Federica Furino, Gioia 20/11/2014, 20 novembre 2014
ADOTTA UN SINGLE
Quando parla di Marco, Carla Forcolin ancora fatica a trattenere le lacrime. Anche se è passato tanto tempo e quel bimbo abbandonato è diventato un ragazzo; anche se lui ha trovato una famiglia e ha avuto le stesse probabilità di essere felice di chi è partito meglio; anche se lei, di bambini soli, da quel giorno ne ha incontrati tanti e per sostenere i loro diritti ha fondato un’associazione (La gabbianella e altri animali). Il dolore sale comunque, come un rinesso condizionato: Carla ricorda e la voce si rompe. Perché, come dice lei, il mondo è pieno di figli che aspettano di essere figli, ma quando sei una donna sola la probabilità che diventino figli tuoi è remota. A prescindere dall’amore dato, preso, condiviso. «Seguivo Marco da un po’. La madre lo aveva abbandonato a un anno e mezzo. Non viveva con me, ma gli dedicavo del tempo. Dieci ore a settimana, se potevo di più. Non ho mai pensato di poterlo adottare». Non sapeva che esistono delle eccezioni, dei casi speciali (tipo quando c’è già un legame tra l’adulto e il bambino, oppure quando il bambino per problemi di età o di salute difficilmente troverebbe una famiglia), previsti dall’articolo 44 della legge 184 del 1983, in cui, anche se sei single, puoi adottare un bimbo. «Nessuno me lo aveva detto. Mi limitavo a volergli bene e a dirgli che un giorno avrebbe trovato una mamma giovane e un papa con una macchina fiammante». Anche quando lui rispondeva: “Io Carla”. «Poi un giorno Marco è stato dato in adozione e io non l’ho più visto». Un solo incontro, per caso: «Siamo stati un po’ insieme. Credo che i genitori si siano ingelositi quando mi ha chiesto di accompagnarlo a fare pipì. Mi sono offerta come babysitter e mi hanno risposto: “Signora, lei conosce il significato della parola addio?”».
I bambini in affido
La parola addio, invece, esiste e nelle storie dei bambini come Marco – abbandonati dai genitori o cresciuti in famiglie tormentate e infelici, dove la mancanza di sentimenti è una sofferenza peggiore della povertà – si ripete come un mantra, mostrando tutte le peggiori conseguenze del suo significato: la fiducia tradita, i sentimenti calpestati, il carapace che si forma attorno al cuore per proteggerlo dagli urti. Bambini abbandonati, maltrattati o ignorati, tolti temporaneamente a genitori che non riescono o non vogliono occuparsi di loro, e “dati” a qualcuno: servizi sociali e case famiglia, oppure persone comuni disposte a tenerseli in casa, nel weekend, per le vacanze o per anni. Li chiamano genitori affidatari; sono coppie sposate, ma anche categorie a cui è preclusa la possibilità di adottare: coppie di fatto, coppie gay, persone in là con gli anni, oppure appunto single. Aprono le porte delle loro case già sapendo che prima o poi, da quelle porte, i bambini usciranno per tornare da chi li ha messi al mondo o per andare da genitori nuovi se vengono dichiarati adottabili.
Succede però che queste “famiglie a tempo determinato” funzionino così bene da far sentire l’ingiustizia di un addio coatto se vengono recise (perché appunto mancano i requisiti per l’adozione e cioè: essere una coppia sposata da almeno tre anni e avere al massimo 40 anni più del bambino).
Il diritto all’affetto
Ora però qualcosa potrebbe cambiare per questi bambini e per chi intercetta le loro vite. La Commissione giustizia del Senato, ha infatti approvato il disegno di legge 1209, presentato dalla senatrice Pd Francesca Puglisi, e pensato proprio per dare all’affido un esito più umano per tutti. Se le Camere diranno sì, infatti, verrà garantito il diritto dei bambini a legarsi ai genitori affidatari e a rimanere con loro. Oppure, a mantenere comunque un contatto, quando l’adozione non sia percorribile. Garantendo nell’uno e nell’altro caso la continuità degli affetti.
Significa quindi che anche i single, le coppie di fatto o gay potranno adottare i bambini che hanno avuto in affido? In un certo senso sì, anche se continuerà a essere un’eccezione e non un diritto. Perché il riferimento ai requisiti previsti dalla legge sulle adozioni è indicato anche qui. Ma più facilmente aggirabile. «La legge permette già ai single e alle coppie non sposate di adottare nel caso di affidi prolungati», spiega Francesca Puglisi. «Ma tutto dipende dalla discrezionalità del giudice. Con questa legge che tutela il diritto dei bambini alla continuità degli affetti, la discrezionalità del giudice si ridurrà e appellarsi all’articolo 44 sarà più facile per tutti. Detto questo, non è da escludere che, nell’iter parlamentare, il riferimento ai requisiti per l’adozione cada».
È quello che si augurano anche Carla Forcolin e un po’ tutti quelli che come lei, a vario titolo, lavorano con i bambini in affido e in adozione. «Le famiglie tradizionali disponibili all’affido sono poche. I bambini invece molti. E quando nessun altro li vuole, vengono dati anche a single e coppie di fatto. Poi però, quando gli stessi bambini sono dichiarati adottabili, spuntano le coppie sposate che per legge sono le uniche titolate ad adottarli. In teoria, una coppia solida è meglio di una singola persona. Ma, durante l’affido, sei monitorato costantemente da un giudice. E se tutto funziona, se il bambino si fida, perché tradirlo e fargli cambiare casa? Come fa a capire che siccome non hai un marito non puoi essere sua madre? E poi essere single non vuol dire vivere come un eremita: hai dei parenti, degli amici, dei genitori, dei fratelli». Una rete di persone con cui il bambino entra in contatto. «Non mi basta sapere che sarà più facile fare una battaglia legale. Deve essere eliminato da questa legge il riferimento ai requisiti di età e stato civile. Ha senso che persone si sposino solo per poter adottare? O che un bambino cambi casa tre volte per avere genitori sposati, come se il matrimonio fosse indissolubile ?».