Mario Platero, Il Sole 24 Ore 20/11/2014, 20 novembre 2014
RIECCO I VIZI DELLA TURBOFINANZA
Acquisto della Actavis di Allergan, 66 miliardi di dollari per il successo di un prodotto, il botox. L’operazione si dice, è anche un po’ lo specchio della crescita americana. Forse. Ma in quest’operazione ci sono anche tre elementi che mostrano quanto le riforme per evitare gli eccessi speculativi che hanno portato al crollo dei mercati del 2007/2009 siano state poco efficaci. Il primo: l’operazione non avrebbe avuto la dinamica che ha avuto senza un ruolo chiave dei fondi hedge. Il secondo: con quest’operazione si è stabilito un approccio nuovo, per la prima volta un investitore speculativo e un investitore strategico si sono alleati per esercitare pressioni sul management, sviluppo questo considerato da alcuni pericoloso e potenzialmente illegale per possibili conflitti di interesse. Terzo, l’acquirente, Actavis è uno degli esempi classici dell’"inversion", quello stratagemma cioè che consente di trasferire, magari attraverso una acquisizione, i quartieri generali all’estero per minimizzare il carico fiscale.
È difficile che senza la convergenza di questi tre elementi l’operazione Allergan potesse seguire la dinamica che ha seguito, con una partenza ostile, per poi chiudersi con una creazione di valore aggiuntivo di oltre 20 miliardi di dollari in pochi mesi. Gli azionisti sono naturalmente felici. Ma c’è una domanda di fondo: si tratta di valore reale, rappresentativo del rapporto fatturato/profitti attesi? O molto speculativo, forzato dall’attivismo dei fondi Hedge e dunque a carattere temporaneo? A fronte di queste operazioni ci sono finanziamenti concessi dalle banche in base ai valori congrui del bene patrimoniale acquistato. Nel caso ipotetico che un valore dovesse cadere per un mancato realizzo di aspettative, le banche rischiano di trovarsi con prestiti concessi allo scoperto. Quanti casi potrebbero essere a rischio nelle operazioni americane? Sempre lunedì la Halliburton ha perfezionato l’acquisto di Baker Hughes per 34,6 miliardi di dollari. Anche in quel caso sembrava che un’offerta ostile potesse materializzarsi. In un giorno si sono avute operazioni per 100 miliardi di dollari. Ma per l’intero 2014, le stime secondo alcuni potrebbero sfiorare i mille miliardi di dollari e superare il record precedente di fusioni e acquisizioni stabilito nel 2000. Cosa succederà se su cifre di questo genere si comincerà ad avere la percezione di un forte pericolo speculativo?
Ma veniamo alla dinamica dell’operazione Allergan e al ruolo dei fondi hedge, circa 15 (per un valore complessivo superiore ai 12 miliardi), inclusi alcuni dei celebri come quello di Paulson o Blackrock. Le pressioni specualative hanno spinto il titolo al rialzo, ma la parte del leone in questo caso l’ha fatto William Ackman, fondatore di Pershing Square che ha acquistato il 9,7% del pacchetto Ackerman. Ackman ha usato tutte le tattiche disponibili all’investitore attivista. Ad esempio si strapazza il consiglio e il managament dell’azienda obiettivo accusandolo di inefficienza.
La tattica di Ackman si chiama "toehold", che potremmo chiamare "appiglio". La tecnica è semplice, l’investitore interessato a una certa azienda acquista una percentuale del pacchetto azionario per segnalare che vi è un interesse su quel titolo, che a quel punto entra ufficialmente in gioco sul mercato. Il New York Times ricorda che questa tecnica era molto usata negli anni 80 quando dominavano le offerte ostili. La sostanza è che qualcun altro si aggiungeva alla corsa magari un investitore strategico e non speculativo. Se l’investitore speculativo perdeva l’operazione poteva guadagnare sul rialzo del prezzo. La differenza tra le due offerte è rilevante: in genere l’investitore speculativo vende l’azienda a pezzi per massimizzare il suo ritorno. L’investitore strategico tende invece a preservare e ottimizzare l’azienda.
In genere investitori strategici e fondi hedge o di private equity hanno sempre operato in modo contrapposto proprio per la divergenza di interessi. In questo caso però Pershing ha stretto un’alleanza con una holding farmaceutica, la prima volta che questo succede. Valiant ha portato una copertura sia finanziaria che strategica, mentre il Fondo Pershing giocava il ruolo tipico dell’attivista, disturbando provocando amplificatori mediatici, attaccando il Consiglio etc. L’accordo prevedeva anche una condivisione del 15% del profitto potenziale generato da un’offerta terza.
Il prezzo finale di Actavis accettato dal management di Allergan è stato di 219 dollari per azione, il 48% in più del valore iniziale offerto sei mesi fa. Sul pacchetto del 9,7%, pari a 28 milioni di azioni circa Pershing ha accumulato profitti per 2,6 miliardi di dollari. Per Valeant questo si è tradotto in 389 milioni di dollari, lasciando a Pershing 2,2 miliardi di dollari, nel giro di pochi mesi.
C’è da dire che Actavis è forse l’acquirente migliore. Quasi certamente non procederà con uno spezzatino, vendendo pezzi di azienda o tagliando ad esempio miliardi di dollari investimenti in ricerca come avrebbe fatto il binomio Pershing/Valiant. Ma cosa succederà se, come si sente negli ambienti finanziari a Wall Street questa nuova tecnica di associazione fra investitore strategico e speculativo diventerà la norma? In questo caso per gli azionisti ha funzionato. Ma il rischio è che il binomio strategico/speculativo possa prevalere forzando il management e il consiglio a cedere grazie all’influenza esercitata attraverso il pacchetto.
Un binomio simile a Pershing/Valiant ha un accesso privilegiato ai dati dell’azienda, può ottenere un seggio in consiglio, spingere il management a comportarsi in modo favorevole alle loro strategie, ma non a quelle degli altri investitori e in definitiva ad accettare n prezzo che non massimizzava il ritorno degli azionisti. Proprio per questo Allergan aveva denunciato in tribunale l’alleanza di Valiant con il Fondo Pershing definendola illegale. Ora che l’affare si è però chiuso con vantaggio per tutti, la causa sarà quasi certamente ritirata. Resta il ruolo di Actavis. Nel 2013 acquista l’irlandese Warner Chilcott con un’operazione tipica dell’Inversion: per minimizzare il carico fiscale i quartieri generali vengono trasferiti in Irlanda, operazioni di questo tipo sono sotto il mirino sia del Tesoro che del dipartimento per la Giustizia. Tre fattori "innovativi" dunque, con un rischio reale: hanno creato valore con la stessa rapidità con cui potrebbero distruggerlo.