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 2014  novembre 21 Venerdì calendario

TOGLIATTIGRAD, QUANDO LA FIAT COSTRUI’ IL SOGNO SOVIETICO DELL’AUTO

Nella terra dei soviet, dove il partito unico aveva imposto una ben precisa gerarchia di doveri e piaceri, lo spirito dell’operaio non guarda più il cielo. Confessa un ingegnere russo dell’Unione Sovietica: «Possedere un auto di proprietà era divenuto un grido dell’anima». Potendo contare su libertà minime e un paniere assai ristretto di beni cui accedere, la storica 124 della Fiat è pronta a trasformarsi nella mitica Žiguli e rispondere a questo desiderio, che nulla ha di spirituale. Il mercato è immenso, come la steppa della regione del Kujbyšev ove proprio cinquant’anni fa sorse l’odierna Togliattigrad, nei cui capannoni e anonime palazzine s’incontrarono il capitalismo occidentale e l’ideologia comunista. Per Federico Schiavi e Gian Piero Palombini la storia della costruzione dello stabilimento automobilistico più grande del-l’Est Europa e dell’agglomerato urbano che negli anni ’60 gli sorse attorno non poteva rimanere confinata negli archivi dell’industria torinese. Dai vapori degli altiforni emergono testimonianze di chi allora fu coinvolto in un progetto dai tratti quasi epici. Dopo anni di ricerche il docufilm Togliatti(grad) sarà presentato al To- rino Film Festival venerdì prossimo. Le immagini ci fanno conoscere la dura vita degli operai italiani, costretti ad affrontare situazioni avverse, oltre che il controllo dei russi. Su entrambi i fronti si coglie, però, un atteggiamento condiviso nei confronti del lavoro, vissuto con una certa retorica e molto entusiasmo. «Italiani e sovietici seppero interagire in modo formidabile – precisa Schiavi –. La scelta della Fiat come partner di AutoVaz per la costruzione degli stabilimenti e per le modalità di lavoro ci hanno anche fatto scoprire come la distanza tra i due mondi fosse assai meno marcata di quello che possiamo immaginare. La Fiat di quei tempi, infatti, era una struttura estremamente verticistica, che controllava indirettamente anche la vita dei lavoratori dal tempo libero all’educazione. Questo piaceva molto ai sovietici, perché così avevano la certezza di collaborare con un’azienda che sapeva sorvegliare bene i suoi dipendenti. Per questo la Fiat venne preferita alla Ford e alla Renault».
Una anziana traduttrice ricorda i tempi dell’Unione Sovietica. «La società comunista era un’utopia, ma l’aspirazione a una società più giusta e umana era qualcosa di bello», confessa. Si percepisce la sua disillusione. «È l’atteggiamento di molti – continua il regista – perché per loro, dopo la caduta del comunismo, i rapporti interpersonali non sono migliorati tanto quanto le condizioni materiali. Il benessere di una società non dipende soltanto da quello economico, ma anche dalla possibilità di avere regole giuste di convivenza».