva una sperimentazione a favore degli immigrati con regolare permesso di soggiorno, ha visto l’intervento anche del Tesoro: il Mef ha giustificato l’emendamento come sanatoria esclusivamente per il periodo gennaio-marzo 2014 e che non "modifica i criteri per l’accesso alla prestazione".
E’ solo uno dei temi caldi alla ripresa dei lavori sulla Legge di Stabilità, in commissione Bilancio alla Camera, dopo le lungaggini richieste dal Jobs Act.
RAMPINI
NEW YORK - Pochi giorni prima che Barack Obama annunciasse la nuova, storica apertura all’immigrazione, ho ricevuto la cittadinanza americana. A differenza dei cinque milioni di immigrati senza documenti, a cui Obama ha annunciato che non potranno più essere espulsi, io sono diventato americano entrando dalla porta principale. Avevo avuto la Green Card, residenza permanente, nel 2006. In base alla legge, automaticamente dopo cinque anni maturavo il diritto a chiedere la naturalizzazione (che non implica l’addio alla cittadinanza italiana: Italia e Usa consentono la "doppia cittadinanza"). Cinque anni di Green Card, e questa fabbrica di nuovi cittadini che è l’America, ti spalanca le porte per sempre.
Con una piccola complicazione, nel mio caso. La mia procedura è durata il doppio rispetto a quella dei miei figli. L’iter per ottenere la cittadinanza è semplice. La documentazione sul tuo status d’immigrato legale la spedisci per posta ordinaria. Lo U.S. Citizenship and Immigration Service ti convoca entro poche settimane per le impronte digitali e la fotoscansione dell’iride. Altra breve attesa, e arriva il momento dell’"interview", il colloquio. Nel 99% dei casi è una formalità di cinque minuti: un test elementare di lingua inglese, alcune domande sulla Costituzione e lo Stato di diritto. Prima di arrivare al colloquio, però, bisogna riempire un questionario. Come tutti i candidati, ho dichiarato "di non avere evaso le imposte, non avere commesso reati, non avere praticato la poligamia, il gioco d’azzardo illegale, non essere un prostituto né uno sfruttatore di prostitute, non essere un narco-trafficante". Né di essermi reso colpevole di "genocidio, tortura, persecuzione religiosa, guerriglia armata". Poi la domanda fatidica, per me. Sono mai stato iscritto a un partito comunista? Dopo tanti "No", una croce sul "Sì".
Da quel momento la pratica ha avuto un iter diverso. I tempi si sono fatti più lunghi. Ho superato l’esamino di inglese, Costituzione, diritti-doveri del cittadino. Ma a quel colloquio ne è seguito un altro, ben più approfondito. Stavolta non davanti a un semplice impiegato ma a un dirigente, in una stanza separata. Il funzionario Hernandez, di origine ispanica, trentenne. Molto cortese, ha cominciato a interrogarmi sul mio passato comunista. Facile ricordare le date della mia iscrizione al Pci: dal mio arrivo in Italia per l’Università (1974) alla morte di Enrico Berlinguer (1984). Più difficile condensare la storia di quegli anni e di quel partito. Spiegare che non eravamo bulgari, non prendevamo ordini da Leonid Breznev. Che nelle contrapposizioni della guerra fredda ci fu un "eurocomunismo", uno scisma dalla Chiesa sovietica. Che l’attuale presidente della Repubblica italiana apparteneva a quel partito là, e tuttavia venne invitato a Washington dal Dipartimento di Stato. Che Berlinguer disse di "sentirsi più al sicuro da questa parte dell’Alleanza atlantica" (tra i mal di pancia della base).
Tutto questo ho dovuto riassumerlo in modo comprensibile a un funzionario pubblico trentenne, nell’America del 2014. Non tutto sulla difensiva, sia chiaro. Alla domanda su cosa mi avesse "spinto a diventare comunista", ho potuto spiegare: grosso modo le stesse aspirazioni di giustizia sociale per cui Obama ventenne faceva il militante di quartiere a Chicago. Hernandez prendeva appunti, faceva domande, chiedeva precisazioni sulle date. Quando ho creduto di avere finito, ha detto: "Lei è disposto a ripetere tutto questo sotto giuramento? Significa che, in caso di falso, avrà commesso un reato". Ho alzato la mano destra per il giuramento. Ho ricominciato daccapo. Lui ha trascritto tutto. Ha stampato la mia deposizione, me l’ha fatta rileggere e firmare. L’ha aggiunta ordinatamente a un grosso faldone sul mio "caso", che mi è apparso solo a quel punto nella sua dimensione: chili di incartamenti.
Il 7 novembre alle 10 del mattino sono stato convocato per la Oath Ceremony. Se ne svolgono in tutte le città d’America, ogni mese, affollatissime. Nell’aula di tribunale della U.S. District Court, al numero 500 della Pearl Street, Downtown Manhattan, eravamo in duemila per il giuramento finale. Tanti ispanici, asiatici, africani. Accompagnati dai familiari, coi vestiti della festa. La giudice ha fatto un bel discorso: "Siamo una nazione di immigrati, mio marito ha acquisito la cittadinanza da adulto come voi. Da oggi avete tutti i diritti e tutti i doveri degli americani. Vi ricordo il più importante: il diritto di voto, per far pesare la vostra volontà in questa democrazia". In coro abbiamo pronunciato il giuramento. Applausi e qualche lacrima.
Ho ripensato al mio iter un po’ più lungo, al suo anacronismo. Burocrazie e tecno-strutture hanno le loro pesantezze, tendono a combattere ancora la penultima o terzultima guerra. Oggi i pericoli più seri per la sicurezza degli Stati Uniti non vengono da ex iscritti a partiti comunisti scomparsi. Neppure, credo, da quello cinese: l’indomani del mio giuramento partivo al seguito di Obama per Pechino. Dove con la Cina ha raggiunto un accordo importante per la riduzione dei gas carbonici. Un collega inglese, corrispondente dell’Independent, ha scherzato: "Ti hanno dato il passaporto Usa giusto in tempo, ora da americano puoi chiedere l’asilo politico in Cina". No, da italianoamericano, come adesso vengo definito, resto in ammirazione verso questa fabbrica di cittadini unica al mondo. In cui Obama annuncia un nuovo livello di apertura, cancellando l’incubo dell’espulsione dalle vite di cinque milioni di onesti lavoratori.
Il 4 dicembre sbarca in Italia il nuovo film del regista newyorkese: Magic in the Moonlight è la storia di un illusionista, Colin Firth che vuole smascherare una presunta medium, Emma Stone. Allen, grande sostenitore di Barack Obama, difende il presidente americano dopo la sconfitta democratica alle elezioni di Midterm e il calo di consensi
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Usa, 5 milioni di clandestini presto in regola. Obama: è buon senso, non amnistia di massa
Il presidente svela il piano sull’immigrazione: «Una deportazione di massa impossibile e contraria al nostro spirito». Per chi vive nel Paese da 5 anni previsti permessi di lavoro
AP
Il presidente Usa Barack Obama
21/11/2014
paolo mastrolilli
dall’inviato a new york
«Noi non siamo così, non cacciamo le persone che vengono nel nostro paese per lavorare duro e assicurare un futuro migliore ai loro figli». Barack Obama si è appellato ai valori più alti degli Stati Uniti, e ai sentimenti più nobili degli americani, per spiegare i motivi profondi che lo hanno spinto a cambiare le regole dell’immigrazione per decreto. Quindi, citando le Sacre scritture, ha aggiunto: «Noi non opprimeremo lo straniero, perché conosciamo il suo cuore. Anche noi, un tempo, siamo stati stranieri».
Obama ha parlato al paese ieri sera alle 20 dalla Casa Bianca, anche se le principali televisioni commerciali non hanno trasmesso il suo discorso per non interrompere i programmi della fascia prime time. Negli Usa vivono circa 12 milioni di immigrati illegali. La grande maggioranza sono brave persone venute a lavorare, che hanno creato famiglie. Molti però rischiano di essere deportati e divisi dai loro affetti, perché non hanno i documenti in regola. Obama aveva promesso di sanare questa situazione nel 2008 e nel 2012, e aveva adottato il programma DACA che evita l’espulsione dei figli degli illegali portati negli Usa quando erano bambini. Nei mesi scorsi il Senato aveva approvato una legge di riforma bipartisan, ma la Camera dominata dalla corrente più conservatrice del Partito repubblicano l’ha bloccata. Ieri sera quindi il presidente ha rotto gli indugi, annunciando una serie di ordini esecutivi che cambiano le regole.
Quattro milioni di illegali otterranno il permesso di vivere e lavorare negli Usa, se hanno figli nati in America, sono nel paese da almeno 5 anni e non hanno avuto problemi con la legge. Un altro milione verranno protetti dalla deportazione, alzando l’età entro cui dovevano essere entrati da bambini per non incorrere nell’espulsione. Nessuno però riceverà la sanità pubblica o altri benefici statali, per evitare l’accusa che Obama ha aperto le porte per sostenere la sua riforma. Questo ha provocato critiche nella comunità ispanica, ma la Casa Bianca non vuole correre il rischio di compierre atti che potrebbero risultare poi illegali. Il ministro della Giustizia del Texas, infatti, ha già annunciato che farà causa al presidente per violazione della Costituzione. Nello stesso tempo il governo aumenterà il numero dei visti concessi agli studenti stranieri che vogliono fermarsi negli Usa a lavorare, rispondendo così ad una richiesta venuta in particolare dalle aziende della Silicon Valley, per tenere i talenti sviluppati dai centri di istruzione americani.
Obama ha giustificato la sua iniziativa dicendo che è corretta verso le persone beneficiate, conviene al paese che è basato sull’immigrazione, e rispetta i suoi principi fondanti: «Noi vogliamo espellere i criminali, non le madri che faticano per allevare al meglio i loro figli». Quindi ha annunciato che aumenterà le risorse degli agenti impegnati nel controllo delle frontiere, dove comunque gli ingressi illegali sono già scesi al livello più basso dagli anni Settanta. Secondo lui i suoi decreti non rappresentano un’amnistia, perché gli illegali dovranno assumersi la responsabilità di aver violato la legge, e non riceveranno la cittadinanza. Quindi ai parlamentari repubblicani che lo accusano di violare la Costituzione con la sua iniziativa, ha risposto con un atto di sfida: «Ho l’autorità legale per emettere questi ordini, ma la soluzione migliore per me resta sempre quella di una legge approvata dal Congresso. Votate una riforma dell’immigrazione, e io abolirò subito i miei provvedimenti».
I suoi avversari del Gran Old Party, come gli americani chiamano il partito che era stato di Lincoln, hanno risposto con durezza, dandogli dell’imperatore: «Il fatto che il presidente abbia cambiato idea - ha detto lo Speaker della Camera Boehner - non significa che anche la Costituzione sia cambiata». Prima ancora del suo discorso, il nuovo leader del Senato, McConnell, lo aveva avvertito: «Se sfiderà la volontà del popolo, il Congresso agirà». Il suo collega Coburn aveva aggiunto che «ci saranno casi di anarchia, e forse violenza». Le ipotesi considerate dai repubblicani vanno dallo “shutdown” del governo, cioè il blocco delle attività dello stato negandogli i fondi, fino all’impeachment del presidente. La Casa Bianca risponde che il presidente ha l’autorità legale per agire su questa materia, perché tocca a lui stabilire le regole per le deportazioni, e ha ricevuto per due volte il mandato politico per affrontarla, vincendo le elezioni del 2008 e quelle del 2012 con la promessa di fare la riforma dell’immigrazione.
Di sicuro il passo compiuto ieri segna una rottura netta con il Congresso, e apre una fase di scontro fra democratici e repubblicani che durerà fino alle presidenziali del 2016. Dopo la sconfitta nelle elezioni midterm del 4 novembre scorso, Obama ha deciso subito che doveva reagire dimostrando di non accettare il ruolo dell’anatra zoppa. L’immigrazione per lui era il terreno giusto perché da una parte gli consente di mantenere una vecchia promessa elettorale, che servirà a ricompattare gli ispanici con il Partito democratico, nella coalizione già vittoriosa nel 2008 e nel 2012. Dall’altra, gli ordini esecutivi uccideranno sul nascere quasi ogni possibilità di collaborare con il nuovo Congresso dominato dai repubblicani, sperando che questo scontro faccia emergere l’ala più estremista del Grand Old Party, impopolare tra i moderati, in vista delle presidenziali del 2016.
I repubblicani invece sono convinti che le decisioni di Obama provocheranno una reazione così negativa da parte degli altri gruppi della società americana, da compromettere le prospettive politiche dei democratici. E’ una sfida appena cominciata, che durerà per i prossimi due anni, estendendosi anche ad altri temi come la protezione dell’ambiente. Una campagna elettorale già avviata, per decidere il futuro degli Stati Uniti.
INASPRIMENTO DEI CONTROLLI CONTRO L’IMMIGRAZIONE ILLEGALE AI CONFINI
Con l’azione del presidente aumentano le chance di cattura di coloro che cercheranno di entrare clandestinamente negli Stati Uniti. Chi sarà colto in flagrante sarà rispedito a casa.
DEPORTAZIONE DEI CRIMINALI, NON DELLE FAMIGLIE
L’azione del presidente punta alla deportazione di coloro che minacciano la sicurezza nazionale e quella pubblica. Chi è sospettato di terrorismo, criminali e componenti di gang saranno in cima alla lista di chi deportare con priorità.
RESPONSABILITÀ E CONTROLLO DEI PRECEDENTI PERSONALI E FISCALI
L’azione di Obama punta a far sì che gli immigrati senza documenti che hanno vissuto più di cinque anni negli Stati Uniti o che sono genitori di un cittadino americano o di un titolare di permesso di soggiorno permanente, potranno ottenere un permesso di lavoro di tre anni. Registrando e superando i controlli criminali e di sicurezza, milioni di cittadini senza documenti inizieranno a pagare il giusto ammontare di tasse e potranno stare negli Stati Uniti senza timore di essere deportati per tre anni.
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by U.S. Census Bureau
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Population of the U.S. by Race and Hispanic Origin
U.S. Hispanic/Latino Population
Persons Speaking a Language Other than English at Home
Countries of Birth of the Foreign-Born Population
Immigrants to U.S. by Country of Origin
Educational Attainment by Race and Hispanic Origin
Population
54 million
The Hispanic population of the United States as of July 1, 2013, making people of Hispanic origin the nation’s largest ethnic or racial minority. Hispanics constituted 17 percent of the nation’s total population.
1.1 million
Number of Hispanics added to the nation’s population between July 1, 2012, and July 1, 2013. This number is close to half of the approximately 2.3 million people added to the nation’s population during this period.
2.0%
Percentage increase in the Hispanic population between 2012 and 2013
128.8 million
The projected Hispanic population of the United States in 2060. According to this projection, the Hispanic population will constitute 31 percent of the nation’s population by that date.
2nd
Ranking of the size of the U.S. Hispanic population worldwide, as of 2010. Only Mexico (120 million) had a larger Hispanic population than the United States (54 million).
64%
The percentage of those of Hispanic origin in the United States who were of Mexican background in 2012. Another 9.4 percent were of Puerto Rican background, 3.8 percent Salvadoran, 3.7 percent Cuban, 3.1 percent Dominican and 2.3 percent Guatemalan. The remainder was of some other Central American, South American or other Hispanic/Latino origin.
States and Counties
34.4 years
Median age of Hispanics in Florida, the highest of any state in the country.
10 million
The estimated population for those of Hispanic origin in Texas as of July 1, 2013.
8
The number of states with a population of 1 million or more Hispanic residents in 2013 - Arizona, California, Colorado, Florida, Illinois, New Jersey, New York and Texas.
55%
The percentage of all the Hispanic population that lived in California, Florida and Texas as of July 1, 2013.
47.3%
The percentage of New Mexico’s population that was Hispanic as of July 1, 2013, the highest of any state.
14.7 million
The Hispanic population of California. This is the largest Hispanic population of any state.
4.8 million
Los Angeles County had the largest Hispanic population of any county in 2013.
50,000
Miami-Dade County in Florida had the largest numeric increase of Hispanics from 2012 to 2013.
22
Number of states in which Hispanics were the largest minority group. These states were Arizona, California, Colorado, Connecticut, Florida, Idaho, Illinois, Iowa, Kansas, Massachusetts, Nebraska, Nevada, New Hampshire, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon, Rhode Island, Texas, Utah, Washington and Wyoming.
Families and Children
11.9 million
The number of Hispanic family households in the United States in 2013.
62.4%
The percentage of Hispanic family households that were married-couple households in 2013. For the total population in the U.S., it was 73.2 percent.
58.5%
The percentage of Hispanic married-couple households that had children younger than 18 present in 2013, whereas for the nation it was 40.3 percent.
65.1%
Percentage of Hispanic children living with two parents in 2013, whereas nationwide it was 68.5 percent.
43.1%
Percentage of Hispanic married couples with children under 18 where both spouses were employed in 2013, whereas nationwide it was 58.0 percent.
Spanish Language
38.3 million
The number of U.S. residents 5 and older who spoke Spanish at home in 2012. This is a 121 percent increase since 1990 when it was 17.3 million. Those who hablan espanol en casa constituted 13.0 percent of U.S. residents 5 and older. More than half (58 percent) of these Spanish speakers spoke English "very well."
73.9%
Percentage of Hispanics 5 and older who spoke Spanish at home in 2012.
Income, Poverty and Health Insurance
$39,005
The median income of Hispanic households in 2012
25.6%
The poverty rate among Hispanics in 2012 was 25.6 percent.
29.1%
The percentage of Hispanics who lacked health insurance in 2012, down from 30.1 percent in 2011
Education
64.0%
The percentage of Hispanics 25 and older that had at least a high school education in 2012.
13.8%
The percentage of the Hispanic population 25 and older with a bachelor’s degree or higher in 2012.
4 million
The number of Hispanics 25 and older who had at least a bachelor’s degree in 2012.
1.3 million
Number of Hispanics 25 and older with advanced degrees in 2012 (e.g., master’s, professional, doctorate).
6.8%
Percentage of students (both undergraduate and graduate) enrolled in college in 2012 who were Hispanic.
23.3%
Percentage of elementary and high school students that were Hispanic in 2012.
Foreign-Born
35.6%
Percentage of the Hispanic population that was foreign-born in 2012.
64.3%
Percentage of the 10.3 million noncitizens under the age of 35 who were born in Latin America and the Caribbean and are living in the United States in 2010-2012.
Jobs
67.1%
Percentage of Hispanics or Latinos 16 and older who were in the civilian labor force in 2012.
19.5%
The percentage of civilian employed Hispanics or Latinos 16 and older who worked in management, business, science and arts occupations in 2012.
Voting
8.4%
The percentage of voters in the 2012 presidential election who were Hispanic. Hispanics comprised
7 percent of voters in 2010.
Serving our Country
1.2 million
The number of Hispanics or Latinos 18 and older who are veterans of the U.S. armed forces.
Businesses
2.3 million
The number of Hispanic-owned businesses in 2007, up 43.6 percent from 2002.
$350.7 billion
Receipts generated by Hispanic-owned businesses in 2007, up 58.0 percent from 2002.
23.7%
The percentage of businesses in New Mexico in 2007 that were Hispanic-owned, which led all states. Florida (22.4 percent) and Texas (20.7 percent) were runners-up.
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