Luca Kocci, il manifesto 19/11/2014, 19 novembre 2014
IL BUSINESS DELLE BENEDIZIONI
Un foglio di carta pergamena, finemente decorato, in alto l’immagine del papa, al centro poche righe, in caratteri gotici, con la scritta «Sua Santità imparte di cuore la benedizione apostolica a… in occasione del matrimonio e invoca sulla nascente famiglia nuova effusione di grazie celesti», in basso il bollo pontificio e la firma dell’elemosiniere apostolico.
È la tipica pergamena con la benedizione papale che viene regalata in occasioni particolari: matrimoni e anniversari di matrimonio, battesimi, comunioni, cresime, professioni religiose, ordinazioni presbiterali, anche compleanni. Una pratica che ricorda la vendita delle indulgenze, anche perché le pergamene sono a pagamento, e che produce un giro di denaro di svariati milioni di euro l’anno. Promosso, organizzato e gestito dall’Elemosineria apostolica, l’ufficio della Santa Sede che «ha il compito di esercitare la carità verso i poveri a nome del sommo pontefice», ma anche appaltato a decine di negozi di souvenir e articoli religiosi nella zona di San Pietro.
Una situazione che a breve terminerà, perché l’Elemosineria, guidata dal polacco monsignor Konrad Krajewski, mesi fa ha annunciato, con una lettera consegnata agli istituti, agli enti e ai negozi che vendono le pergamene per conto del Vaticano, che la convenzione scadrà definitivamente il 31 dicembre.
Il mercato del sacro verrà dismesso? No, semplicemente il Vaticano ha deciso di gestirlo in proprio, senza più appaltarlo all’esterno. Per ragioni economiche, ovviamente motivate con l’intenzione utilizzare tutti i soldi per potenziare la carità ai poveri, «in modo tale che — ha scritto Krajewski — tale servizio possa tornare come in origine esclusivamente di competenza di questo ufficio e rimanere con la sola ed unica finalità caritativa per cui è nata». Ma anche per centralizzare e controllare il sistema.
Il lato poco considerato di questa decisione è che da gennaio in centinaia perderanno il lavoro. I negozi di articoli religiosi vedranno ridursi il proprio giro di affari, ma non chiuderanno per questo, tranne quei 2–3 che vendono esclusivamente pergamene. Ma i lavoratori dell’indotto che ruota attorno a questo business resteranno disoccupati. Quattro-cinquecento persone che saranno di fatto licenziate dal Vaticano, anche se dai Sacri palazzi non partirà nessuna lettera di cessazione del rapporto, perché non si tratta di dipendenti del papa.
La filiera delle pergamene pontificie è doppia. Una interna, interamente gestita dall’Elemosineria, che produce e vende direttamente le benedizioni. E una esterna, ma promossa dal Vaticano, quando a partire dagli anni ‘50 del ‘900 decise di stipulare le convenzioni con i negozi. Il funzionamento è lo stesso delle aziende che esternalizzano la produzione. Il calligrafo realizza la pergamena su modelli approvati dal Vaticano, spendendo per carta e stampa circa 2–3 euro a pergamena. La vende poi al negozio che glie l’ha commissionata a 4–5 euro, mettendo insieme, a fine mese, uno stipendio da operaio o poco più. Il negozio porta la pergamena all’Elemosineria dove, al costo di 3 euro l’una, vi viene apposto il timbro a secco dell’ufficio e la firma dell’elemosiniere; poi la rivende al pubblico per cifre che variano dai 15 ai 50 euro, a seconda del modello.
È questo il sistema che salterà dal prossimo 1 gennaio. I negozi perderanno un discreto giro di introiti e licenzieranno i lavoratori delle pergamene – calligrafi, disegnatori, spedizionieri –, i veri anelli deboli della catena. Il Vaticano al contrario, anche se presumibilmente il volume complessivo di pergamene diminuirà senza l’ausilio della rete esterna, aumenterà i propri affari, perché le venderà tutte direttamente e tramite il proprio sito (www.elemosineria.va), dove è già possibile acquistarle a un costo che oscilla dai 13 ai 25 euro, facendole produrre a un piccolo manipolo di lavoratori ultraprecari che – rivelano alcune fonti – saranno pagati 70–80 centesimi a pergamena.
Senza contare che inevitabilmente si svilupperà una sorta di «mercato nero» del sacro, con la vendita di pergamene senza bollo ufficiale dell’Elemosineria — tanto difficilmente un turista di passaggio a Roma se ne accorgerà — oppure con il timbro contraffatto.
Nel 2013 le pergamene uscite dall’Elemosineria sono state 337.089. Delle quali 142mila vendute tramite negozi, per cui il Vaticano, a 3 euro a timbro, avrebbe incamerato 426mila euro. E 195mila vendute dall’Elemosineria. Ma i conti non tornano, perché la stessa Elemosineria dice di aver incassato, e distribuito ai poveri, complessivamente 1milione e 200mila euro. Quindi, detratti i 426mila euro ricavati solo dai bolli, resterebbero 800mila euro per 195mila pergamene, che fanno un ricavo di circa 4 euro a pergamena. E a fronte di un prezzo di vendita di 13–25 euro a pergamena, le possibilità sono due: o il Vaticano non è capace di fare affari, o l’incasso è di gran lunga superiore a quello dichiarato, ovvero fra i 3 e i 4 milioni di euro.
Qualche mese fa i lavoratori delle pergamene hanno scritto direttamente a papa Francesco per chiedere la sua «intercessione», anche alla luce delle molte parole spese da Bergoglio in difesa del lavoro. Ma dal Vaticano non è arrivata risposta. Così come non è arrivata riposta alla richiesta di un’udienza privata dei lavoratori. Solo qualcuno è riuscito ad avere un incontro, senza risultati, con monsignor Krajewski. In questi giorni, all’approssimarsi del 31 dicembre, un nuovo appello, ricordando le parole di papa Francesco rivolte ai dirigenti della Thyssenkrupp di Terni il 3 settembre: «Col lavoro non si gioca! E chi, per motivi di denaro, di affari, di guadagnare di più, toglie il lavoro, sappia che toglie la dignità alle persone».
Per intervento di monsignor Krajewski, il 17 novembre sono cominciati i lavori per realizzare, sotto il colonnato di San Pietro, alcuni bagni con docce per i senza fissa dimora. Il rischio è che ora saranno utilizzati anche dagli ex lavoratori delle pergamene papali, rimasti senza occupazione proprio per la decisione dell’Elemosineria.