Fiamma Tinelli, Oggi 19/11/2014, 19 novembre 2014
AL SESSO E ALLA PIZZA NON SI POTRÀ MAI DIRE NO
[Oscar Farinetti]
Milano, novembre
Farinelli, secondo lei vedremo mai comparire sulle tavole italiane una pizza liofilizzata?
«Decisamente no. Il buon Dio ci ha dato due grandi piaceri: fare l’amore e il buon cibo. Dubito che l’uomo vorrà mai fare a meno dell’uno o dell’altro». Più cibi di qualità, meno carne, pochi sprechi. È questo, secondo Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, il futuro che arriverà nel piatto degli italiani. E non solo nel loro, perché «è giusto che un americano o un cinese possano avere il Parmigiano Reggiano, il pesto ligure, il barolo piemontese». E pazienza per il chilometro zero. «Nel settore agroalimentare c’è ancora così tanto da fare che il futuro non può che essere meraviglioso», assicura Farinetti. Ma noi abbiamo deciso di metterlo alla prova.
Siamo nel 2150: spaghetti e Parmigiano esisteranno ancora o ci ciberemo di proteine in capsule?
«Il cibo italiano non scomparirà mai. Abbiamo una fortuna: siamo l’unica penisola al mondo che si estende da Nord a Sud, immersa in un mare eccezionale. Cosa vuol dire? La risposta, come cantava Bob Dylan, soffia nel vento: i venti che accarezzano l’Italia creano dei microclimi unici, che ci rendono i campioni mondiali di biodiversità. Abbiamo un Paese che occupa lo 0,50% delle terre emerse del pianeta, eppure abbiamo 7 mila specie di flora contro le 1.100 della Gran Bretagna, 1.200 vitigni autoctoni contro i 200 della Francia, 533 specie di olive contro le 70 della Spagna. Siamo uno scrigno di colori, odori e sapori come non ne esistono altri. Sarà sempre questo a renderci la nazione più imitata al mondo per cibo di grande qualità».
Quindi non verremo sepolti da Coca-Cola e McDonald’s?
«Contro la globalizzazione non si può andare, perché i nuovi strumenti di comunicazione sono talmente grandi e potenti che tenderanno a uniformare abitudini e consumi. Saremo sempre più cittadini del mondo e sempre meno del nostro Paese, ma capaci di pensiero locale. Soprattutto nel cibo».
Tra 100 anni e passa gli stranieri avranno finalmente imparato a cucinare la pasta al dente?
«A cucinare la pasta al dente, a comprare quella artigianale, trafilata al bronzo, e a condirla con salsa di pomodori pugliesi. Ma perché sia così, bisogna che i produttori italiani imparino ad alzarsi dalle loro sedie e ad andare nel mondo, perché oggi noi esportiamo meno di Paesi come la Germania o i Paesi Bassi. Se sapremo cambiare marcia, all’estero la smetteranno di comprare i cibi italian sounding, quelli con un nome che suona italiano ma che di italiano non hanno nulla, e andremo finalmente a vendere il capocollo di Martinafranca, la pasta di Gragnano... Vuole una previsione? Se lavoriamo sodo, tra dieci anni esporteremo il doppio di adesso».
Nel futuro faremo tutti la spesa on line, scegliendo le zucchine con la telecamera interattiva?
«Staremo molto più attenti agli sprechi, questo è certo, altrimenti moriremo nella nostra stessa spazzatura. Nel mondo siamo sette miliardi di persone, ma viene prodotto cibo per 12 miliardi. Se pensa al miliardo di persone che ha problemi di denutrizione, significa che il mondo “ricco” butta letteralmente via cibo per sei miliardi di persone, ogni giorno. È proprio questo che deve cambiare».
I cibi di qualità un giorno costeranno di meno?
«Ma quella che mangiare cose buone costi di più è una bugia! La differenza di prezzo tra un cibo di qualità e un cibo scadente è minima, provi a pensare a una pasta artigianale o a un formaggio d’alpeggio: di quanto parliamo, di 20 centesimi a porzione, 50? Pensiamo invece a un abito, un orologio, un mobile: che differenza c’è tra il primo prezzo e il top? Immensa. Dovremmo ricordare sempre che il cibo è l’unico genere di consumo che entra nel nostro corpo, altro che un’automobile. È questo che cambierà, in futuro: l’idea che il cibo buono sia “caro”».
I piccoli produttori sopravivranno alle major alimentari?
«Assolutamente sì, però dobbiamo aiutarli. E per aiutarli dobbiamo dimezzare la burocrazia. Nella viticoltura, oggi, esistono 11 organismi di controllo. Un piccolo viticoltore spende più tempo a mandare in giro le carte che non a portare i suoi prodotti in giro per il mondo. Le nostre piccole-medie imprese possono fare grandi cose, se non sono impastoiate dalla burocrazia».
Gli allevamenti intensivi immettono nell’atmosfera il 51% dell’anidride carbonica, metano e protossido d’azoto. Diventeremo tutti vegetariani?
«Un po’ più vegetariani di sicuro, anche perché man mano che diventa un po’ più carnivora la parte di mondo che oggi muore di fame, non ci sarà carne per tutti. Ma mangeremo più carne di altissima qualità, quella di allevatori che non usano chimica e antibiotici. E la tecnologia ci aiuterà. Non a produrre di più, ma a essere più puliti».
Fiamma Tinelli