Daniele Zappalà, Avvenire 19/11/2014, 19 novembre 2014
IL BOIA DAL PASSATO NORMALE CHE SPAVENTA I FRANCESI
Lungo la frontiera dell’orrore che collega il Sahel all’Iraq, lo spettro jihadista torna a scuotere le certezze della Francia e di altri Paesi che vivono direttamente un dramma divenuto ormai doppio: accanto a quello degli ostaggi catturati dalle nebulose terroriste, adesso pure quello dei giovani europei finiti nei ranghi dei boia jihadisti.
Ieri, l’Eliseo ha confermato l’autenticità di un video che mostra l’ultimo ostaggio francese nelle mani di Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), il cinquantenne Serge Lazarevic, catturato tre anni fa nel Sahel assieme all’olandese Sjaak Rijke, 54 anni. Entrambi lanciano un appello ai propri governi in vista di nuovi negoziati per il rilascio. L’olandese dice di esprimersi nella giornata del 26 settembre. Mentre il francese, ripreso dentro un furgone, non cita date. Con un turbante sul capo, parla soprattutto delle sue condizioni di salute sempre più precarie, indicando che la propria sorte dipende dalla volontà del presidente François Hollande. Il video rappresenta «una prova di vita recente attesa da molto tempo», ha sostenuto proprio l’Eliseo.
Ma in un modo probabilmente ancora più intenso, la Francia è turbata in queste ore pure dai volti o dalle tracce ormai molteplici di giovani nati e cresciuti sul suolo transalpino prima d’ingrossare in Medio Oriente le fila degli stessi artefici dell’orrore jihadista. A raggelare i francesi è in particolare il volto di Maxime Hauchard, 22 anni, apparso su un video macabro in mezzo ai carnefici dello Stato islamico (Is). Come ha confermato la Procura di Parigi, che ha aperto un’inchiesta, ha effettivamente partecipato alle decapitazioni di 18 prigionieri, compreso il cooperante americano Peter Kassig, in mezzo a tanti soldati siriani. E l’inchiesta parigina per omicidio in banda organizzata riguarda pure un altro francese di cui per il momento non si conosce esattamente l’identità. Sul filo delle testimonianze sull’adolescenza di Maxime, trascorsa in un villaggio della Normandia, un intero Paese si chiede come una simile metamorfosi sia stata possibile. Maxime era un ragazzo «gentile» e che «non poneva problemi», ripetono in tanti. Come decine di altri suoi coetanei partiti in Siria ed Iraq, Maxime si è convertito all’islam su Internet. Secondo uno studio del Centro di prevenzione delle derive settarie legate all’islam (Cpdsi), che ha raccolto le testimonianze di circa 160 famiglie, avviene così nel 91% dei casi. Anche François Molins, procuratore della Repubblica nella capitale, ha appena ammesso che quello di Maxime «non è affatto un caso isolato». E proprio per questo, il ministro socialista dell’Interno Bernard Cazeneuve ha chiesto nelle scorse ore ai giovani di «aprire gli occhi sulla barbarie » rappresentata dall’Is. Ma qual è l’identikit dei giovani jihadisti con passaporto transalpino? Se i percorsi personali sono sempre unici, certi tratti frequenti paiono nondimeno emergere. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, si tratta spesso di giovani del ceto medio provenienti da famiglie in maggioranza senza religione. Giovani quasi sempre con vite «ordinarie» e senza precedenti criminali. Se una parte della Francia resta come paralizzata, gli inglesi tirano invece per il momento un leggero sospiro di sollievo. Dopo una minuziosa analisi tecnica del filmato con le 18 esecuzioni, il Times ha escluso la presenza del ventenne britannico Nasser Muthana fra i boia dell’Is.