Claudia Osmetti, Libero 20/11/2014, 20 novembre 2014
BOOM DI SITI RAZZISTI. L’ITALIA DELL’INTOLLERANZA 2.0
Non è necessario essere palestinesi per odiare Israele. Il 44% degli italiani è «ostile» agli ebrei: a dirlo è un rapporto parlamentare condotto dalle Commissioni Esteri e Affari Costituzionali già qualche mese fa, quindi del tutto slegato all’escalation di violenza che si è abbattuta su Gerusalemme nelle scorse ore. Una relazione che, però, spiattella numeri a dir poco preoccupanti: l’antisemitismo duro e puro rappresenta nel nostro Paese «solo» (si fa per dire) il 12% dei casi, ma viaggia in Rete con una facilità sempre più allarmante.
Così se nel 2008 i siti considerati razzisti erano 836, l’anno successivo sono diventati 1172. Che tradotto significa: in neanche 12 mesi, le pagine Internet che inneggiano all’odio sono aumentate del 40%. Non poco, certo. La Polizia postale stima che ci siano qualcosa come 70 siti web con un’impostazione interamente anti-ebreo: e a poco vale che in parte questi indirizzi siano stati oscurati. Gestori e amministratori hanno trovato il modo di aggirare il sistema: basta togliere il «puntoit» per spostare il dominio di registrazione all’estero, e le autorità italiane non possono far nulla. Ed eccoci in prima linea nella triste classifica dell’antisemitismo 2.0. Quello, cioè, che si serve di piattaforme social come Twitter e Facebook per lasciare (o - meglio - lanciare) messaggi di odio verso la religione della Torah. Peggio: questa nuova forma di ostilità anti-ebraica è ancora più subdola di quella che riempie le piazze di svastiche. Perché agisce in maniera subliminale: non pontifica l’antisemitismo come unico esempio da seguire, ma lo banalizza rendendolo quasi un fenomeno «socialmente accettabile». Non è tutto: secondo un report dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali l’antisemitismo è un’emergenza anche in Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Svezia e Ungheria. Siamo in bella compagnia, ma questo non allenta la gravità della situazione. Stupisce (o forse no) che per messaggi d’odio, ingiurie e insulti, il nostro Paese sia il peggiore. Ma d’altronde di episodi che vedono gli ebrei vittime di attacchi ne è piena la cronaca. Li raccoglie un sito (Osservatorioantisemitismo.it) che elenca tutte le svastiche comparse sui muri, le minacce ricevute per strada, i manifesti e i volantini antisemiti esposti nelle varie zone del Belpaese. Mercoledì, tanto per dirne una, il presidente della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, si è lasciato andare a uno sfogo sulle pagine de Il Secolo XIX: «Non siamo tranquilli», ha detto, «conviviamo da decenni con l’incubo terrorista». La sinagoga della Capitale raccoglie qualcosa come 15mila fedeli. È tra le più grandi d’Europa, ma non è un tempio qualunque. Non lo è perché è recintata, protetta neanche fosse un’area militare: fuori ci sono cinque garitte di vedetta (blindate, s’intende) e una camionetta dei carabinieri che passa in ricognizione. Una copertura h24, come quella garantita al vicino liceo Renzo Levi. «Abbiamo imparato a proteggerci anche autonomamente» continua in quell’intervista Pacifici. Ma non pensate a ronde, pattuglie private o vendicatori della notte: a scendere in strada per cercare di scongiurare il peggio, qui, sono genitori, giovani, nonni e persone qualunque. Alcuni hanno anche le radio ricetrasmittenti. E dire che in Europa le cose non vanno meglio per i devoti alla stella di David. Il 24% dei cittadini comunitari ha opinioni antisemite. Dal 2000 al 2010 le violenze contro gli ebrei sono aumentate di 7 volte rispetto a quelle registrate negli anni Novanta.