Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 20 Giovedì calendario

PENSIONATI DIVISI TRA EST E OVEST

da Berlino
Per i prossimi due anni annuncia aumenti fino al cinque per cento. Una misura che dovrebbe contrastare la crescente paura per il domani. La maggioranza di quanti oggi ricevono una paga media, tra i duemila e i tremila euro lordi, quando andranno in pensione, dovranno vivere con una cifra di poco superiore all’attuale assegno sociale (392 euro più l’alloggio).
Un’esistenza sulla soglia di povertà.
I pensionati ricevono ancora un trattamento diverso tra est e ovest, e così gli aumenti previsti saranno più generosi nelle regioni della ex Ddr. Chi oggi ha una pensione di 500 euro al mese, avrà all’ovest 7,85 euro d’aumento il prossimo anno, e 22,90 nel 2016. All’est, rispettivamente 8,55 euro e 23,50. Chi riceve duemila euro al mese, vedrà salire la pensione di 31,40 euro nel 2015, e di 91,62 l’anno seguente. I tedeschi dell’est avranno 34,20 euro e nel 2016, quasi 94 euro. «Ma, avverte la Bild, si teme che le promesse non vengano mantenute, come spesso è avvenuto in un recente passato».
I pensionati non vengono stangati come da noi, e non è pensabile una Fornero che cambi le regole con misure retroattive. Il patto sociale viene rispettato. Le modifiche sono sempre per il futuro. Si è portata l’età pensionabile da 65 a 67 anni, ma l’aumento è progressivo, spalmato su vent’anni. Ma la maggioranza anticipa il ritiro dalla vita attiva: in media oggi si va in pensione intorno ai 61 anni. È possibile, rinunciando al due per cento ogni anno d’anticipo. I liberi professionisti, gli artigiani, e quanti hanno sottoscritto fondi pensione integrativi, dovranno però rifare i calcoli: a causa dei bassi tassi d’interesse decisi dalla Banca centrale europea, il rendimento è calato quasi allo zero. Le grandi imprese che per contratto pagano ai dipendenti fondi per una pensione aziendale supplementare, saranno costrette a sborsare 371 miliardi di euro in più per garantire i livelli garantiti.
Oggi, in media, chi si ritira può sperare sul 51 per cento dell’ultimo stipendio, fra quindici anni si scenderà al 43 per cento. Nel 2010, appena il tre per cento dei pensionati riceveva 688 euro al mese, il minimo vitale, calcolando anche le spese per l’alloggio, compreso nell’assegno sociale. Ma quanti oggi ricevono uno stipendio medio, sui duemila euro, si troveranno poveri nel 2030, e saranno costretti a chiedere un’integrazione sociale per sopravvivere e pagare l’affitto.
L’Associazione dei pensionati rivela che a Monaco dieci anni fa, le richieste di integrazione erano due al giorno, oggi siamo passati a nove, e la situazione peggiora di mese in mese. E la Baviera è il Land più ricco del paese. La maggioranza di quanti ha bisogno di aiuto, sono donne, oltre il 70 per cento. Hanno lavorato per meno anni per badare ai figli piccoli, oppure hanno lavorato a orario ridotto. «Magari, scrive la Süddeutsche Zeitung, la loro pensione è di qualche euro al di sopra della soglia di povertà, ma non riescono a far fronte alle bollette, all’abbonamento televisivo, a una spesa improvvisa, all’acquisto di un nuovo paio di scarpe».
«La nuova povertà è la solitudine», denuncia Frau Lydia Staltner, dell’associazione Seniorenhilfe di Monaco (aiuto agli anziani). «Una pensione al di sotto del livello di dignità, costringe a rinunciare ai rapporti sociali, perché non ci si può permettere un biglietto della metro, o un caffè con gli amici, un cinema».
Roberto Giardina, ItaliaOggi 20/11/2014