Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/11/2014, 20 novembre 2014
PERISCOPIO
Renzi è deciso: poiché il popolo non è d’accordo bisogna nominare un nuovo popolo. Jena. la Stampa.
Livia Turco piange in diretta: «Soffro per quelli che non si iscrivono più al Pd». Coraggio, ora sono in un posto migliore. Spinoza. Il Fatto.
Nel 1958 mio padre fermò il lavoro alla Gilardini per festeggiare Tunìn, il primo operaio arrivato con l’auto anziché in bici. Carlo De Benedetti. Corsera.
Il sindaco Marino insiste: «Contro di me i poteri forti». Bello che consideri così tanto i suoi concittadini. MF.
Laura Boldrini dice: «Cruciale è la crescita che non c’è, sono i posti di lavoro che mancano. Il problema è crearli, non erodere le garanzie di chi un lavoro ancora ce l’ha». Fin qui però siamo al sindacalese da comizio, più Landini che Boldrini. Il Foglio.
Persino i 5stelle, suoi presunti nemici, portano festosamente in processione Nostra Signora del Parlamento Violato, al secolo Santa Laura Boldrini, inzuccherata vergine e martire con tanto di aureola, piedistallo, causa di beatificazione e teca di cristallo. Marco Travaglio. Il Fatto.
Tutti i ministri e la corte dei sottosegretari del Prodi 2 si fece subito conoscere per la voglia spudorata di esternare. Neppure un battaglione di teste quadre reggiane alla Prodi sarebbe riuscito a zittire chi aveva un incarico in quel governo. Un’impresa impossibile, soprattutto in un’epoca dominata dalla televisione, un media diabolico, capace di certificare anche degli inesistenti. E con i quotidiani che stavano riducendo le notizie a un filo esile fra un’intervista e l’altra. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.
Più di vent’anni di zelante europeismo, nuova ideologia di una sinistra che trasferiva a Bruxelles il sol dell’avvenire tramontato all’Est, vengono buttati a mare in un sol colpo. Al posto dell’integrazione europea, cui hanno dedicato la vita leader fino a ieri venerati come Spinelli, Prodi e Napolitano, ecco che si propone la «disintegrazione ordinata» della moneta unica, così da farne due, o tre, o quindici, come se questo risolvesse il nostro problema cruciale: il costo di un enorme debito. Antonio Polito, Corsera.
Nel piccolo museo di Aidone, che ospita la Venere di Morgantina, non ci sono brochure o guide perché la Regione, manco a dirlo, non ha i fondi, visto che il capitolo di spesa per il funzionamento dei Beni culturali è stato azzerato dal governatore Rosario Crocetta, alle prese con un buco di bilancio di 3 miliardi di euro. Un gioiello, la Venere, che al Getty Museum di Malibù, in poche settimane, ha attratto 400 mila visitatori e che da quando è tornata in Sicilia è stata ammirata da non più di 30 mila persone in un anno. In compenso ad Aidone, la Regione ha sul groppone ben tre dirigenti, con stipendi che variano dai 60 agli 80 mila euro lordi all’anno. Due di loro sono agronomi. Sì, proprio così, con un lungo curriculum di pubblicazioni sul grano e le coltivazioni autoctone della Sicilia. Antonio Fraschilla, la Repubblica.
Quando è diventato segretario della Lega, 11 mesi fa, Salvini stava a 100 mila fan. Adesso ne conta 454.409 contro i 750 mila di Renzi: lui con un partito che ha preso il 6 per cento alle Europee 2014 (veniva dal 4 delle Politiche 2013), l’altro il 40. Lui, il Matteo di destra, erede di una Lega stramazzata dagli scandali e dal tragico tramonto di Bossi. L’altro, il Matteo di sinistra, travolgente vincitore di primarie e più giovane presidente del Consiglio della storia repubblicana. Carlo Verdelli, la Repubblica.
Quanti italiani sanno che Stefano Cucchi, prima dell’arresto come spacciatore (a casa sua sono stati trovati durante la perquisizione due panetti di hashish del peso di 905 grammi, un involucro di cocaina di 103 grammi, tre bilancini di precisione, materiale da confezionamento, confezioni di mannite, cellophane e carta di alluminio, altri involucri con hashish sparso per casa) era stato ricoverato ben 17 volte al pronto soccorso a causa di ferite, lesioni, fratture refertate negli anni da decine di medici, tutte subìte nel limaccioso mondo che frequentava? È mai possibile che nel 18esimo ricovero i responsabili di lesioni siano stati i tre agenti della polizia penitenziaria? Carlo Giovanardi. Il Foglio.
Sarei finita nell’isola dei nevrotici. Ma li avete visti i maschi ossessionati dal loro profilo? Questi che si credono belli e si specchiano tutto il giorno, mi fanno una gran pena. Negli uomini il narcisismo è parente stretto dell’omosessualità. La donna lo capisce subito, il bluff lo svela in un minuto. Virna Lisi, attrice. il Fatto.
Il fallimento delle rivoluzioni liberali del 1848 ha provocato nei ceti intellettuali di Italia, Germania, Francia, Spagna una reazione contro le classi medie che è arrivata fino a oggi. Un’opposizione che ha preso la forma del conservatorismo, del materialismo storico, del marxismo, del fascismo, dello statalismo: del rifiuto della carica innovativa e liberale della borghesia. Ancora oggi c’è la tendenza a creare nuove aristocrazie. Deirdre McCloskey, economista, che fino al 1995 era un uomo, in I vizi degli economisti, le virtù della borghesia. Ibl libri. Corsera.
Secondo Manzoni, due grandi avvenimenti del passato, la Controriforma della Chiesa cattolica e la dominazione spagnola a Milano e a Napoli, hanno modificato profondamente la nostra indole e i nostri costumi, facendoci diventare come eravamo ai suoi tempi e come in parte siamo ancora oggi. Anch’io mi ero convinto che il nostro carattere nazionale fosse nato lì, in quei cento anni tra la metà del Cinquecento e la metà del secolo successivo. Tra Controriforma e dominazione spagnola. La Controriforma, ci dicono i libri di storia, ha cambiato i connotati della Chiesa e di un papato, che era ormai diventato una corte rinascimentale. Ha imposto con forza, anche con gli strumenti del Sant’Uffizio e dell’Inquisizione, la religione come centro della vita degli uomini nei Paesi cattolici, sia per gli appartenenti alla nobiltà che per i ceti popolari. Ma anche la dominazione spagnola nel Nord e nel Sud del Paese e l’influenza della Spagna nella politica italiana di quegli anni hanno lasciato un segno indelebile nella nostra organizzazione sociale e nel nostro modo di essere cittadini di uno Stato. Un segno che non è ancora scomparso. Sebastiano Vassalli, La chimera. Rizzoli.
Checché se ne dica, l’anima del commercio è la furbizia. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/11/2014