Grazia D’Annunzio, Vanity Fair 19/11/2014, 19 novembre 2014
LA DONNA CHE APPENDAVA VAN GOGH IN BAGNO
Quando invitava il suo arredatore a fare «come se li avessimo tirati giù dalla soffitta», non intendeva suggerire di piazzare sul contro-buffet il cerbiatto di ceramica ereditato dalla nonna e relegato nel baule del ciarpame. No, quello che intendeva era appendere in bagno un Van Gogh e in salotto un Pissarro senza la cornice, convincere Diego Giacometti (fratello del grande scultore e pittore Alberto) a dipingere di bianco una sua console di ferro, e disseminare su mensole e tavoli di legno grezzo asparagi, peperoni, carciofi, limoni, ananas e melagrane: una cornucopia ortofrutticola di fragilissima e preziosissima porcellana di Meissen.
La regina della non ostentazione si chiamava Rachel Lambert coniugata Mellon. Per tutti era Bunny, soprannome poco felice visto che lei assomigliava più a una giraffa che a una coniglietta. Grande ereditiera americana scomparsa lo scorso marzo alla veneranda età di 103 anni. Bunny era figlia del presidente dei rasoi Gillette, nipote dell’inventore del collutorio Listerine, seconda moglie del filantropo e miliardario Paul Mellon.
Eccelsa giardiniera, amica di Jackie Kennedy e madrina di Caroline, per nulla avvezza al social ma molto a suo agio con badili e sementi, la Mellon è oggi al centro dell’attenzione mediatica grazie all’attesissima «maratona d’incanto» organizzata da Sotheby’s New York, in cui vanno all’asta 2.000 tra piccoli e grandi capolavori di circa 100 milioni di dollari che abbellivano la sua tenuta di Oak Spring in Virginia. I proventi andranno alla biblioteca dove l’ereditiera ammassò rarissime prime edizioni, manoscritti e stampe dedicate a botanica e architettura del paesaggio.
Vista la dovizia dei lotti, l’evento è stato suddiviso in tre date: dopo i quadri battuti all’asta il 10 novembre, il 20 e 21 tocca ai gioielli, mentre dal 21 al 23 ci saranno mobili e oggetti vari (per chi non si possa permettere i superinvestimenti, c’è anche un canestro di vimini dal prezzo iniziale di 100 dollari).
Collezionava di tutto, Bunny, con la sicurezza di chi usa enormi disponibilità finanziarie per circondarsi di ciò che ama, e non di ciò che serve per fare colpo. Molta arte, in primis, che disseminava con nonchalance nelle case di New York, Washington, Cape Cod, Anguilla nei Caraibi, e nella tenuta in Virginia.
«Nulla dovrebbe essere notato», amava ripetere: un mantra che attraversò la sua vita.
Una vita piena di conoscenza, ma con pochissimi amici intimi. Fra questi: Jacqueline Kennedy, con cui divideva la passione per la cultura francese, l’attore Frank Langella, l’organizzatore di party Robert Isabell, l’architetto Ieoh Ming Pei con cui disegnò l’area verde intorno alla John F. Kennedy Presidential Library di Boston, e Hubert de Givenchy, stilista che «rimpiazzò» Balenciaga nel suo armadio e che lei aiutò a riprogettare il giardino della sua villa fuori Parigi.
Eclettica nei gusti, lo fu anche nell’ideazione dei molti giardini che firmò, tra cui il coloratissimo Rose Garden della Casa Bianca, oggi luogo per eccellenza di molte cerimonie ufficiali (furono i Kennedy ad affidarle questo compito nel 1961), e l’austero landscaping del JFK Memorial ad Arlington. «Bunny aveva un mix di sensibilità e immaginazione unite a profonde conoscenze tecniche, qualcosa che trovi solo nei grandi professionisti», disse di lei Ieoh Ming Pei. «Perseguiva la perfezione», fa eco Givenchy.
Insomma, una signora che credeva nella raffinatezza e nella semplicità come stile di vita. Roba che non esiste (quasi) più. E di cui si ha ovviamente nostalgia.