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 2014  novembre 20 Giovedì calendario

DOPO IL CALCIO, IL QATAR SI PRENDE L’ATLETICA

Dopo avere messo le mani sul calcio, il Qatar si prende anche l’atletica leggera. La Iaaf (federazione internazionale atletica) ha infatti assegnato a Doha i Campionati del mondo 2019 nonostante le evidenti controindicazioni: corruzione, sfruttamento della manodopera migrante, mancato rispetto dei diritti umani, caldo torrido che costringe a cambiare le date. Tutti aspetti che sono emersi anche per l’assegnazione del Mondiale 2022 al ricchissimo emirato del Golfo Persico, ma che i padroni dello sport preferiscono non vedere accecati dal bagliore dei petroldollari. Doha ha vinto alla seconda votazione, davanti a Eugene (Usa) e Barcellona (Spagna), mandando su tutte le furie il presidente della federazione spagnola. “È uno scandalo – ha detto José Maria Odriozola –. Il Qatar negli ultimi 5 anni ha offerto alla Iaaf 30 milioni di dollari sotto forma di bonus, e altri 7 come diritti tv e marketing”. Mentre il ministro ombra per lo sport britannico, il laburista Clive Efford, ha detto: “È una decisione sconsiderata che getta discredito su tutto il movimento, spero che la Iaaf ci ripensi”. Ma così non sarà.

Le accuse ricalcano infatti quelle mosse alla Fifa per l’assegnazione dei Mondiali del 2022, e se la multinazionale del calcio ha appena concluso un’inchiesta interna sulla corruzione con una ridicola autoassoluzione, la Iaaf è pronta a fare lo stesso. I Campionati del mondo di Atletica 2019 si terranno quindi a Doha, nello spettacolare Khalifa International Stadium, che da anni ogni maggio ospita il primo meeting della Diamond League. Si svolgeranno però a ottobre, invece che ad agosto come è sempre stato, per l’evidente impossibilità di gareggiare con 50° all’ombra. La data più probabile è dal 28 settembre al 6 ottobre, anche se sarà necessario allungare a due settimane, perché pure a fine settembre fa troppo caldo e serve tempo per recuperare.

SARÀ COSÌ completo lo stravolgimento del calendario internazionale nell’anno che porta alle Olimpiadi di Tokio 2020. Ma la promessa di fare alloggiare i delegati Iaaf nel superlussuoso Mandarin Oriental Hotel di Doha (tutt’ora in costruzione) deve aver fatto passare in secondo piano queste quisquilie. E se nel Khalifa Stadium un immenso sistema idraulico sprigionerà aria fresca per la gioia degli spettatori – ma non di chi gareggia – e sarà installato un mega-schermo da cento metri (altro che pollici) per non perdersi nemmeno una sfumatura delle gare, anche agli atleti è stato promesso che saranno alloggiati in un villaggio a 5 stelle. Senza curarsi delle terribili condizioni, prossime alla schiavitù, di chi poi questo villaggio sarà chiamato a costruire o ci dovrà lavorare. Non che l’esclusiva delle miserie dei gradi eventi sportivi appartenga al Qatar. I lavoratori del villaggio olimpico di Londra 2012 erano tutti migranti sottopagati e con contratti temporanei, che vivevano in una serie di baracche di lamiera, luride e senza servizi igienici in una malsana zona ex industriale dell’East End. Ma in Qatar lo sfruttamento è tradizione consolidata non regolata giuridicamente.

Nei paesi del Golfo vige infatti il sistema della kafala (sponsorizzazione) che prevede che il datore di lavoro possa decidere unilateralmente se e quando pagare i dipendenti e in che condizioni farli lavorare, il tutto previa requisizione del passaporto al momento dell’ingresso nel paese. Nella costruzione delle infrastrutture per il Mondiale di calcio, tra cui l’edificio che ospiterà la Fifa, è già stato documentato come siano morti oltre mille migranti per il troppo lavoro, la fame, il caldo e le scarse condizioni igieniche cui sono costretti a vivere. E altri ne moriranno, dato che non sembra che le cose siano destinate a cambiare. Per questo Mustafa Qadri di Amnesty International ha detto: “I Mondiali di atletica saranno il frutto avvelenato degli abusi sui migranti”. E Nicholas McGeehan di Human Rights Watch ha aggiunto: “La Iaaf è sicuramente a conoscenza del sistema di sfruttamento nei confronti dei lavoratori, rimane quindi da chiedersi quando ritenga importante la vita e il benessere degli esseri umani rispetto all’organizzazione dell’ evento sportivo”. La risposta, purtroppo, è nota.