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 2014  novembre 19 Mercoledì calendario

IL POTERE DEL CULO

Il culo è pura forma. Il culo è musica, il culo è potere. Non per caso, la formula che indica la fortuna è legata al culo e alla sua dimensione. Si dice di chi vince, di chi ha successo, di chi ha buona sorte: “ha avuto culo”; “ha un gran culo”. E, ovviamente, il culo è il più universale obiettivo erotico. Lo documentano tutti i film di Tinto Brass. La ragione è semplice: il culo è maschile e femminile, in natura è il doppio dei singoli organi sessuali, ha il pubblico più vasto di amatori. Nella sua stessa conformazione il culo è doppio e coincide con il numero 8 che, in orizzontale, è la rappresentazione grafica del culo. Due sfere, due mondi. Nessun dubbio, dunque, che il lato B sia il lato A. È soltanto per una comodità di precedenza, davanti dietro, che si è chiamato B. E forse anche perché la forma grafica della lettera B, in orizzontale, è come un culo mozzo. Fin qui la questione è nominale, poi c’è quella sostanziale.
Il corpo umano, sia maschile sia femminile, si apprezza meglio di spalle e, nell’armonia della forma, favorisce il disegno. Di spalle, e anche a prescindere dalla testa, il corpo ha le sembianze di un’anfora, di uno strumento musicale. Anzi, a onor del vero, anfore e strumenti musicali hanno forme derivate dal corpo umano. Nel corpo femminile, soprattutto, dopo la strettoia dei fianchi e sul supporto delle gambe, si allargano ampie, divaricandosi al centro, le forme del sedere, la cui denominazione indica la funzione. L’ampiezza del sedere favorisce la seduta che, in quel punto, ha la sua base. Il culo, oltre che fortuna, evoca l’abbondanza. Anche i suoi derivati, come il culatello, richiamano una sopraffina bontà. In ambito musicale, poi, oltre alle forme di strumenti viola, violino, contrabbasso, violoncello, mandolino (da cui la vezzosa formula, “culo a mandolino”) non si dovrà dimenticare che la rappresentazione più alta del potere, in assoluto, è quella del direttore d’orchestra, costituita da un uomo che sta in alto e volta le spalle a chi lo guarda, mostrandogli il culo: energia, slancio, fisicità accompagnano il suo gesto imperioso. Vero è che il lato A non valorizza allo stesso modo le forme del corpo perché subordinato, nella percezione, prima al volto, alla sua espressività, alla sua identità, all’anima che si specchia attraverso gli occhi, poi agli organi sessuali, con la morbosa attrazione derivata dal loro prevalente occultamento.
Benché ne siano note le forme, appare ciò che è nascosto; mentre nessun indumento può nascondere o coprire il culo, ma assecondarne le forme, prevalentemente per aderenza. Il culo, a differenza del pene, non si può nascondere. Lo ha capito bene Kim Kardashian che ne usa e ne abusa, fino ad aver destato una serie di accostamenti e caricature in ordine alle pure geometrie, vere e proprie sfere che l’attrice esibisce. In realtà, nell’enfasi, esse sono sproporzionate, troppo grandi rispetto al corpo, analogamente ai seni gonfiati oltre ogni limite, quasi da competizione, di Pamela Anderson. Sono, propriamente, aberrazioni, e risultano aliene dalla realtà, in un parossismo maniacale. È vero che, come Kim Kardashian, anche la Venere Callipigia del Museo Nazionale di Napoli punta tutto sulla ostentazione della sua parte posteriore, con tale convinzione da voltare la testa essa stessa per guardarsela in una irresistibile attrazione. Non diversamente fa l’Ermafrodito del Louvre, celeberrima scultura concepita, nella originale posa dormiente, per mostrare le forme del culo, nella evidente ambiguità del sesso, da quel punto di vista indefinibile. L’Ermafrodito è l’apoteosi del culo, la sintesi suprema. Ma il conflitto, non di genere, tra lato A e lato B, è testimoniato, in modo impareggiabile, da Velazquez, nella sua Venere nuda che, rispetto alle Veneri di Giorgione e di Tiziano, pur sensualissime, mette in evidenza il lato B, con l’espediente formidabile di non nasconderne o perderne il volto, attraverso lo specchio. La dea posa di spalle (ed è la prima delle donne), ma noi ne vediamo il volto come un’immagine sfocata, con un’ombra che lo specchio registra. Il pittore spagnolo, realizza così una sintesi tra i due lati privilegiando quello principale.