Filippo Caleri, Il Tempo 21/11/2014, 21 novembre 2014
E SE TORNASSIMO A MILLE LIRE AL MESE?
Per anni l’euro è stato amato da tutti. Nella notte tra il 31 dicembre 2001 e il primo gennaio del 2002, giorno del cambio del conio, il dispiacere dell’abbandono per la Lira lasciò facilmente il posto all’entusiasmo per la moneta simbolo dell’Unione Europea. E all’inizio in effetti fu vera passione. L’inflazione che aveva falcidiato per anni i redditi dei salariati era un mostro che da quel momento si sarebbe combattuto ad armi pari. Non solo. Basta con i mutui per acquistare casa con interessi a due cifre. Anche gli italiani potevano accedere a un tasso di interesse basso e allineato a quello ottenuto dai consumatori tedeschi o francesi. Più stabilità. Finalmente! Si disse.
IL SOGNO INFRANTO
Ma il sogno finì presto. Per il vizio italico della furbizia del singolo ai danni della collettività, quel meraviglioso congegno della doppia indicazione del prezzo svanì presto. E commercianti, ristoratori e professionisti si sentirono autorizzati ad applicare la semplice equazione: mille lire uguale un euro. Fu l’inizio della fine del grande amore. Improvvisamente gli italiani scoprirono l’impoverimento e, il travaso di ricchezza da chi erogava servizi e chi li comprava, fu enorme. Qualcumo cominciò a storcere il naso. Ma l’eurobarometro italiano segnava ancora bel tempo per la moneta unica. Fino al 207, l’inizio della grande Crisi, per contrastare la quale la cancelliera Merkel impose il verbo dell’austerity. Il resto è storia di oggi: dopo le carezze all’euro si è passati agli schiaffi al punto che anche nelle stanze del potere si comincia a ragionare su un possibile ritorno alla moneta nazionale. L’economista Jacques Sapir sul suo blog ha scritto: «I consiglieri economici di Renzi sono molto pessimisti sull’avvenire del Paese. Stimano che, se non ci sarà quest’inverno un forte cambiamento della politica economica tedesca, l’Italia non avrà altra possibilità che uscire dall’euro verso l’estate 2015».
IL RITORNO A SEI ZERI
Il Tempo per questo ha provato a immaginare il changeover al contrario: dall’euro alla lira. Si comincia dal conto in banca dove la liquidità accumulata in anni di magra improvvisamente si esponenzializza. I circa 2000 euro di norma presenti sul conto corrente della famiglia media si tramutano in quasi 4 milioni di lire. Se poi ci si trovasse in prossimità del 31 del mese, il salario arriverebbe in banca già nel vecchio conio. Posta una media di di 1500 euro (un dipendente con una discreta anzianità di servizio) il primo del mese lo stesso nucleo potrebbe contare su un bottino prossimo ai 7 milioni di lire. Non male. Almeno nella percezione dei sei zeri finali dopo anni a tre.
LA GIORNATA INIZIA
Riempito il portafoglio di bigliettoni italiani si comincia una normale giornata con la sosta al bar. E lì la prima sorpresa. Un caffè fino a ieri a 80 centesimi si trasforma nella prima batosta. Al cambio significano 1550 lire. Se ci si aggiunge un cornetto da 70 centesimi si arriva a un euro e cinquanta. Ovvero 3 mila lire. Un bel budget, sicuramente affrontabile. Ma è a cena che il changeover farebbe pesare tutta la sua carica esplosiva. Il piatto dell’economicità per eccellenza, ovvero la pizza margherita annaffiata da una birra media e rinforzata da un onesto supplì di riso si concretizzerebbe in un conto prossimo alle 30 mila lire. Per persona chiaramente. Ciò significa che un padre di famiglia con moglie e due figli al seguito in una normale pizzeria cittadina dovrebbe staccare un assegno superiore alle 100 mila lire. Non solo. Nell’abbigliamento i listini potrebbero impaurire molti teenager italiani. Un paio di scarpe da running hanno un costo di circa 80 euro si trasformerebbero in un piccolo investimento: ben 160 mila lire.
IL SALASSO IN CRESCITA
Più si sale e più la spesa tende a diventare un autentico salasso. Basta pensare allo smartphone. L’iPhone della Apple, prezza intorno ai 600 euro, tradotto in lire significa presentarsi alla cassa con 12 biglietti da centomila. Per sedersi sulla nuova 500 della Fiat, nella versione meno accessoriata servono oggi 12 mila euro. Significa presentarsi alla concessionaria e lasciare o firmare cambiali per 24 milioni di lire. Scenari da brivido che da impossibili oggi sembrano improvvisamente avverabili.